
ELISABETTA TIVERON: la mia città dei prossimi 5 anni
22 Agosto 2020
LA CITTÀ INSIEME, TUTTA
23 Agosto 2020Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.
Ritengo doveroso, per onestà intellettuale, che due premesse precedano il mio contributo.
La prima è che quando è stato chiesto un contributo per questa rubrica a me, come presumo a tutti gli altri, è stato chiesto di concentrarsi su un tema o poco più, formulando idee e proposte possibilmente anche con i meccanismi con i quali si sarebbero potute attuare. Ho provato inizialmente a rispettare questa richiesta di affrontare un singolo tema, ma non è risultato possibile, tutti i temi sono talmente interconnessi che non è possibile affrontarne uno in una visione di città tra 5 anni senza incappare negli altri; apparentemente quindi violerò questa regola con piena coscienza di farlo, tuttavia in realtà con un artificio retorico per rispettare così quanto richiesto potrei dire che il mio tema sia la città tutta.
Non ho la velleità di pensare di poter proporre o suggerire ricette che, in un orizzonte temporale limitato come quello di un lustro, possano risolvere una situazione complessa come quella attuale, venutasi a creare per via di molte concause a partire quantomeno dal dopoguerra. Bisogna mettere al bando truffatori e faciloni che provano ad abbindolare l’elettorato proponendo a fronte di problemi complessi ricette facili ma inefficaci, se non dannose quantomeno per il tempo e le risorse che fanno sprecare.
La direzione da intraprendere non può essere quella di una spolverata di sale magico sull’esistente (rosa o fucsia che sia) o di una “tradizionale” pizza surgelata precotta prȇt-à-manger, ma quella di un mix di ingredienti e spezie da dosare con cura per creare un menù di portate che seppur diverse tra loro per gusto e provenienza, alcune dal ricettario della nonna altre dalla cucina innovativa, si combinino armonizzandosi in un risultato complessivo all’altezza delle aspettative.
In una prospettiva olistica della città devono essere presi in considerazione due livelli di intervento: quello della cura dei componenti della città (singoli cittadini, imprese commerciali e produttive del territorio, associazioni, quartieri e sestieri) e quello del potenziamento delle relazioni che li legano.
Per mere ragioni di spazio non affronterò tutti i temi che vorrei, chiedo venia quindi sin d’ora, se il ragionamento apparirà incompleto, ma ci saranno altri luoghi per articolarlo ulteriormente; l’obiettivo dichiarato è quello di una città viva verso cui lavorare insieme a tutte le sue componenti.
In questa prospettiva sono fondamentali la cura, l’attenzione, la vicinanza e la prossimità ai cittadini, ai loro problemi e alle loro attività; bisogna ripartire da quartieri e sestieri con un decentramento reale attraverso le municipalità, organi vicini ai singoli territori, agli abitanti e alle loro esigenze.
Bisogna recuperare il senso di comunità solidale e l’ascolto attivo dei cittadini; servono uffici e servizi a cui ci si possa rivolgere per trovare aiuto con la burocrazia e servizi di portierato di quartiere (come Base a Milano o Lulù dans ma rue a Parigi) rivolti ai cittadini più anziani, ai più piccoli e ai loro genitori, realizzati anche dal terzo settore in sussidiarietà.
Il tema del turismo è indissolubilmente legato a residenzialità, lavoro, commercio e vita culturale e assieme a questi va affrontato. Nei mesi di lockdown abbiamo visto che l’economia cittadina non può farne a meno nonostante i problemi che crea; proprio per questo va gestito, programmato, direzionato e trasformato in una risorsa chiave per far ripartire altri settori economici, quali il commercio, la cultura e l’artigianato.
Serve una cabina di regia e di programmazione turistica. Tra i suoi vari scopi dovrebbe promuovere la nascita di percorsi turistici alternativi e diffusi nel territorio con un occhio di riguardo a Mestre e alle isole; in tal modo si decongestionerebbe almeno parzialmente la città storica e questi territori potrebbero lavorare maggiormente col turismo.
Immagino itinerari esperienziali che mescolino elementi naturalistici, gastronomici, culturali e sportivi e tocchino i forti, la laguna, i boschi di Mestre, le oasi naturali, gli elementi storici, le esperienze artigianali, culinarie, culturali e sociali e quanto di interessante e valevole c’è anche in terraferma e nelle isole.
