In risposta a “The coming death of Venice”
8 Agosto 2013Piezze ‘e core’
9 Agosto 2013Prendo spunto da questa intervista che ha ormai più di quindici giorni perché condivido molte delle cose che il Principe, Francesco De Gregori dice in risposta alle domande del giornalista: http://claudiovelardi.com/
Ho detto che condivido molte cose, non tutte. Il suo atteggiamento assenteista di fondo nei confronti della politica non mi convince. Si potrebbe aggiungere che lui, col mestiere che fa, dalla sua torre d’avorio se lo può permettere un simile atteggiamento che non è sempre concesso a chi sta dentro e vuole rimanere dentro alle dinamiche della politica quotidiana. Tuttavia credo che sia utile l’osservatorio di una persona che guarda con distacco, perché il distacco almeno momentaneo consente di vedere limiti, debolezze a volte anche miserie da correggere. Consente l’autocritica.
In pratica emerge come la sinistra italiana e non solo italiana resti nel suo perimetro di consenso e, aggiungo io, non sia in grado (non sia mai stata in grado) di svolgere egemonia verso tutto il corpo della società, per l’autoreferenzialità del proprio bagaglio culturale e valoriale. Ciò che si dice il “politicamente corretto” evita sempre di definire la fonte di tale correttezza. Francesco è impietoso quando poi sottolinea come l’attuale “politicamente corretto” della sinistra sia un pot -pourri, «…un arco cangiante che va dall’idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità…”, avendo tra l’altro subito una mutazione genetica frutto di infelici e mal riuscite contaminazioni. Sta qui il nocciolo: questa continua ansia di dover dire “cose di sinistra” diventa un esercizio sterile, patetico, inconcludente anche e soprattutto per l’accostamento schizofrenico di elementi e di principi non identificabili e di cui soprattutto non è identificabile la fonte valoriale da cui provengono. Poi il poeta cantautore a parer mio si contraddice quando snocciola anche lui una lista di cose sue valoriali in fondo molto affini a questa cultura. E’ invece molto condivisibile una delle conclusioni quando sostiene che al tormentone insopportabile del “qualcosa di sinistra” da dire come giaculatoria si dovrebbe sostituire la più semplice ricerca del “qualcosa di sensato”, da dire e soprattutto da fare. Evoca in definitiva un atteggiamento pragmatico antiidelogico, a me piace dire “laico”, che alla lunga più che riuscire a “dire cose di sinistra” consentirebbe quantomeno di riuscire a metterne in atto, a “farne” almeno qualcuna. Dissento però con lui quando di fronte al succinto menù delle persone in campo nella politica in grado di fare questo salto, menù che il giornalista gli pone davanti, le liquida tutte per una ragione o per l’altra. Io credo invece che là dentro, tra le persone citate, qualcuno potenzialmente in grado di fare il salto verso una cultura politica nuova ci sia, anche se va atteso alla prova dei fatti. Ma questa è un’altra storia.