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24 Dicembre 2024Le fragorose dimissioni del (ormai ex) Presidente dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, dal prestigioso incarico che ricopriva hanno colpito per il modo irrituale, le motivazioni e le dichiarazioni molto impegnative dello stesso.
In effetti la lunga intervista di Ruffini al Corriere assomiglia moltissimo se non a una discesa in campo a un saggiare il terreno per vedere che effetto che fa. Al netto dello scontato schernirsi (“fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli”) tutta la postura delle sue dichiarazioni era squisitamente politica. Quasi un manifesto di valori, un proporsi, appunto. Ora, ammesso che fosse un discorso di autoproposizione, la domanda è: per fare cosa?
Il campo di gioco è la vexata quaestio della rappresentanza del cosiddetto “centro” o, meglio, di quella parte di centro che tendenzialmente guarda a sinistra, la parte che guarda a destra essendo rappresentata (male, secondo me) da Forza Italia. Qui la maggior parte dei commentatori fa un pastone terribile in cui si (con)fondono due prospettive profondamente distinte. Vediamole nel dettaglio.
La prima è quella del cosiddetto “federatore” o, meglio, di un presunto “rifondatore” del progetto del cosiddetto Terzo Polo che aveva conquistato un buon 8% alle ultime Politiche (con potenzialità di crescita) ma è naufragato nella maniera miserevole che sappiamo. Era ed è un’area di chiara impronta liberale e riformista, certamente disposta a guardare ad alleanze col PD ma solo con questo, certo non con i Cinquestelle o AVS e quindi non inquadrabile nella prospettiva del “campo largo”. La titolarità della rappresentanza di quest’area era appunto del Terzo Polo, IV e Azione (con + Europa che stava in guardinga attesa per vedere dove conveniva buttarsi). Il TP è fallito per problemi e responsabilità endogene, è esploso e i frammenti della deflagrazione non se la passano bene. IV ha ritenuto che un centro liberale autonomo non abbia futuro e ha chiesto col cappello in mano di entrare nella coalizione di centro sinistra (peraltro ricevendone umilianti rifiuti). Di + Europa si sono perse le tracce e se ne sta acquattata in attesa di capire il modo migliore per garantirsi qualche strapuntino. Azione continua coerentemente a richiamarsi alla sua autonomia, ad appellarsi (giustamente) alla necessità di essere riformisti, prima che “di centro” o “moderati” che senza contenuti sono vuote etichette. Tutto giusto, anzi giustissimo però Azione pare aver perso il momentum.. I sondaggi la situano malinconicamente tra il 2 e il 3%, ha avuto perdite importanti ed è attesa da una stagione congressuale che potrebbe mettere a nudo divisioni interne significative. Insomma, per tutta una serie di motivi che non approfondiamo, Azione difficilmente ce la farà ad assumere su di sé tutta la rappresentanza dell’area. Sostanzialmente nella stessa posizione è Luigi Marattin (qui https://www.linkiesta.it/2024/12/luigi-marattin-intervista-centro-politico/ una sua recente lucidissima analisi) fondatore di Orizzonti Liberali ma è lecito chiedersi perché costituire un’altra sigla invece di confluire in Azione, così facendo esaltando frammentazione di un’area che avrebbe bisogno al contrario di unità. Insomma, un mondo turbolento e diviso, ad oggi poco attrattivo, pesantemente penalizzato dalla legge elettorale. La teoria del “federatore” consiste precisamente nell’ipotizzare una personalità, una figura di prestigio e non logorata dalle vicissitudini del passato (il classico “papa nero” insomma) che faccia piazza pulita di distinguo e personalismi, che incarni lo spirito riformatore e pragmatico del Terzo Polo recuperandone la costituency con una capacità attrattiva anche personale e una forza politica tale da compiere il miracolo di raccogliere il testimone del Terzo Polo e, non certo un dettaglio, mettere inevitabilmente in secondo piano i leader del passato.
Ruffini però non sembra proprio avere il profilo del “papa nero” sopra descritto. Sembrerebbe più calzante invece con la seconda prospettiva.
