
Sondaggio: la Sanità in Italia
17 Luglio 2025
Ricordo di Pier Francesco Ghetti, da noi intervistato, prima pubblicazione assoluta di LUMINOSI GIORNI il 10 ottobre 2011
21 Luglio 2025“Il tracollo dell’urbanistica italiana” del 2012 è l’ultimo libro scritto da Leonardo Benevolo prima di morire. Parliamo del massimo storico dell’architettura e dell’urbanistica i cui libri sono tradotti in tutte le lingue del mondo e sono testi base di tutte le università. Ma di quel libro che descriveva l’avvenuta cancellazione della pratica urbanistica in Italia, in favore di altre pratiche, così come del precedente “L’architettura del nuovo millennio” che descriveva la trasformazione del fare architettura come ricerca paziente di soluzioni abitative volta al miglioramento della vita degli individui e delle comunità in loghi pubblicitari inventati dalle cosiddette archistar volti alla promozione delle merci dei committenti, la cultura urbanistica e architettonica, e tanto meno la politica, si è ben guardata di parlare.
Parliamo di Milano perchè, come sempre accade, in assenza di politica, che è poi assenza di cultura, interviene la magistratura con poteri sostitutivi. Eppure, al di là degli aspetti penali di cui nulla sappiamo e poco ci interessano, la questione di Milano era davanti agli occhi di tutti coloro che volevano vedere. Va detto anzi, che oggi ogni città italiana è Milano, indipendentemente dalla correttezza dei singoli e diversi amministratori. Ogni città è Milano perchè le leggi urbanistiche italiane, che si sono succedute dalla metà degli anni novanta del secolo scorso, hanno distrutto il fare urbanistico e non consentono altri modi di gestione delle città di quelli di cui vediamo oggi le conseguenze.
Occorrerebbe qui una lunga digressione storica sull’evoluzione dell’urbanistica e delle sue leggi a partire appunto da quegli anni e in questa sede non è possibile. Mi limito a dire che la cancellazione dei Piani Regolatori delle città e del loro processo fortemente democratico e partecipativo di redazione e approvazione, sostituiti da procedure e strumenti sostanzialmente illeggibili da parte dei cittadini e che comportano infiniti tempi di elaborazione (otto anni di media per i Piani strutturali nella Regione Emilia/Romagna), ha spostato tutte le decisioni fondamentali dai luoghi del dibattito democratico e trasparente ai tavoli della contrattazione opaca: gli esempi che potrebbero essere fatti attraversano tutto il territorio nazionale e sono una costante strutturale del fare urbanistico attuale.
Ma i tavoli della contrattazione non riguardano evidentemente la maggioranza dei cittadini e i loro bisogni primari, ma sono riservati a coloro che hanno potere, politico o economico, di contrattare.
Per questo è completamente scomparso il dibattito sui destini delle città che animava le comunità urbane nei tempi in cui, come scrive Barbara Spinelli “l’urbanistica era una disciplina progressista, e in versione riformista o rivoluzionaria lavorava a fianco della sinistra, riformista e rivoluzionaria. E, la sparizione dell’urbanistica prima, e poi la sua trasformazione in alleata del sistema della rendita immobiliare e finanziaria, è diventato un pezzo non secondario della storia culturale dell’Italia dell’ultimo secolo”.
Il caso di Milano poi ci offre un esempio a dir poco grottesco di quanto accade. Tutta la questione riguarda il ruolo della Commissione per il Paesaggio e i suoi rapporti con il potere politico da un lato e imprenditori e architetti dall’altro. Chi decide se si fanno torri o altro a Milano e dunque chi bisogna convincere da parte di operatori, tecnici, o politici? La Commissione per il Paesaggio, un organo consultivo che si esprime, come recita l’apposito regolamento “esclusivamente in relazione agli aspetti paesaggistici”, formato da soggetti che lavorano a titolo gratuito (e non si capisce perchè professionisti qualificati e probabilmente non disoccupati dovrebbero perdere il proprio tempo in quella Commissione, o, forse, si capisce), e che esprimono pareri del tutto arbitrari tali da potere essere ribaltati all’occasione. Se intrighi o sollecitazioni più o meno lecite si svolgono intorno a questa Commissione e non intorno a luoghi tecnicamente e giuridicamente abilitati, o a luoghi deputati al confronto politico sulle scelte economiche, sociali e strutturali per la città, luoghi evidentemente irrilevanti, come possiamo sorprenderci della misera di quanto stiano assistendo.
Che il PD difenda il proprio sindaco è normale e doveroso, ma che il PD e le altre forze di sinistra in Consiglio Comunale siano da decenni ciechi sul profondo degrado delle modalità di governo delle città dà il segno del livello a cui è giunta la politica in Italia.
E’ meglio, a questo punto, non alzare lo sguardo dall’urbanistica a fatti di ben maggiore entità che stanno segnando la nostra epoca e verso i quali le forze politiche segnano un analogo sbandamento e con conseguenze ben più gravi.
Immagine di copertina @Urbanfile



