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28 Febbraio 2020Pubblichiamo un’intervista a Emanuele Dal Carlo, poliedrico e inesausto imprenditore, operatore tra gli altri nel settore della comunicazione e ultimamente co-founder di Fairbnb.coop, una interessante e innovativa iniziativa nel campo delle locazioni turistiche. Facendo seguito ad un articolo su questo tema recentemente pubblicato da Luminosi Giorni, lo abbiamo intervistato per saperne di più.
Emanuele, puoi spiegarci in due parole cos’è Fairbnb.coop e soprattutto la sua specificità rispetto alle altre piattaforme di affittanze turistiche di appartamenti privati?
Fairbnb.coop è una OTA (Online Travel Agency), piattaforma di booking online, che dona il 50% della commissione che applica ai viaggiatori a progetti di comunità legati alla destinazione. Ma detta così si capisce poco. È necessario contestualizzare e per farmi capire consentimi di partire un po’ da lontano..
Le industrie primarie sin dalla rivoluzione industriale (e per molti decenni a venire) sono state un modello di economia estrattiva, focalizzata unicamente nel profitto in un’ottica puramente imprenditoriale, totalmente indifferente agli impatti di carattere sociale, ambientale, culturale ecc. che la loro presenza aveva sul territorio circostante. Conseguenze in parte positive (posti di lavoro, possibilità di reddito) e in parte negative (l’esempio più facile è l’inquinamento ambientale ma non è il solo). Solo relativamente di recente, perlomeno per le grandi compagnie, si è imposto il concetto di (perdonami l’inglese) social sustainability, ovvero si è cominciato a capire che l’impresa è un organismo parte integrante del contesto sociale in cui opera e le deve essere richiesto di adottare un comportamento etico e socialmente responsabile, rispondendo alle aspettative economiche, ambientali, sociali di tutti i portatori di interesse, gli stakeholders, ovvero la popolazione, (tra cui ovviamente anche i lavoratori dell’impresa e il suo indotto) l’ecosistema, flora e fauna, che sono in qualche modo impattati dall’esistenza dell’azienda e non solo degli shareholders ovvero gli azionisti (che vedono, giustamente dal loro punto di vista, solo i dividendi).
Oggi l’industria (perché tale è) turistica si trova nella stessa situazione delle industrie primarie ai primordi: un modello economico appunto solo estrattivo. Fairbnb.coop ha l’immodesta ambizione di proporre il tema della social sustainability anche per l’industria turistica. Ovvero, per applicare i termini appena citati sopra, Fairbnb.coop non si pone nella sola ottica degli shareholders (i proprietari delle case) ma anche dei stakeholders, gli altri portatori di interesse tra i quali, nella fattispecie si inseriscono pure elementi immateriali come il bene pubblico costituito dall’esistenza in vita dei centri storici come luoghi abitati.
L’idea di base è che le comunità che ospitano il turista definiscano le regole di sostenibilità del mercato e traggano il massimo possibile delle risorse generate dell’attività economica correlata al viaggio e permanenza del turista favorendo così una economia più circolare e limitando gli effetti negativi del turismo al loro interno. Al momento le piattaforme tradizionali tendono a non fare grande attenzione al loro impatto sulle comunità in cui operano e d’altro canto i tempi di reazione delle comunità sono lunghissimi e incompatibili con la tempistica necessaria a prevenire i danni. L’esempio di Venezia è sotto gli occhi di tutti, non credo sia necessario entrare nei dettagli. D’altro canto, la tempistica e la natura dell’intervento legislativo, direi fisiologicamente, sono tali che rischiano di rendere dette azioni inefficaci, tardive o addirittura negative perché eccessivamente draconiane. Per questo è fondamentale cambiare l’approccio e mostrare sul campo come siano le piattaforme a dover dimostrare responsabilità sociale nelle aree in cui intendono operare, rispettando le leggi e lo spirito del luogo, contattando le amministrazioni locali e le comunità o addirittura decidendo di non operare se ci fosse anche solo il sospetto che possano essere nocive per la comunità; tutte cose nel DNA di Fairbnb.coop e che speriamo diventino di esempio per tutto il mercato.
Avrai letto l’articolo che LG ha pubblicato in merito ad una Proposta di Legge tesa a dare ai Sindaci il potere di limitare il diritto di locare a turisti nei centri storici. Qual è il tuo pensiero in merito?