Seconda prospettiva che è un po’ quello che avrebbe voluto fare Renzi con la sua Italia Viva. Creare un’entità con la mission aziendale dichiarata di essere alleato organico del PD, stare nel campo largo e ampliarlo raccogliendo, ascoltando e comprendendo le istanze di tutto un mondo che non vota a destra se non proprio costretto da mancanza di alternative ma che è pure molto restio a votare un PD molto spostato a sinistra, la cui l’ala cosiddetta riformista mostra da tempo l’encefalogramma piatto (a proposito, bella domanda: ma dove sono, cosa fanno, i riformisti del PD?..). È un mondo composito, molto più largo dell’elettorato del ex TP perché comprende coloro che magari non si arrovellano particolarmente su temi riformisti propri del Terzo Polo, per cui termini come sviluppo industriale, semplificazione burocratica, industria 4.0 sono “titoli”, che sul posizionamento internazionale non sono così granitici e a cui della crisi Stellantis interessa il giusto. Sono quelli che potremmo definire genericamente moderati che anelano a una società tranquilla dove va bene i diritti ma che palle però, va bene i lavoratori ma questi scioperi non se ne può più, e poi la delinquenza, gli ospedali che non funzionano.. Insomma, un mondo che potremmo definire democristiano.. ed ecco uno degli atouts di Ruffini. È un cattolico di impeccabile pedigree. Zio cardinale, padre più volte ministro per la DC, protetto di Prodi, l’indimenticato campione dei campi larghi di tutti i tempi. Di immagine specchiata, con indubbi e certificati meriti come civil servant, l’ideale per rassicurare il mondo cattolico che una come la Schlein, che pare uscita dalle assemblee studentesche degli anni ’70, la sente lontana ed estranea. Un’operazione di marketing teoricamente perfetta. Ma appunto di solo marketing (per ora), una creatura sintetizzata in laboratorio, da riempire di vita vera. Vedremo se Ruffini rimarrà solo una suggestione o se ci saranno passi ulteriori. Indubbiamente gli ostacoli di cui sopra sono evidenti, in più Ruffini è un carneade, inevitabilmente la sua eventuale discesa in campo pesterà i piedi a molti (e per diverse ragioni). Facilmente rimarrà una suggestione o si rivelerà una meteora ma non lo darei per scontato. In fin dei conti essere un carneade presenta anche vantaggi.. non hai un’immagine appesantita dalle scorie del passato. Vedremo col tempo.
A margine, e fuori tema rispetto a quanto sopra, non si può non stigmatizzare le parole con cui il vicepremier Salvini ha salutato le dimissioni. Ruffini può vantare meriti indubbi sul recupero dell’evasione, sulla dichiarazione precompilata e in generale sull’efficienza della gestione, inclusa la facilità di comunicazione con l’Agenzia da parte del cittadino. Ha fatto (bene) il compito che gli è stato affidato, ha fatto il suo dovere. Non ha rapinato i contribuenti, non li ha vessati con richieste fuorilegge, ha solo raccolto il dovuto. Ora, le parole di Salvini: “le migliori fortune, ma ben lontano dal portafoglio degli italiani” colpevolizzano il contrasto all’evasione, cioè l’esercizio del potere dello Stato, sancito dall’art. 53 Costituzione (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”) di esigere dai cittadini soldi con cui far funzionare gli ospedali, le scuole, il welfare, i servizi pubblici e quant’altro. È tecnicamente una dichiarazione eversiva. Non è, si badi bene, un indirizzo politico, l’auspicio che lo Stato chieda poche tasse (che è una teoria liberale del tutto legittima), va al di là persino dell’infelicissima uscita di Meloni sul “fisco pizzo di Stato” che, con molta (davvero molta..) buona volontà potrebbe essere comunque considerata uno slogan politico. È un attacco a una persona perché ha fatto quello che lo Stato (e in senso ideale tutta la comunità) gli ha assegnato come compito. Come se avesse detto “ma basta con questi insegnanti che si ostinano ad insegnare qualcosa e ad affliggere gli studenti coi voti, stiano ben lontani dalle pagelle”, o “ma questi medici che curano gli anziani, che li lasciassero al loro destino” o se la fosse presa coi soldati dell’esercito che maneggiano le armi..
È inaccettabile e intollerabile. Ed è stupefacente che sia passata sostanzialmente sotto silenzio. Forse, chissà, perché non c’era una delle paroline magiche (tipo patriarcato, o fascismo, o genocidio, nemmeno diritti LGBT) che fanno scattare in automatico l’indignazione delle vestali del politically correct.
Strano Paese il nostro.
Immagine di copertina: © Istituto di Politica