Un’altra proposta turistica è possibile, dove la città non è soggetta a un’ospedalizzazione che trasforma il centro storico in un museo, ma nella quale la città si ricrea e reimmagina infondendo un nuovo anelito vitale nella cultura, nell’artigianato tradizionale e nel territorio che tornano ad essere materia viva da plasmare.
Il territorio è ricco non solo di grandi eventi e fondazioni, ma anche di associazioni, gruppi, compagnie e singoli artisti impegnati nella produzione artistica, questa va sostenuta, fatta crescere creando occasioni e luoghi appositi.
Questo fermento andrebbe inoltre messo a sistema con le necessità di far vivere piazze, campi, strade e parchi sia nell’ottica della sicurezza (perché uno spazio vissuto è sicuro) sia in quella del commercio.
Immagino un tavolo per un programma culturale condiviso e diffuso a cui siedano artisti, municipalità, comune, operatori culturali e associazioni di commercianti, soprattutto quelle di singole vie o quartieri. Bisognerebbe creare un cartellone di iniziative da veicolare nei vari territori: uno stesso spettacolo potrebbe essere replicato in piazza Ferretto, nell’arena del parco Albanese, in piazza Mercato a Marghera, a villa Pozzi alla Cipressina e in altri luoghi del territorio, con una maggiore continuità per gli artisti e un prezzo più accessibile per gli organizzatori.
La presenza di artisti in città non scarseggia, visto che ospitiamo università, accademia, conservatorio e varie scuole teatrali, anche per quanto riguarda il pubblico non ci sono preoccupazioni considerando sia i cittadini metropolitani che i turisti.
La produzione e la fruizione culturale può quindi diventare un settore importante per l’economia cittadina e dare lavoro a molti, un’industria pulita sostenibile, da sostenere! Che oltre a dare lavoro può rendere viva la città, creare comunità e contribuire a rianimare il commercio soprattutto in terraferma.
La vita culturale è strettamente collegata all’esigenza di spazi di fruizione.
Negli ultimi anni abbiamo assistito alla chiusura di un numero sempre maggiore di circoli e teatri, che non hanno trovato sostegno adeguato. I locali che ospitano concerti o spettacoli sono costantemente alle prese con problemi burocratici, rischi di sanzioni e nessun aiuto, luoghi come questi sono preziosi e vanno agevolati (ad es. tramite la riduzione di imposte e la semplificazione per la richiesta dei permessi) e valorizzati inserendoli nei cartelloni delle rassegne cittadine come le città in festa.
Inoltre in città manca un luogo attrezzato per ospitare festival di dimensioni medio-piccole, una struttura stabile coperta, con un palco annesso e impianti già pronti per l’uso, che abbatterebbe di molto i costi per le associazioni desiderose di organizzare iniziative, per le quali il costo delle strutture è spesso uno scoglio insormontabile. Investire in un luogo del genere, uscendo dalla logica dei contributi a pioggia a singole iniziative, porterebbe molto giovamento alla vivacità culturale cittadina.
L’identità di Mestre, Marghera e di tutta la terraferma deve essere anche quella di laboratorio di produzione e luogo privilegiato per la fruizione della cultura contemporanea nella sua accezione più ampia che comprende non solo musica, libri e teatro, ma anche illustrazione, street art, fumetti, giochi in scatola e arti performative e visive tutte.
C’è bisogno di una visione d’insieme della città con i suoi punti di forza, le sue debolezze, le sue opportunità e le sue minacce, tra loro intrinsecamente interconnessi. Il divide et impera non funziona con una tale complessità, serve uno sguardo che si elevi dal presente e tracci le rotte future che devono ripartire dall’ABC, Ambiente, Ben-vivere e Comunità, le direzioni per una città viva e solidale.
Chi è Paolo Ticozzi: nato nel 1984 a Mestre, città in cui ha scelto di rimanere a vivere. Docente di informatica presso il liceo G. Bruno R. Franchetti, in cui è anche il referente per la prevenzione e il contrasto al bullismo e al cyberbullismo, laureato in ingegneria all’Università degli studi di Padova ha poi conseguito un master in gestione etica d’azienda. Da oltre una decina d’anni è attivo nell’associazionismo e nell’organizzazione e promozione di numerosi festival ed eventi culturali sia in terraferma che nel centro storico tra cui: CarneValanga, MestREsiste, Altro Futuro, Fondamenta 2.0, Cervelli in Festival e Venezia Balla. Si candida come consigliere per il Comune di Venezia per il Partito Democratico con il motto #Insiemeperlacittà, il suo sito per conoscere meglio lui e le sue idee è www.paoloticozzi.it