Bene comune, verità relativa
16 Dicembre 2015Patriottismo costituzionale vs populismi
23 Dicembre 2015Che la situazione sia seria e che il consenso, stando anche agli ultimi sondaggi, sia in calo è sotto gli occhi di tutti.
Poi possiamo renzianamente sostenere che in effetti questo è il Governo che in un tempo davvero ristretto è riuscito a cambiare molte cose nella vita politica, amministrativa e sociale del nostro Paese. E che si pone l’obiettivo di continuare a farlo su terreni impervi e sempre difficili.
E’ un Governo che si è dimostrato attivo ed efficace, ha rispettato quasi sempre il cronoprogramma che si era pubblicamente dato, ha derogato solo su poche questioni, le più delicate, quelle della modifica costituzionale. Come era persino logico aspettarsi.
E’ un Governo che ci “ha messo la faccia” sempre, non cercando rifugi nel politichese o nei cavilli dei regolamenti parlamentari.
Chi ha fatto altrettanto nel più o meno recente passato? Direi pochissimi, quasi nessuno, tanto meno quel campione di aziendalismo applicato alla politica impersonato da Berlusconi e dalla sua compagnia di giro. Soprattutto quella del “primo giro”.
Nel merito delle riforme tutta l’opposizione, anche quella interna al PD, si è prodigata nel disegnare quadri di sfracelli economici, di inutilità dei provvedimenti, di benaltrismo, di derive antidemocratiche e così via.
Ogni volta hanno sbattuto il muso contro la realtà dei fatti e dei numeri ufficiali, quelli prodotti dagli Istituti super partes. Ogni volta hanno dovuto cambiar discorso e cercare nuovi pretesti per nuovi affondi.
La compagnia è d’altronde ben assortita e accumunata da un unico obiettivo: depotenziare l’azione di Governo, delegittimare Renzi, accendere fuochi in ogni angolo, cercare i casus belli, e se non ci sono inventarli, denunciare complotti in ogni dove, andare in cerca sempre e soltanto del “chi c’è dietro”, quali oscuri interessi si vogliono favorire, proporre programmi alternativi spesso campati in aria, talebaneggiare l’attività politica in cerca di un consenso che un elettorato provato e demoralizzato dalla pochezza e dalle soperchierie vissute nei tempi più recenti sembra essere disposto a concedere.
All’insegna del “butta el manego drio a la manera”, che metaforicamente trovo bellissimo ma che italianamente si traduce nel trito “tanto peggio, tanto meglio”.
Allora i sondaggi di cui sopra impazzano e ci dicono che, con una quota peraltro ancora maggioritaria di astensione, la percentuale di quelli che in un ipotetico turno elettorale sarebbero disposti a sostenere il PD e quindi l’azione del Governo, è in sensibile calo, contrapposta invece a quella che sembra un’irresistibile ascesa del M5S.
Con buona pace di tutti quelli che vorrebbero vedere consolidare i risultati e l’azione di questo Governo. Che è il migliore che abbiamo avuto dai tempi del primo Centrosinistra (DC+PSI e altri). Stiamo parlando degli anni ’60.
Allora sarebbe il caso che Renzi facesse come il prof Isak Borg (Il posto delle fragole – Ingmar Bergman) che si reca da Stoccolma all’Università di Lund al fine di ritirare un premio per il cinquantesimo anniversario della sua carriera di insigne batteriologo. Il viaggio in macchina diventa l’occasione per un ripensamento sulla propria esistenza, una amara, ma forse salvifica messa a fuoco dei propri fallimenti.
Fuori di metafora sarebbe importante, oltre che indispensabile, che Renzi cambiasse qualcosa nei propri modi di operare e dell’agire politicamente; che mettesse a fuoco alcuni punti chiave dell’agire governativo.
Sarebbe oltremodo necessario che parlasse al Paese, lo facesse come fanno i Presidenti americani con i loro periodici “discorsi alla Nazione” in cui attraverso i media, tutti i media, comunicano i loro propositi, lo stato di avanzamento dei lavori, le difficoltà, ma anche i risultati conseguiti.
Un cambio di strategia comunicativa, della quale il Nostro è ancora una volta accusato di eccessiva “leggerezza” privilegiando i mezzi moderni della comunicazione social. Che però, va tenuto presente, non sono ancora la via predominante attraverso la quale “la gente” si informa.
Di cose da dire e da comunicare ce ne sarebbero molte. Ma soprattutto quello che serve è una maggior capacità di stare vicino ai cittadini, ai potenziali elettori, di saperli coinvolgere, di saperli tranquillizzare.
Anche perché la situazione economica, al di là di quegli zero-virgola che stanno lì a dirci che una inversione di tendenza si è innescata anche se non è ancora concretamente percepibile, non è realmente migliorata, ai livelli più bassi, ai livelli del consumatore quotidiano, ai livelli della spesa delle famiglie, ai livelli di un incremento di occupazione che stenta ancora a riprendersi, nonostante gli effetti positivi del Jobs Act.
Se poi ci si mette anche quello che per alcuni giorni i media hanno battezzato come un serissimo conflitto di interessi e che dopo il dibattito parlamentare anche coloro che sono ogni giorno i più riottosi a riconoscere le ragioni del Governo oggi sostengono si sia trattato di pura “fuffa” (frutto di una scuola oratoria pentastellata che punta solo a farsi bella e ad alzare il tiro per giustificare il suo integralismo millenaristico e la sua autoreferenzialità)…beh allora davvero c’è bisogno che Renzi riscopra il posto delle fragole.