Gli utili idioti
2 Marzo 2013RIPARTENZA E CRISI POLITICA
3 Marzo 2013Io twitto , tu tagghi, egli posta. Tizio ti ha mandato un poke, Caio ha aumentato i suoi follower, a Pinco Pallino “piace” la nutella. E ancora: Mario Rossi ha 1770 amici; Sergio Bianchi ha commentato la tua foto; Orso delle nevi ti ha invitato a un evento. C’è poco da stupirsi. Il linguaggio dei social network è entrato con prepotenza nella nostra vita. Espressioni, verbi, sostantivi che fino a qualche tempo fa ci avrebbero sorpreso, provocandoci l’orticaria, sono entrati a far pare della nostra quotidianità. Sono poche le persone che non hanno ancora il proprio account su una di queste piazze virtuali. Sono pochi gli impenitenti, affezionati del contatto diretto, del piacere di guardarsi negli occhi, del toccarsi, dell’annusarsi, che non hanno ceduto alla tentazione di crearsi un profilo e aprirsi, così, alla socialità illimitata delle nuove tecnologie.
C’è poco da criticare. Quando dico che tutti o quasi tutti, si sono convertiti a facebook o a twitter non esagero. Anche quelli della mia generazione, che, come me, scrivevano sui fogli colorati, fiorati e profumati agli amici conosciuti al mare o in gita scolastica, hanno scoperto il piacere dell’interazione immediata, dello scambio giovanilistico di battute, ora salaci, ora galanti, ora affettuose. Hanno imparato a muoversi in questo mondo intrigante, a fondare gruppi, a cercare vecchi amici e a crearsene di nuovi, suscitando lo stupore dei più giovani che, attoniti, a volte si confessano, con reciproca meraviglia, le acrobazie informatiche dei propri genitori. Quel “pensa-che-anche-mia-madre-ha-un-suo-profilo-facebook” la dice lunga e segna davvero il punto di non ritorno creato dai nuovi modi di comunicare della rivoluzione informatica.
Spero di non cadere nel luogo comune se dico che c’è modo e modo di usare un social network. Prendiamo a modello Facebook che mi sembra, al momento, quello più diffuso. Intanto, non credo che il contatto virtuale potrà mai sostituirsi a quello reale. È, semmai un surrogato, un sostitutivo di qualcosa che rischia di sfuggire di mano in un mondo dominato dalla fretta, dall’ottimizzazione del tempo e delle risorse. E questo qualcosa è il contatto umano. Si fa presto ad esaltare il vivere lento, il mangiar lento, il pensar lento. Ma la scatola del tempo è sempre molto stretta per contenere le infinite possibilità che una persona in una giornata vuole- e talvolta deve – concedersi. Ne conseguono ritmi frenetici che mettono a dura prova i rapporti tra persone. Ecco che il social network diventa luogo di scambio di idee, territorio progettuale, sede di negoziazione del pensiero, con potenti implicazioni sociali e politiche.
Ciò non significa che si sostituisce al gruppo reale, all’associazione, al partito, ma ne può costituire un prolungamento, uno strumento di consolidamento e di aiuto. Una donna che lavora e che ha famiglia sarebbe estromessa dalla vita sociale se non potesse avvalersi di mezzi di condivisione – sia pure virtuali – della propria progettualità. Ben altra cosa è il voyerismo, l’esibizionismo, l’ostentazione del proprio privato. Rischiosa nei più giovani. Patetica nei soggetti, diciamo, più maturi. Di cattivo gusto tra quanti – per esempio i cosiddetti vip – liquidano le proprie questioni private con un post su twitter o su facebook.
Discorso a parte meriterebbe una riflessione sull’uso dei social network da parte dei minorenni. Ma non è mia intenzione, in questa sede, fare sermoni. L’importante è non abbassare i livelli di guardia.
Quanto all’uso di quei neologismi cacofonici, come twittare, postare e taggare, che ben vengano, se questi si accompagnano alla consapevolezza di un’evoluzione dei costumi e, soprattutto, alla considerazione secondo cui hanno nella nostra bella lingua italiana, una loro collocazione precisa, non trasferibile in altri ambiti del pensiero e della conoscenza!