Governatori a cavallo
9 Ottobre 2020Eppur si muove
11 Ottobre 2020Il libro, uscito la Primavera scorsa per l’editore Supernova e curato da Gianandrea Mencini, sulla vicenda umana, politica e sociale di “Pino” Rosa Salva, padre e pioniere dell’ambientalismo veneziano, si presta a molteplici riflessioni sul rapporto tra conservazione e sviluppo nei rilevanti temi ambientali del novecento fino ad oggi in città.
Gli anni sessanta del secolo scorso sono stati tra quelli più densi, più conflittuali e in qualche modo più fecondi dello scontro tra le culture relative alle trasformazioni urbane che si contrapponevano dopo l’evoluzione espansiva e caotica, ma quasi obbligatoria, delle città del dopoguerra.
Già allora si sviluppava una contrapposizione tra conservazione e sviluppo, potremmo dire oggi tra ragioni dell’ambiente e ragioni del lavoro, che ha segnato i decenni successivi e sembra ancora irrisolta. Forse la pandemia aiuterà.
Nelle città italiane più acculturate questa contraddizione veniva declinata intorno al tema della conservazione dei centri storici, intesi come sistemi unitari – morfologici, architettonici e sociali -, a fronte delle spinte trasformative ed espansive delle forze economiche dominanti e dei loro tecnici di riferimento.
Di ambiente non si parlava: non era neppure una tematica di sfondo. Semplicemente si ignorava il problema. Tuttavia la politica della conservazione dei centri storici, che si estendeva a tutte le trame storiche del territorio includendo i temi del paesaggio e opponendosi alle espansioni urbane prive di limiti, incideva di riflesso sui temi ambientali che sarebbero emersi negli anni successivi.
Le metodologie e le pratiche di recupero dei centri storici elaborate in alcune città, soprattutto emiliane, sono diventate e sono state riconosciute come il maggiore contributo della politica urbanistica italiana alla cultura urbanistica internazionale. I piani di Bologna, di Ferrara, di Modena e poi quello di Brescia e via via molti altri hanno seguito le medesime impostazioni culturali e hanno segnato la storia delle città italiane.
Molto dopo è arrivata anche Venezia.
Anche Venezia allora stava elaborando i propri piani e li elaborava sulla base di una cultura totalmente interna alle idee sviluppiste emerse dalla guerra e dalla ricostruzione.
Credo che sia ormai uscito dalla memoria dei più, ma oltre alla previsione della terza zona industriale (piano di Mira, in accordo con Venezia), a Portomarghera (come ricorda Mencini) dovevano essere collocati “quegli impianti che diffondono nell’aria fumo e polvere o esalazioni dannose alla vita umana, che scaricano nell’acqua sostanze velenose, che producono vibrazioni e rumori”; ancor peggio, se possibile, era trattato il centro storico dove si prevedevano vaste demolizioni e nuove costruzioni con la realizzazione del centro direzionale nelle aree di Santa Marta e Dorsoduro, dove tutto il tessuto urbano storico era zona grigia non regolamentata, dove si fantasticava di collegamenti automobilistici translagunari verso nord.
Ma a Venezia a differenza di altre città, la questione dell’ambiente, anche per via degli eventi atmosferici devastanti, assumeva un peso preponderante e incideva direttamente sulle scelte di grande scala (zona industriale, canale dei petroli) così come sulla vita quotidiana dei cittadini. Al contrario, i temi della città storica e di come garantirne la conservazione sembravano in quegli anni meno urgenti e hanno cominciato ad imporsi nel decennio successivo.
Per questo motivo l’azione di Pino Rosa Salva, ampiamente ricordata nella raccolta di scritti a lui dedicata, si era concentrata quasi esclusivamente sull’azione per contrastare gli interventi e le politiche che minacciavano l’integrità della laguna.
La cancellazione della terza zona industriale e la Legge Speciale del 1973 hanno rappresentato indubbiamente due successi di grande rilevanza delle battaglie di cui è stato protagonista. E non c’è alcun dubbio che le posizioni di Pino Rosa Salva e la cultura che trasmetteva con le sue azioni fossero allora dalla parte della ragione e assai più moderne e avanzate di quelle che gli si opponevano in nome dello sviluppo e della modernità.
Negli anni successivi tuttavia, la contrapposizione conservazione-sviluppo, che era nata su scelte dirimenti di prospettiva economica e culturale e si era concretizzata su questioni vitali per la città (esemplificate in modo evidente dalla scelta di raddoppiare o meno la zona industriale), in cui i protagonisti erano portatori di idee seppure opposte, ma fondate su una visione complessiva della società e dei destini della città – vedi lo scontro Rosa Salva/Dorigo – è scivolata sempre più verso una contrapposizione di principio che faticava ad entrare veramente nel merito delle questioni in discussione.
Non si è capito che tra chi portava avanti posizioni dettate da interessi particolari spesso contrapposti a quelli pubblici e generali e quindi interessi in ogni caso da contrastare e chi portava avanti posizioni di radicale conservazione dello status quo (per cui c’era chi difendeva l’artigianato e chi difendeva la chimica) c’era una realtà in continua modificazione che bisognava governare per non essere travolti, visto che la realtà non si può arrestare, e c’erano pertanto bisogni, soggetti, obiettivi di volta in volta diversi con cui fare i conti.
Così la passione ambientalista di Pino Rosa Salva, che impersonava e fondava una cultura altra rispetto alle cultura della crescita espansiva senza limiti, si è a poco a poco trasformata e sedimentata nella politica veneziana in un sistema pseudo ideologico che si opponeva a qualsiasi trasformazione, completamente ignara che senza trasformazioni positive ogni conservazione risulta impossibile.
