
Un referendum sull’incertezza
5 Settembre 2020
GABRIELE SCARAMUZZA: la mia città dei prossimi 5 anni
7 Settembre 2020Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.
Faccio politica sin da giovanissima ma finora non mi sono mai candidata.
La mia formazione politica è iniziata a scuola, è proseguita nel Partito Liberale Italiano – all’interno del quale sono stata membro del Consiglio Nazionale – e mi ha portato a +Europa. Ho avuto la fortuna di conoscere e di confrontarmi con esponenti politici di altissimo livello, dai quali ho appreso molto.
Da ragazza ho imparato che chi si impegna in politica ha enormi responsabilità; quando mi chiedo quale sia il motivo per il quale ho deciso di candidarmi solo adesso – a 51 anni – mi rispondo che prima d’ora non mi ero mai sentita pienamente all’altezza di un tale impegno.
Ritengo che le donne e gli uomini che si dedicano alla politica – soprattutto quando ricoprono cariche istituzionali – debbano avere innanzitutto due capacità fondamentali:
In primis, è indispensabile che sappiano ragionare e assumere decisioni sempre e soltanto in prospettiva futura. L’avvenire della società, di una città, di una regione, o di un intero Paese, dev’essere studiato e perseguito nel presente dalla politica; mai come oggi – d’altra parte – appare evidente agli occhi di tutti la necessità di meticolosa progettualità – anche scientifica, basata su dati certi, su studi empirici e attendibili – senza la quale il futuro rischia di essere decisamente cupo.
In secundis, chi si dedica alla politica deve essere in grado di ipotizzare e calcolare quali possano essere i rischi – anche nel peggiore dei casi – e le estreme conseguenze di ogni singola scelta, di ogni singola decisione, prima di adoperarsi per perseguirla. Tenendo presente che – nell’ambito della gestione della politica, soprattutto se intesa nel senso di servizio per la società – anche non fare nulla è una scelta, mai neutra, e come tale finirà per generare conseguenze.
La gestione del turismo a Venezia – per fare un esempio – ha reso palese che coloro i quali hanno amministrato la città lagunare negli ultimi cinque anni, non dispongono delle due capacità sopracitate.
Il settore turistico a Venezia è l’unico fattore produttivo su cui si è retta l’intera economia della città. Ad oggi non è stata mai voluta, né elaborata, né realizzata, nessuna politica economica alternativa – e nemmeno parallela – al turismo di massa.
Mi chiedo – e vi chiedo – quali siano le conseguenze che tale indirizzo politico ha generato sulla società veneziana.
In primo luogo ne consegue un’immagine indegna della città di Venezia, diffusa su sempre maggiore scala nel Paese, nel contesto europeo e in quello internazionale. Chiunque l’abbia visitata di recente, ricorda Venezia come una città straordinariamente unica nel suo genere, ricca di storia, arte e cultura, ma anche disastrosamente invivibile a causa del sovraffollamento turistico: stracarica di esseri umani che attraversano le meravigliose calli della città a forza di gomitate. Un’immagine forte al punto tale da spaventare anche i negazionisti del Covid-19.
Mi chiedo – e vi chiedo – anche alla luce di una eventuale inversione di rotta nella politica di gestione dei flussi turistici (che mi auguro con tutta me stessa), quanto tempo ci voglia prima di liberarsi definitamente di questa immagine, che i visitatori di tutto il mondo hanno di Venezia. Soprattutto ai tempi del Covid- 19.
I cospicui introiti che lo sfruttamento turistico al quale la Città è stata abbandonata e destinata – insieme all’inverso sfruttamento a cui l’amministrazione comunale ha sottoposto i visitatori internazionali hanno condotto molti a perdere il senso del valore del denaro e il costo – non economico – almeno non direttamente – è stato decisamente più elevato del guadagno.
Gli affitti degli immobili commerciali e di quelli abitativi sono diventati incompatibili con quella che (purtroppo) sarà – per anni – l’economia post Covid–19.
