
Guidi la città? Via il piede dal freno
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14 Aprile 2013Rispetto e ammiro le persone e i gruppi organizzati che si stanno spendendo per opporsi al declino dei servizi e della residenza a Venezia. Hanno più forza di me, troppo bloccato da una visione solo teorica della città. L’ultima questione, quella delle Librerie che chiudono, ha visto un coinvolgimento ancor più ampio e sta già producendo qualche risultato e su cui sarà bene insistere.
Questo movimento di persone e di idee è energia positiva.
Ma l’energia è una forza che per creare qualcosa di nuovo e di diverso, per invertire la rotta, dovrebbe non essere dispersa. E per non disperderla deve rapportarsi al contesto territoriale in cui si spende. Non si può prescindere da questo contesto. Ed ecco che la mia visione della città, più complessa, finisce di essere solo teorica e astratta e diventa concreta perché, credo, basata su dati realistici.
La rinascita che può venir fuori da questa resistenza positiva deve partire dal dato che la città storica, il “pesce” dei sei sestieri per intenderci non è non potrà mai più essere una città compiuta e autosufficiente, definita. E invece una buona parte delle persone che si spendono per la resistenza e per la rinascita ha in mente, in totale buona fede, ben s’intende, di riportare la città a questa dimensione del passato. Volutamente non l’ho chiamata “centro storico” per non alimentare l’annosa contrapposizione con supposte periferie. Ma “città storica” si. Che cosa sia “storico” in un territorio, questo e non solo questo, è un’altra di quelle definizioni che ovviamente si presta all’arbitrio. Per convenzione chiamo “storico” un tessuto urbano che si sia costituito in modo definitivo prima dell’inizio del secolo scorso (entro fine ‘800 insomma) e da allora sia rimasto più o meno integro. Nel nostro caso è chiara la delimitazione alla città acquea lagunare già bella e compiuta a quella data.
Ebbene nessuna area urbana storica in nessuna parte del mondo vive a prescindere dall’area urbana sviluppatasi successivamente nel corso del ‘900 e che sta loro accanto o attorno o limitrofa o adiacente o comunque vicina. Sul Gazzettino Il giornalista Scalzotto, a commento dell’iniziativa degli scrittori veneziani contro la chiusura delle Librerie, se ne rendeva ben conto, ma sfilava Venezia dallo stesso contesto delle altre città storiche: “ E’ quindi – diceva Scalzotto – un problema di sopravvivenza delle città storiche e dei centri storici in generale, con la differenza che una città qualsiasi può forse sopportare l’agonia del proprio centro storico…”. Ecco paradossalmente si tratta di portare Venezia a norma , facendone una bellissima città ‘qualsiasi’ non per sopportare l’agonia della città storica, ma per invertirne la tendenza e facendola rinascere. E renderla “qualsiasi” significa riavvicinarla nei collegamenti per farne luogo di servizi anche per la città esterna novecentesca, nel nostro caso di terraferma, come accade per le “qualsiasi” città storiche. Che declinano meno o addirittura non declinano proprio per questo. Si tratta di riportare la città storica al centro, o ad essere ‘un’ centro, del sistema urbano più ampio. Credete voi che una libreria o un cinema della città storica di Bologna o di Firenze sopravviverebbe senza il flusso dall’esterno che vi gravita? Ecco perché l’energia dei resistenti è in leggera contraddizione quando si oppone a tutte quelle opere che rimetterebbero con accessi veloci la Venezia storica a contatto con il suo ricco hinterland. Naturalmente congiuntamente a tutto il mantenimento possibile di ciò che c’è ancora, residenza compresa.




