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9 Giugno 2022LUMINOSI GIORNI, testata da sempre attenta ai temi della città e del territorio, ha preso sul serio l’annuncio fatto dalla Giunta di Venezia dell’introduzione di un sistema di prenotazioni per regolamentare e frenare il fenomeno che oggi va sotto il nome di ‘overtourism’, per poterlo ricondurre ad una condizione non più ‘over’. E’ uno stile della rivista quello di prendere sul serio, quantomeno in prima istanza, senza pregiudizi e fino a prova contraria, tutto ciò che di interessante viene proposto su questo decisivo terreno dalle istituzioni civiche, dalle forze politiche, dalle aggregazioni sociali, economiche e culturali e dai semplici cittadini.
Tuttavia, molti interrogativi su questo progetto delle prenotazioni, che a prima vista non pareva il semplice e sin troppo consueto annuncio, rimanevano sospesi; e per contribuire a dipanare la loro matassa LG ha posto dei quesiti specifici ad una gamma variegata di persone, per diverse ragioni potenzialmente competenti, ritenute in grado di fornire elementi di riflessione, se non anche di chiarimento.
A queste persone, come si vedrà, sono state poste domande, le cui risposte ci mettessero nelle condizioni di tirare un po’ le fila e presentare una sintesi. Una, la più incisiva delle domande e posta per prima perché considerata dirimente, riguardava una soglia quantitativa finale e definitiva di presenze turistiche ritenuta accettabile. Le altre domande riguardavano le modalità di applicazione, sia tecniche che di principio.
Vediamo dapprima queste ultime, e approfondiamo in chiusura la madre di tutte le domande, quella sulla soglia quantitativa che, a giudicare dalle risposte ricevute, è nettamente la più divisiva.
Diciamo subito che praticamente tutti gli interpellati non nutrono particolari timori circa la pratica applicazione del pass. Chi parla di city card, chi di qualcosa di simile al Green Pass, insomma c’è fiducia sulla tecnologia in grado di operare un controllo non casuale ma neppure eccessivamente dispendioso. La presunta facilità di gestione, in più, depotenzia anche il tema della gestione delle situazioni eccezionali, che per altro fanno parte di una gamma di casi relativamente rari e comunque prevedibili: se si ritiene che sia facilmente gestibile con un supporto informatico, è comprensibile che non spaventi la complessa gestione di questi casi eccezionali. Tutti concordi, tra chi si esprime in merito, di concedere il permesso di accesso ai residenti della Città Metropolitana o al massimo a una fascia geografica immediatamente limitrofa, ma NON all’intero Veneto, per comprensibili e condivisibili motivi di quantità oggettiva di provenienze regionali, facilitate dalla minor distanza e dal relativo minor tempo e minor costo di accesso, che fanno dei Veneti una componente rilevante dei flussi soprattutto giornalieri.
Nelle risposte si registra una sostanziale condivisione (con qualche riserva nella risposta da parte di Giovanni Montanaro) sulla legittimità giuridica e costituzionale dell’applicazione di una certa forma di restrizione all’accesso e poche remore anche sull’applicazione di misure di deterrenza e/o regolazione come una qualche forma di ticket di ingresso. L’unica risposta che si espone coraggiosamente a indicare una cifra di accesso, parlando di un ticket medio di 25 €., è quella di Andrea Casadei, che non per caso è stato alcuni anni fa co-autore di un progetto più ambizioso e strutturato di quanto proposto dalla giunta, conosciuto con il nome di “Pass4Venice”.
Nelle risposte si registra anche un sostanziale allineamento sul mantenere una certa indeterminatezza sul sistema dei controlli. In generale piacciono molto poco i famosi tornelli già sperimentati e va detto che questo punto resta in parte sospeso, sicuramente meritevole di un maggior approfondimento, pur essendo molto tecnico, e più tattico che strategico.
Le risposte risultano invece sensibilmente diverse sulla vigenza temporale lungo l’anno delle disposizioni, un aspetto non secondario che appare decisamente divisivo: la maggioranza propende per una vigenza temporale tutto l’anno, ma c’è chi (Stefano Colovini e Claudio Vernier) sostiene che sia bene applicarlo solo per i picchi, con Giovanni Montanaro in posizione originalmente intermedia (tutto l’anno, ma solo weekend e festivi).