A una parte consistente della cultura veneziana è sfuggito e sfugge che la decisione politica non nasce da una esigenza etica incondizionata, ma si situa all’interno di circostanze che richiedono competenze specialistiche e conoscenza dei processi storici.
All’etica della responsabilità in cui si agisce anche in ragione delle conseguenze delle proprie azioni, è stata sostituita l’etica della convinzione secondo la quale si agisce in base ai puri principi, senza preoccuparsi o attribuendo ad altri gli effetti che ne deriveranno: quindi senza preoccuparsi che la difesa incondizionata di quella che si ritiene una giusta causa porterà alla sicura sconfitta delle propria parte e dunque a un peggioramento delle condizioni di coloro che intende difendere.
Quella che è stata con Pino Rosa Salva una battaglia di fondamentale importanza perché si collocava in una fase storica in cui occorreva fondare un punto di vista nuovo e diverso rispetto alla dominante cultura sviluppista, non è riuscita (o è riuscita solo parzialmente) ad evolversi in una politica proattiva lasciando irrisolto nel nostro quadro politico il problema di tenere insieme le due esigenze attraverso politiche che declinino il tema ambientale non solo come tutela e difesa, ma anche come innovazione e sviluppo.
Gli esempi che si sono succeduti a Venezia sono molteplici e la loro somma e accelerazione ha portato al peggioramento complessivo dello stato della città oltre che all’attuale sfaldamento politico delle aree progressiste e ambientaliste.
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NOTA DI REDAZIONE di Carlo Rubini (Direttore di Luminosi Giorni)
Il libro “Pino” Rosa Salva Venezia e la sua laguna, corredato da una ricca rassegna fotografica, è costituito da un saggio introduttivo di Gianandrea Mencini e da una serie di testimonianze sulla figura di “Pino” (Gianfranco Bettin, Maurizio Calligaro, Gherardo Ortalli, Leopoldo Pietragnoli, Franco Rocchetta, Paolo Rosa Salva, Silvio Testa, Alberto Vitucci).
Il saggio di Mencini ricostruisce con rigore la vicenda umana di Pino anche dal punto di vista biografico con le sue storie di vita ( la formzione, gli studi, il lavoro come architetto d’interni) e soprattutto con la sua vita pubblica in città. Questa nel saggio è la parte più rilevante, legata alle prime sue ferme denunce, negli anni ’60 del Novecento, degli interventi di squilibrio ambientale nell’ecosistema lagunare portate in quegli anni dagli imbonimenti per la terza zona industriale e dallo scavo del Canale dei Petroli. Da allora si ripercorrono tutti i più accesi scontri e conflitti sottolineandone anche i rilevanti risultati citati da Roberto D’Agostino in questo commento: cancellazione della Terza Zona, pur attribuibile anche ad altre ragioni, e nel ’73 la Legge Speciale per Venezia.
Mencini ricorda l’impegno politico diretto di “Pino” in Consiglio Comunale con i Verdi; e, nella parte finale della sua vita, le nuove battaglie contro l’Expo Venezia e contro il Consorzio Venezia Nuova, in occasione della prima lunga fase dello scontro per il MOSE prima della sua approvazione e realizzazione (sempre posizioni ‘contro’, ma tra le più qualificate e oneste intellettualmente, le sue). Tutte le testimonianze dei diversi autori che seguono contribuiscono ad arricchire, ampliandole con nuovi particolari, le vicende storiche delle battaglie tracciate nell’introduzione. Corredandole in modo affettuoso con testimonianze di vita che delineano il carattere deciso e a modo suo cordiale dell’uomo. Non manca il riferimento al sostegno alla causa separatista in occasione dei numerosi Referendum sulla divisione del Comune, una battaglia assolutamente in linea e conseguente alla sua visione sulla città.
A prescindere dalle valutazioni politiche che si possono muovere in positivo o in negativo a questa figura e alle sue battaglie, il libro curato da Mencini è un testo da tenere in primo piano negli scaffali della storia novecentesca di Venezia. Infatti, oltre alla ricostruzione biografica e politica dell’uomo Rosa Salva, nel rapporto tra difesa dell’ambiente e sviluppo si acquisisce, anche attraverso le testimonianze dei diversi autori, una precisa delineazione di una variegata scuola di pensiero, che in città ha avuto molti riscontri e seguito. E lo ha tuttora. Conoscerla ed apprezzarla per la coerenza e per la sua determinazione è quantomeno utile per chi non ne condivide o totalmente o parzialmente la linea. La posizione di LUMINOSI GIORNI, e in particolare chi scrive, per esempio su questi temi è in buona parte diversa, incline al superamento di una contrapposizione tra sviluppo e conservazione nei suoi eccessi ideologici. Per rendere possibilmente compatibili entrambi, senza sacrificare i diversi obiettivi. Non sono mancate perciò critiche da parte della testata, anche dure e soprattutto nella contemporaneità, a questo fronte che ha in Rosa Salva uno dei padri fondatori. Ma conoscerlo, ricostruirne le anime e le ragioni induce ad un sentire fondamentale nella dialettica politica: il rispetto per la sua statura ( del padre e del fronte a lui affine). Un buon modo per poi richiederlo da parte di chi lo critica da un altro punto di vista e con delle altrettanto buone e fondate ragioni. In nome di quella reciprocità in assenza della quale si discute a senso unico e supportati da un pensiero unico. Da entrambe le parti.