In secondo luogo, conseguenza ancor più drastica e grave della scelta di impostare la politica economica Veneziana solo ed esclusivamente sul turismo di massa, riguarda le generazioni più giovani. Stiamo destinando un’intera generazione – esclusi i minoritari casi di ragazze e ragazzi più fortunati – che oggi siano studenti, lavoratori o disoccupati, a lavorare in un unico ambito: il turismo. Piuttosto che offrire loro la possibilità di dedicarsi ad altri settori che – se incrementati e favoriti dalla politica economica, da parte di chi ci amministra – favorirebbero l’evoluzione della città e del Paese da realtà in declino, talvolta retrograda e conservatrice, a società che scommette sul progresso, sulla sostenibilità, sulla produzione industriale e sulla ricerca. Stiamo destinando le migliori menti e le nostre più promettenti risorse a emigrare, oppure a lavorare come camerieri per i più ricchi visitatori internazionali. In una Paese – e in una città – che ha offerto al mondo alcuni tra i più grandiosi e illustri pensatori, imprenditori, politici, ingegneri e accademici.
Quando mi chiedo per quale città vorrei lavorare nei prossimi cinque anni, non rispondo descrivendo un determinato progetto piuttosto che un altro, perché non voglio e non posso accontentarmi di questo. Preferisco avanzare un metodo politico radicalmente alternativo. Un approccio diverso alla risoluzione dei problemi, fondato sull’analisi e sullo studio.
Un metodo laico, libertario, nonviolento, trasversale, scientifico, interdisciplinare, comparato e culturale.
Laico, nel senso più ampio ed estensivo della parola. Svincolato da ogni dogma e ideologia, di qualsivoglia matrice: religiosa, corporativistica, settaria, partitocratica.
Libertario, inteso come approccio che tuteli sempre le libertà e i diritti di tutti i cittadini. Che si poggi su una concezione di libertà assoluta, ove l’unico limite risulta la libertà altrui.
Nonviolento, dunque alternativo al ricorso a ogni forma di violenza. Fisica, psicologica, verbale, simbolica. Non serve a nulla il mezzo militare corazzato che l’amministrazione comunale ha stabilito in Piazzale Roma. Se non a intimidire – non so dire precisamente chi – e a condurre un tipo di propaganda violenta e inutile, al grido: “Venezia si difende da sola”. Come se dall’altra parte della barricata ci attendesse un nemico armato.
Trasversale, ovvero che coinvolga e attraversi una pluralità di soggetti politici, prescindendo dagli schieramenti. Per incentivare solo ed esclusivamente maggiore convergenza e collaborazione – più condivisa possibile – volte a perseguire singoli obiettivi politici. Sempre e soltanto tra partiti, forze, movimenti e liste civiche solidamente posizionati all’interno dello Stato di Diritto.
Scientifico, poiché nessuna azione politica potrà mai contraddire le evidenze scientifiche. La scienza e la Democrazia devono essere alleate per il bene di tutti. I fatti e gli studi sui quali fondare ogni scelta politica e amministrativa deve sempre poter essere sottoposta a una prova di falsificazione. Non soltanto ai sondaggi elettorali.
Interdisciplinare, nel senso che la risoluzione dei molteplici problemi della Città non potrà fare a meno di coinvolgere discipline diverse – persone diverse, provenienti da esperienze diverse, che sempre hanno tra loro numerose connessioni. Si pensi al tema della sicurezza: non potrà mai prescindere dal binomio prevenzione-repressione.
Comparato, perché Venezia è una delle città con maggiori potenzialità tra tutte le capitali internazionali. Ma talvolta la più immediata soluzione a un determinato problema può essere ricercata nelle esperienze amministrative di altre importanti città, in Europa e nel Mondo. Alcune questioni con le quali sarà necessario confrontarsi sono state affrontate anche da altri. Si pensi al tema della sostenibilità ambientale: possiamo e dobbiamo imparare da chi ha saputo gestirlo prima di noi; sempre tenendo a mente le peculiarità di Venezia.
Culturale, nel senso che Venezia dovrà finalmente iniziare a scommettere sull’istruzione, sulla scienza, sull’università e sulla ricerca. A partire da un assessorato alla cultura forte e sempre presente.
Questa città può e deve cambiare. È l’ora.
Chi è Silvia Nalin: classe ’69, vive a Mestre e si occupa di attività immobiliare nel settore turistico alberghiero e commerciale. Si candida in Regione Veneto nelle file di +Veneto in Europa – Volt