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16 Settembre 2022
ELEZIONI, SCEGLIERE GUARDANDO LONTANO
18 Settembre 2022Tra i valori sbandierati in questi ultimi anni sono evidenti varie distorsioni lessicali e categorie assolutamente e volutamente fraintese. Una vistosa menzogna o un palese equivoco tra nazione e nazionalismo, tra sovranità e sovranismo che nasce forse da ignoranza della storia o forse da una certa visione del mondo risalente ai primi decenni del novecento. Oggi dopo un secolo sembrano tornati nuovamente in auge come fossero idee innovative! Il passato che non passa ma che ritorna come se fosse futuro.
Ma proviamo a dare il giusto senso alle parole.
ll concetto di nazione, che negli altri paesi risale ai tempi della nascita delle monarchie nazionali cinquecentesche, in Italia acquisisce valore nell’800 col Risorgimento quando, prima con Mazzini e poi intorno al ‘48 (la primavera dei popoli), iniziano movimenti per l’indipendenza e l’unificazione, conclusasi, in parte, nel ’70. E si diffuse anche in Germania per la creazione della Grande Germania che si concluse anch’essa nel ‘70. Era un’idea grandiosa, ispirata a valori di appartenenza di un popolo ad una stessa cultura, lingua (letteraria e culturale nel nostro caso) e segnava l’inizio di un grande progetto politico, sociale e culturale di libertà e autodeterminazione dei popoli che si ritrovavano attorno ad una comune cultura e sistemi di valori, oltre che di indipendenza dal dominio straniero. Inoltre, a partire dal dopoguerra, tutti i movimenti anti-colonialisti in Africa o tutte le formazioni anti-imperialiste in Sud America hanno affermato il valore positivo del concetto di nazione e di sovranità nazionale.
Ma ben presto questo concetto, alto ed eticamente sostenuto, è degenerato in nazionalismo, ispirato all’idea della volontà di potenza nietzschiana, estesa alla nazione. Era l’affermazione del primato di una nazione sull’altra, della superiorità di una razza sulle altre, col predominio politico e la soggezione politica e soprattutto economica di una nazione sull’altra. Presto il nazionalismo si coniugò, quindi, con il razzismo, con l’imperialismo, col colonialismo ( che aveva una storia secolare) e soprattutto con una militarizzazione degli stati e una corsa agli armamenti che ci ha portati direttamente verso la “guerra dei 30 anni”, dal 1914 al 1945. L’idea del pangermanismo, del panitalianismo, del panslavismo, intersecatisi, sono stati la trama che ha costituito il terreno fertile per le guerre e i regimi totalitari. Ecco se oggi riprendiamo il concetto di nazionalismo è a questo che ci riferiamo: se diciamo prima gli italiani è il passato che facciamo riaffiorare, con gli spettri che si porta con sé.
Il dopoguerra aveva azzerato queste nefaste idee sostituendole con l’idea di cooperazione tra i popoli, con la creazione dell’Europa che, nel rispetto della sovranità delle singole nazioni, tentava di creare una nuova entità politica che nasceva dalla rinuncia a fette di sovranità delle singole nazioni per cederle ad un futuro soggetto politico sovranazionale. Al concetto di sovranità nazionale, che resta garantita, si affianca un’idea di entità sovranazionale che in questi decenni ha garantito pace, cooperazione, promuove progresso, tutela dei diritti e crescita di tutti i paesi membri. Questa è la direzione del nostro futuro, non un ritorno a retrive e infauste idee di primati risibili.
