“Qui giacciono 37 milioni di euro”
5 Novembre 2011Il palliativo della tassa di soggiorno e le “non politiche” per il turismo a Venezia
5 Dicembre 2011Le diatribe amministrative, non ancora concluse, dell’estate appena trascorsa intorno alla gestione di Campo Santa Margherita hanno messo di nuovo in risalto alcune questioni spinose riguardanti Venezia e il suo specifico contesto urbano. Le molteplici ordinanze, poi ritirate oppure modificate, i ricorsi degli esercenti, e tutto questo teatrino imbarazzante apparso sui giornali di queste settimane, evidenzia come la polemica sulla corretta gestione degli spazi serali e notturni di questa città sia tutt’altro che facile da risolvere. Gli interessi in gioco sembrano troppo grossi: da una parte gli esercenti che reclamano il loro diritto a lavorare e ad avere dei guadagni maggiori, che nelle fasce serali sono incrementati dall’ampio flusso di giovani. Dalla’altra i residenti che non tollerano gli schiamazzi della movida giovanile vicino al proprio portone di casa, e pretendono garantiti i loro diritti ad avere una condizione di vita tranquilla durante le ore serali. Ma tra questo enorme e irrisolvibile conflitto di interessi, non esiste forse anche una sacrosanta esigenza (diritto?) per un cittadino residente, e non, di vivere la propria città nelle ore serali, passeggiando, bevendo qualcosa all’aperto o in un locale, ascoltare un concerto? Venezia è famosa in questo senso per essere sempre stata molto distratta verso questo tipo di bisogni. Al di là di garantire diritti più o meno riconoscibili in qualche regolamento o in qualche altro tipo di atto normativo, la questione posta in essere da tali provvedimenti intacca non tanto i singoli interessi individuali appena mostrati (esercenti contro comitati) ma la collettività più in generale. La possibilità di garantire degli spazi serali per occasioni di incontro (Santa Margherita per citarne uno) o spazi specifici per progettare e offrire alla città delle buone forme di intrattenimento culturali durante la sera significa investire sulla vita della città, tenerla in piedi, animarla. Le iniziative (private) in questi ultimi anni non sono mancate. Esempi interessanti come le proposte concertistiche e cinematografiche del circolo ARCI Metricubi, o del Morion sono le ultime realtà che sopravvivono (dopo che il centro sociale Zona Bandita ha dovuto abbandonare la sua sede ultima) . Ma si tratta sempre di iniziative volontarie, dove l’investimento di forze non è mai finalizzato al profitto. Chi potrebbe investire in un’attività commerciale alternativa a Venezia, dove la possibilità di sopravvivenza dell’attività è sempre messa in discussione dall’umore più o meno stabile di chi vive nelle vicinanze? Ci ha provato l’Osteria alla Poppa, con delle proposte (pre)serali di gran qualità, ma pagando caro questa provocazione, e dovendosi scontrare con ulteriori restrizioni e multe salatissime . Quindi non se ne può venire fuori? Venezia è costretta a restare un’anomalia, un caso unico di città dormiente, che non è in grado di gestire degli spazi appositi per una cittadinanza che chiede vita sociale di qualità. Una cittadinanza fatta di giovani, studenti, ma non solo. Persone qualunque che vogliono provare ad arricchirsi vivendo il proprio territorio e non sentendosi estranei ala città. Un arricchimento umano fatto di piccole e cose e non di grandi eventi internazionali, che mobilitino migliaia e migliaia di persone. Sembra che Venezia non possa ospitare altro che non sia il grande evento, L’Heineken Jammin Festival, o i concerti da costi improponibili in piazza san marco. Ed è qui che la soluzione diviene sempre e soltanto politica. Se la Politica, intesa nella sua accezione più autentica e nobile sa agire per perseguire finalità di interesse pubblico (la collettività) le cose in questa città potranno forse un pochino cambiare. Se invece la Politica rimane sempre e solo strumento di mediazione tra interessi privati, lo stato di paralisi, che schiaccia questa città ormai da anni, non farà mai un passo avanti. Così è la Politica (anche se non vi pare).