Brand Venezia, un’occasione a favore della città
13 Novembre 2015Parigi brucia…
16 Novembre 2015La lunga traversata nel deserto di Matteo Renzi è fatta di continui ostacoli da superare, da difficoltà da affrontare ogni giorno, da brusche fermate e anche da arretramenti. La sua azione politica può piacere o non piacere – e a molti non piace infatti – ma è un’azione che ha in ogni caso il carattere dell’impresa da qualunque punto di vista la si valuti. Quella che sta compiendo è una continua scommessa, anche se c’è da dubitare che la scommessa non sia stata preparata con cura conoscendo in anticipo tutte le difficoltà che sarebbero subentrate. Per cui io credo che lui avesse previsto il problema più grosso della sua impresa, dato dal fatto che non controlla i territori, le situazioni locali, ciò che si agita nelle regioni. E che non riesca a controllarli lo si è visto con Roma, adesso con il caso De Luca-Campania. Noi che stiamo a Venezia lo avevamo visto ben per tempo che i giochi di qui li facevano quelli di qui con le loro mai scalfite roccaforti di potere e di micropotere. Anche al netto dell’affaire Orsoni che ha costituito solo una grande aggravante di un andazzo politico sempre più mediocre nel PD locale. Insomma Renzi ha lavorato tutto al centro con la sua immagine rispondente alla sua azione riformatrice perchè ben sapeva che sui territori poco poteva. Ma non può bastare l’azione al centro se la si vuol fare attraverso un partito che, nel bene e nel male, ha una lunghissima tradizione di radicamento locale.
Sono abbastanza anziano per ricordare che nel ’91 quando nel PCI ci fu la svolta di Occhetto che portò al PDS la linea traumatica per il corpo del partito passò dappertutto senza troppe resistenze perchè la segreteria nazionale aveva il pieno controllo delle Federazioni. E ho detto a proposito la segreteria e non il segretario perchè chi aveva il pieno controllo delle federazioni locali non era Occhetto ma, non è un mistero, Massimo D’Alema. Anzi D’Alema diede lui il lasciapassare alla svolta occhettiana, ben chiarendo al segretario che in cambio voleva mantenere quella piena sovranità sulla struttura ramificata del partito che sola avrebbe consentito la svolta; una sovranità in grado tra l’altro di risolvere in famiglia senza clamori i problemi legati alle prime avvisaglie di illegalità interna che avrebbero potuto nuocere all’immagine etica del nuovo partito e che pur già allora non mancavano, visto che si era all’esordio di tangentopoli. E cominciò un’era.
Quindi Renzi, che un controllo di questo tipo non può avere, sta conducendo la sua azione politica con una mano legata dietro la schiena e non è uno svantaggio da poco. Ora può essere che di fronte alla sua impotenza sui territori Renzi stia facendo un calcolo cinico ma piuttosto rischioso: non essendo riuscito a rottamare il personale politico nelle situazioni locali resta in attesa che le situazioni locali si autorottamino da sole per poter poi intervenire sulle macerie del partito. E’ una scelta rischiosa perchè vediamo bene che le situazioni locali e il malaffare che spesso vi si annida stanno erodendo nel consenso a suo favore ciò che lui sta acquistando sul piano nazionale. Il Job act sta dando i suoi primi frutti come si dice? Può essere. Ci pensa però lo scandalo di turno che coinvolge il PD in qualche posto della penisola a pareggiare i conti di un consenso potenzialmente in crescita per una riforma che sta forse riuscendo. Io credo che alla lunga il gioco sia troppo rischioso e che non possa durare in eterno.
Ecco allora che si fa strada la necessità per lui e per il suo staff di trovare teste di ponte nelle situazioni locali in grado di rappresentarlo, di promuovere la sua azione e di prevenire azioni illegali. Ma per trovarle le deve cercare di necessità fuori dal partito strutturato e dalle sue dirigenze su cui può poco, direttamente alla base o/e anche e soprattutto nel vasto mare liquido del suo elettorato non iscritto, quello che continua a tenerlo alto nei consensi a dispetto del più problematico consenso verso il partito. Si è discettato a lungo sullo zoccolo di riferimento renziano all’interno del partito, costituito dai cosidsdetti ” renziani prima ora “. Altrove conosco meno, ma per ciò che riguarda Venezia i ” renziani prima ora” mi sono parsi alla lunga un pò inadeguati per questa azione di sponda, se posso dire un tantino velleitari nella loro battaglietta interna, debolucci sul piano del consenso in città e politicamente assenteisti sulla distanza, quando fallita l’altrettanto velleitaria scalata alla poltrona di Sindaco si dovevano mettere alla prova nel quotidiano. Temo che sia la stessa cosa altrove rivelando che Renzi non solo non controlla i territori, ma non possiede neppure consistenti truppe interne di cui fidarsi nelle situazioni locali, che è il corollario di quella impossibilità di controllo generale della struttura ramificata di cui si è detto. Da qui la necessità di provare a cercarle le sponde locali in campo aperto. Piuttosto urgentemente direi, pena il ritorno sulla scena prima o poi dei boiardi di partito anche al centro, con la consegna del governo nazionale ai pericolosi partiti populisti che lo assediano ora dall’opposizione e che sommati sono ancora maggioranza.