E quanto al concetto di sovranità si è fraintesa l’idea di sovranità che risiede in ogni nazione come capacità di autodeterminazione e che spetta al popolo, col sovranismo che si coniuga col nazionalismo e che assegna gratuitamente ad una nazione un concetto di primato che ci si auto-attribuisce e che ci sgancerebbe da un contesto internazionale ormai imprescindibile. E’ quindi ostile a progetti sovranazionali, sostenendo la preservazione o la riacquisizione della sovranità nazionale da parte di un popolo, in quanto il trasferimento di poteri e competenze a un livello sovranazionale costituirebbe “un fattore di indebolimento dell’identità storica, di declino e svuotamento del principio di rappresentanza diretta fra i cittadini e l’establishment politico-economico dello Stato”(Romano)
L’art.1 afferma: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La frase risulta chiara nel non identificare il popolo tout court con una maggioranza elettorale che ritiene di poter fare quello che vuole e come vuole. Deve esprimersi attraverso l’attenzione e la lealtà reciproca tra le parti politiche, tra maggioranza e minoranze, pur nel mantenimento delle differenti posizioni nell’interesse esclusivo di tutto il paese: la solidarietà e l’intesa comune quando sono in gioco i grandi interessi sovrani della nazione.
I partiti che sbandierano queste categorie sono portatori dell’idea che la rinuncia, anche solo a una parte della sovranità del Paese, a seguito di una adesione a un qualsiasi trattato internazionale, sia causa di conseguenze indesiderate per l’economia nazionale e di vantaggi per altri Paesi, attribuendo il diffondersi e l’aggravarsi delle disuguaglianze ai processi di delega di parti della sovranità nazionale a istituzioni sovranazionali. Essi, infatti, a fronte degli effetti indesiderati causati dal processo di integrazione delle economie nazionali nel mercato mondiale (vedi euro) sostengono che, aderendo alla logica della globalizzazione, si favorisca la formazione di oligarchie finanziarie separate dal popolo. Di conseguenza solo difendendo gli interessi nazionali, sganciandoli da processi globali e sottraendosi alle dinamiche politiche ed economiche sovranazionali si potranno garantire gli interessi del popolo e della nazione. Convinti che la penalizzazione dell’economia italiana sia dipesa da un’eccessiva posizione subalterna dell’establishment politico nazionale nei confronti delle istituzioni europee. Rappresenta, quindi, l’opposizione irriducibile all’idea di governance unica e mondiale espressa dall’inevitabile globalizzazione.
A ciò si aggiunga che il fenomeno migratorio è quello che, coniugandosi con gli effetti negativi della crisi economica, ha contribuito maggiormente alla diffusione dei movimenti sovranisti e identitari, in quanto considerato una minaccia palese dell’identità nazionale, della lingua e della religione.
E se il nazionalismo è una ideologia che, per affermarsi, ha sempre avuto bisogno di un nemico esterno, il sovranismo, invece, è un fenomeno più recente che tende ad affermare le prerogative di una nazione a dispetto di un progetto comunitario. Il populismo, a sua volta, costituisce un tratto comune sia del nazionalismo che del sovranismo, in quanto entrambi, per mobilitare i loro seguaci, hanno bisogno, di un riferimento diretto al popolo, anzi una manipolazione e una strumentalizzazione del popolo. Al fine di trasformare in voti la rabbia popolare.
Alcuni partiti politici, facendo proprie le ragioni
del sovranismo, in nome di una presunta tutela degli interessi del popolo hanno
direzionato il disagio sociale e popolare
per farne il cavallo di battaglia del loro programma politico, arrivando a
sollecitare, in nome della difesa dell’identità, della cultura e delle
tradizioni della nazione, manifestazioni xenofobe ed anche razziste nei loro
elettori.
E che dire anche dei termini di patria o di patrioti? Credo che costituiscano
un armamentario lessicale obsoleto, una categoria del passato in quanto è nel nazionalismo
che si riversa anche il termine patria che nell’ ‘800 è stato capace di suscitare
grandi ideali e infiammare le masse ma che oggi ha il sapore di
un ritorno ad un passato che non può e non deve ritornare.
“Il patriottismo nazionalista è estraneo all’accezione di una “patria-mondo””(Monteleone) che oggi, invece, si impone.
Riprendiamo, quindi, il vero significato delle parole, ripristiamo la verità storica di certe categorie oggi strumentalizzate e piegate a meri bisogni di consenso. Superiamo gli egoismi nazionali, l’Italia non può accogliere le istanze sovraniste soprattutto nella prospettiva del rilancio del processo di costruzione di un’Europa federata che potrebbe allontanarsi sempre di più se dovessero vincere i partiti sovranisti, populisti e nazionalisti.