Coronavirus, la seconda lezione: il razzismo
15 Marzo 2020Coronavirus, la terza lezione: autonomia o centralismo?
20 Marzo 2020E’ stata opportunamente richiamata, da Luminosi Giorni, la tematica sulla regolamentazione degli affitti turistici nelle città storiche; un fenomeno che va in qualche modo regolato, in quanto rischia di sottrarre un sostanzioso numero di unità abitative al mercato immobiliare.
Le finalità prioritarie sono due, diverse e connesse: combattere lo spopolamento delle città storiche, soprattutto nella loro parte più antica, e cercare di limitare l’impatto del turismo massivo.
Riepiloghiamo le misure della proposta di legge Pellicani/De Giorgi:
-stabilire criteri di distinzione, per l’affitto turistico, tra attività occasionale e attività imprenditoriale, sulla base del numero di stanze da affittare. In attesa dell’emanazione del regolamento, la proposta di legge considera come attività di impresa la fornitura di alloggio per periodi inferiori a 8 giorni, qualora riguardi la gestione di più di tre camere, anche se distribuite in più unità abitative.
– rilasciare una licenza ai singoli proprietari, da parte dei sindaci, al fine di regolare il numero massimo di permessi e la durata massima annuale degli affitti temporanei. A tal proposito, si ricorda che la suddetta licenza riguarda i proprietari, mentre l’associazione di categoria degli host AirnBnB non necessita di licenza, in quanto secondo la Corte di Giustizia Europea non è fornitrice di servizi materiali, ma svolge un servizio della società dell’informazione.
– stabilire un limite di giorni di affitto su base annua, in caso di attività di affittanza non imprenditoriale.
Interessante la proposta dell’associazione di host Fairbnb.coop, apparsa su Luminosi Giorni, di destinare a progetti di comunità il 50% della commissione applicata ai turisti: una forma di integrazione con il contesto sociale in cui l’host opera. Fairbnb propugna che siano le comunità locali, a seguito di concertazioni, a decidere sui limiti e condizioni per le affittanze turistiche nei centri storici; si presume quindi che siano i sindaci a decidere sulla estensione delle affittanze turistiche.
Ritengo opportuno che la decisione sia da lasciare al sindaco, in quanto conoscitore del livello dello sviluppo locale. Questo perché la destinazione ad affitto turistico può rivitalizzare città o cittadine meno battute dal turismo di massa, e può contribuire alla crescita dell’economia locale.
E’ il sindaco che dovrebbe vigilare, prendere decisioni sul mantenimento o meno delle caratteristiche abitative e commerciali di quartieri e di zone di quartiere, decidere insomma se mantenere l’uso abitativo o consentire l’uso commerciale anche di vecchi edifici caratteristici e con valenza storica.
Un’altra proposta è quella di utilizzare il reddito di cittadinanza convertendo il contributo monetario in “un’agevolazione a riabitare la città storica” (Alessandro Leo, “Una città non vive solo di turismo” Repubblica 14.11.18). Ma questo è fattibile se chi ha diritto al reddito di cittadinanza possiede anche le risorse per riattare l’abitazione proposta, il che è da verificare. Bisognerebbe esplicitare l’entità dell’agevolazione.
In tema di mantenimento e crescita delle opportunità abitative, piuttosto radicali sono invece le proposte dell’Associazione Bianchi Bandinelli, con la sua Proposta di legge in materia di tutela delle città storiche (Convegno del 12/11/2018)
Accanto ad obiettivi generici che vertono sulla realizzazione di edilizia residenziale pubblica tramite interventi di recupero, cioè utilizzando il patrimonio immobiliare dismesso e il patrimonio demaniale, l’Associazione formula una impegnativa proposta di legge che, partendo dalla definizione di centri storici come “beni culturali d’insieme”, dispone che gli stessi siano sottoposti a disciplina conservativa. E più dettagliatamente, all’art. 5 della proposta di legge, propone un piano decennale per l’edilizia residenziale pubblica, attraverso “..l’erogazione di contributi a favore di Comuni caratterizzati da elevata riduzione della popolazione residente per l’acquisto di alloggi da cedere in locazione a canone agevolato”; e propone “la possibilità di subordinare il rilascio del titolo abilitativo, per interventi di recupero superiori o uguali alle quattro unità, alla stipula di una convenzione mediante la quale i proprietari si impegnano a locare, a un canone concordato con il Comune, una quota non inferiore al 25 per cento delle abitazioni recuperate assicurando la priorità ai precedenti occupanti”. Un decreto da emanarsi a cura del governo, non del sindaco.
In questo caso si invoca un intervento normativo centralizzato, all’insegna di un dirigismo vetero-statalista; l’associazione Bianchi Bandinelli, negli interventi dei suoi affiliati, esprime una marcata ideologizzazione che offusca la fattibilità delle sue proposte, le quali potrebbero avere effetti controproducenti: in una situazione di economia di mercato, potrebbero disincentivare l’attività di recupero dei beni immobili da parte dei proprietari.
Qualche ulteriore riflessione. Riguardo alla limitazione delle affittanze turistiche, soprattutto nelle nuove forme tipo Airbnb, è opportuno limitare l’uso massiccio di questa formula turistica, soprattutto se utilizzata dai grandi gruppi immobiliari; diverso è il caso di proprietà limitate, spesso ereditate, che possono recare ai piccoli proprietari preziose forme di integrazione del reddito.
E’ comprensibile la preferenza di molti proprietari di abitazioni per l’affitto turistico anziché per l’affitto abitativo, situazione quest’ultima in cui spesso il proprietario si trova di fronte alla morosità del conduttore.
La morosità in Italia è una condizione cronica, cui hanno concorso diversi fattori: indigenza degli inquilini, edilizia popolare poco sviluppata, mancati controlli periodici sugli aventi diritto, divergenze sui criteri delle graduatorie degli aventi diritto. Gli affitti brevi, turistici, compensano i proprietari di case con un introito certo. Inoltre, la futura destinazione dell’immobile ad uso turistico incentiva la sua ristrutturazione.
Quindi è condivisibile, per l’individuazione dell’attività occasionale, il criterio del numero di vani da immettere sul mercato turistico; più criticabile, e per il sottoscritto da abbandonare, il criterio del numero di giorni annuali in cui può essere permessa l’attività locativa turistica.
Situazioni dunque da valutare città per città, a cura del sindaco. Ma soprattutto sono da evitare le radicalizzazioni ideologiche. Spesso le associazioni di host, per il fatto di essere portatrici di interessi privati, sono definite lobby in senso svalutativo: è una vecchia abitudine – si leggano a tal proposito certi articoli dell’Espresso – , ma sono semplicemente associazioni di interessi, quali sussistono dall’una e dall’altra parte della controversia locataria; associazioni a pieno diritto, organiche al mondo del mercato.