Ritengo che qualsiasi passo in avanti nella iper-localizzazione del problema e della sua soluzione sia positivo. Auspico che le soluzioni siano però concertate con i cittadini, tutti, anche gli Host, quella categoria che spesso finisce in blocco sul banco degli imputati. Gli Host che in di fairbnb.coop definiamo “fair” e cioè che risiedono nella stessa città in cui operano e che ospitano a casa loro e/o che hanno al massimo una sola cosa sul mercato turistico hanno un impatto completamente diverso dai coloro, privati o partite IVA che possiedono molte proprietà tutte a profitto sul mercato turistico. C’è da dire poi che città come Venezia hanno problematiche completamente diverse da Jesolo o qualche sperduto paesino disabitato del Bellunese e quindi è sacrosanto che siano le comunità locali a decidere come e quanto vogliono che le affittare turistiche diventino un elemento caratterizzante della loro economia e assetto sociale.
Sono tutte considerazioni interessanti ma mi permetto di insistere su un punto chiave circa il quale non sono riuscito a capire il tuo pensiero: nell’articolo di LG si esprime la tesi che il mantenimento della vita residenziale nei centri storici sia un bene pubblico. E conseguentemente la necessità della sua tutela giustifichi la limitazione dell’utilizzo di una proprietà privata. Qual è la tua opinione in merito? E naturalmente, come vedi Fairbnb in questo quadro?
Personalmente sono assolutamente d’accordo che il mantenimento della residenzialità nei centri storici sia un bene pubblico e come tale vada tutelato, essendo l’affittata turistica una attività economica, spesso svolta in modo imprenditoriale, non vedo perché non possa essere regolata come lo sono ad esempio i bar ed altre attività economiche. Detto questo come fairbnb.coop noi siamo di default a favore di qualsiasi norma che metta la legalità e il bene comune al centro e siamo disponibilissimi a limitare la nostra operatività in qualsivoglia destinazione seguendo quelle che saranno le decisioni della comunità. Aggiungo che dove anche non ci fossero regolamenti e leggi tesi a questo fine, fairbnb.coop comunque applicherà di concerto con i propri referenti locali la nostra regola aurea del 1 Host = 1 House (ammettendo quindi solo host che hanno massimo una seconda casa sul mercato turistico ) e in zone particolarmente critiche come venezia richiediamo anche che l’Host sia residente.
Perché un utente qualsiasi, non interessato personalmente alle ricadute sulla collettività di utilizzare Fairbnb, dovrebbe preferire Fairbnb al circuito tradizionale?
Ritengo che la sostenibilità stia diventando un valore mainstream, connotante ed identitaria. Così come la gente sceglie una macchina ibrida o di mangiare NO OGM, KM Zero o Bio così sempre di più la gente farà scelte sostenibili anche quando pianificherà le proprie vacanze. Non siamo noi a dover seguire il grande pubblico, è il grande pubblico che si sta muovendo verso comportamenti “di nicchia”. Per noi sarà importante essere pronti quando avverrà questa evoluzione collettiva.
Chi e come sceglie le destinazioni di utilità sociale dei proventi di Fairbnb? E come ne verificate l’effettivo corretto impiego?
Al momento sono frutto della rete di relazione dei co-founder e partner nelle 6 destinazioni iniziali ( Amsterdam, Barcellona, Bologna, Genova, Valencia, Venezia ) ma già da primavera 2020 faremo delle vere e proprie call pubbliche nelle varie destinazioni affidando poi ai nostri partner locali il compito di fare le analisi preliminari e le verifiche su come il denaro viene impiegato ed il reale impatto sociale.
Parliamo di soldi: il fatto di destinare una quota dei proventi all’esterno impatta ovviamente sulla redditività del business. Tenuto conto dell’incremento dell’offerta di locazione breve un po’ in tutte le località turistiche (e non) e quindi del fatto che ragionevolmente i margini non siano quelli sontuosi di qualche tempo fa, non può rappresentare questo alla lunga un elemento di poca attrattività per gli operatori? In altre parole: prima ti ho chiesto perché un turista dovrebbe scegliere Fairbnb o non Airbnb; ora ti chiedo perché un proprietario dovrebbe fare la stessa scelta
Prima di tutto non siamo esclusivi, uno può essere su fairbnb.coop e su qualsiasi altra piattaforma, anzi noi incoraggiamo i nostri fair Host a essere ovunque, il loro successo è il successo di un un operatore legale e sostenibile. Noi applichiamo una commissione del 15% in modo trasparente al viaggiatore, all’Host chiediamo solo un contributo sui costi di transazione (circa il 2% ed unicamente sulla sua parte). Per l’Host cambia poco o nulla rispetto alle altre piattaforme se non che ovviamente il nostro progetto al momento è ancora in fase BETA e quindi non ha tutti i gadget e il livello di servizio che possono grattare le grandi OTA. Anche qui riteniamo che esista una discreta percentuale della domanda (gli Host) che ci sceglieranno per questioni identitarie e valoriali.