Veniamo infine alla determinazione della soglia quantitativa delle presenze su cui impostare tutto il progetto. Su questo punto pesa come un macigno, e del resto lo si era già messo in evidenza, la circostanza che già il numero dei posti letto, ovvero 82.000 ad oggi in tutto il Comune, è molto vincolante, dal momento che è una cifra che a pieno carico è difficilmente abbassabile, quantomeno se ci si riferisce alla ricettività alberghiera. Tra chi si esprime, solo Stefano Colovini e Giovanni Montanaro sembrano prendere atto della situazione e indicano in ulteriori aggiuntivi 40.000 visitatori non residenziali la soglia per un totale di 120.000 presenze in contemporanea, una cifra effettivamente molto alta che, letta così, non giustificherebbe un meccanismo di controllo che resta comunque piuttosto complesso e dispendioso.
Numero simile anche per Andrea Casadei che ipotizza una soglia complessiva di 100.000 presenze, ma con l’obiettivo a tendere a 60.000, una dimensione sicuramente più equilibrata.
Più radicali sono Giovanni Andrea Martini e Franco Migliorini che, ipotizzando a regime 90.000 posti letto, anche superiori, per una fisiologica tendenza di crescita, agli attuali 80.000, sostanzialmente sottolineano “non uno di più”, e facendo coincidere tale cifra con quella massima sopportabile. In sostanza prevedono che non ci sia spazio per i cosiddetti ‘day tripper’, cioè i visitatori giornalieri, e che questi siano accoglibili solo nella misura in cui non si riempiono i posti letto. Ancora più radicale Paolo Costa che ipotizza a regime, dopo una fase di graduale abbassamento negli anni, una soglia massima stabile di 40.000 presenze complessive, comprensive dei posti letto.
In ogni caso, volendo tentare un’estrema sintesi del tema plafond e delle soglie quantitative, si può dire che la prenotazione obbligatoria è uno strumento inibitore del turismo giornaliero, e quindi può avere senso solo se vi sono dei margini di manovra, dal momento che sarebbe irragionevole mettere in piedi un’organizzazione colossale per fermarsi a una soglia insignificante, magari di cento persone. Poiché tutti sostanzialmente concordano su numeri assoluti di visitatori molto vicini al numero dei posti letto già disponibili, la conseguenza è che il numero totale di questi è eccessivo. Per altro questo può tranquillamente crescere, e non perché possono sorgere nuovi alberghi, dal momento che solo nel centro storico c’è il blocco di nuove strutture alberghiere, ancorché – abbiamo visto di recente – non “granitico”; ma soprattutto perché non vi è, ad oggi, nessuna limitazione di legge (fatto salvo l’obbligo delle fosse settiche) al proliferare delle locazioni turistiche, anche in centro storico, e che sembrano essere la formula ricettiva del tutto fuori controllo.
Ne deriviamo che l’intero sistema della prenotazione per essere effettivamente incisivo non può non essere accompagnato da risolute e drastiche misure nei confronti della locazione turistica, altrimenti tutto il sistema messo in atto risulterebbe compromesso ab origine.
Con quest’ultima nostra, pur provvisoria, conclusione di sintesi ci avviciniamo perciò alla necessità di quella visione ambiziosamente definita olistica, che vuole questo provvedimento inserito in una considerazione ben più ampia sul futuro della città storica, in primis, ma non solo, per ciò che riguarda i suoi residenti. È ciò che auspica, con una certa vis polemica, l’intervento sul tema e non specifico sulle domande della nostra inchiesta, e già pubblicato su LG, giuntoci dall’economista e docente universitario, Jan van der Borg, che da tempo riflette sulla città di Venezia e sulle sue croniche criticità, avanzando proposte e soluzioni. Tuttavia, sempre per rimanere sul terreno delle scelte equilibrate e non fuori dalla realtà, la necessità di una visione generale e coordinata delle proposte e delle loro attuazioni, olistica appunto, non deve pregiudicare in nessun caso l’applicazione di misure che, prese di per sé, possono anche apparire parziali e non risolutive. Perché da qualche parte si deve pur cominciare e il nostro pressante auspicio è quello che la Giunta si confronti con l’articolazione delle considerazioni emerse da questa nostra inchiesta e in generale soprattutto con le forze vive della città. Per non perpetuare quella percezione che sui temi chiave della città tutto resta fermo e immobile e che, come si dice, non si batte chiodo.