Asse Roma-Venezia, nel segno del turismo
21 Gennaio 2012Venezia, laboratorio politico per una cultura delle nuove sintesi
24 Gennaio 2012L’Italia è il paese che possiede almeno il 70% del patrimonio storico artistico tutelato dall’Unesco.
Eppure è anche il paese dove il ministro della cultura afferma “con la cultura non si mangia”, e dove crollano i muri di città che hanno oltre 2000 anni.
Oggi il nostro paese non solo non produce più opere degne di ammirazione ma non riesce nemmeno a gestire quell’enorme patrimonio che i nostri avi ci hanno tramandato.
Opere e beni che il mondo ci invidia e che dovrebbero essere il vero “petrolio” nazionale sono abbandonate nell’incuria.
Venezia non è da meno nello sport nazionale dello scempio d’autore: gli scandali internazionali delle mega-pubblicità sui monumenti e del passaggio delle mega-navi nel bacino di S.Marco, gli ecomostri al posto dei tradizionali pontili Actv etc.
Ma l’Italia oltre alla mala gestione del suo patrimonio storico e ambientale, sta diventando anche il paese delle svendite di beni storici pubblici per coprire i buchi di bilancio. Il ministero del Tesoro con varie leggi ha permesso le vendite e ne ha fatto a più riprese una delle prime voci di bilancio per risanare il debito (oltre a condoni, scudi fiscali, sanatorie etc)
Anche in questo Venezia è in prima linea; già nel 2005 (battendo sul tempo metropoli come Roma e Milano) ha iniziato la fase di cartolarizzazione degli immobili storici del comune con il loro trasferimento alla Società Vecart S.r.l. che lanciò obbligazioni per milioni di euro. Poi nel 2009 con la creazione del fondo Immobiliare “Città di Venezia” gestito dalla Est Capital che acquista gli immobili pubblici grazie a un finanziamento bancario a un prezzo dal 15-20% inferiore a quello di mercato per ricavarne una ricca plusvalenza.
Il debito pubblico aumentata e accumula interessi passivi che rischiano di non poter essere ripagati se non con continue vendite o con emissione di nuovo debito a interessi ancora più alti fino a creare una spirale perversa con rischio di default.
Queste politiche di svendita non hanno una logica virtuosa, perchè i beni pubblici dotrebbero invece essere valorizzati, creando reddito, lavoro e/o utilità sociale se gestiti efficacemente oltre ad aumentarne il conto patrimoniale grazie alla loro rivalutazione nel tempo. Il peggiore e ultimativo modo per fare cassa è quello di vendere i gioielli di famiglia, come il caso di un nobile decaduto che ormai senza reddito, per tirare a campare, si vende quadri, mobili e poi la casa intera.
Vogliamo qui ricordare due momenti storici in cui la Repubblica di Venezia necessitava di grandi risorse in breve tempo e adottò politiche diverse: nei primi anni del 1400 per far fronte alla flotta di Genova azzerò il salario di tutti i funzionari pubblici, e un secolo dopo contro il pericolo della Lega di Cambrai (praticamente tutte le potenze nazionali europee) diede ordine a tutti di portare in zecca oro e argento per coniare moneta per pagare le truppe.
Come avevamo già segnalato in un precedente articolo, il comune di Venezia in teoria avrebbe fonti di finanziamento supplementari rispetto ad una normale città: aziende municipalizzate e partecipate ricche e fonte di entrate extra (come Trasporto pubblico e Raccolta Rifiuti), Casino (unico caso in Italia, gli altri due sono statali), tassa di soggiorno, Musei, Spiagge, Legge speciale per Venezia, Aereoporto, Garage pubblici, oltre alla gestione del marchio immagine, concerti in piazza, sponsor per restauri eventi, film, matrimoni etc. etc
Ma nonostante ciò i buchi di bilancio si allargano e i nostri rappresentanti hanno già iniziato a vendere pezzi del patrimonio immobiliare pubblico, senza considerare i cittadinanza vera titolare dei beni pubblici.
L’ultima vendita in ordine di tempo Ca’ Corner della Regina, che fu residenza della Regina di Cipro Caterina Cornaro (che donò addirittura l’isola di Cipro alla Serenissima dopo che era rimasta vedova del suo Re). Con il bonifico di 40 milioni di euro da parte di Prada in extremis a fine anno si è riusciti a rispettare il patto di stabilità e coprire il buco di bilancio lasciato dalle minori entrate del Casinò (anch’esso messo in vendita a privati), scelta sofferta per non svendere le quote di Save (ora che la borsa è giù.., ma anche i costi degli immobili sono ai minimi degli ultimi 10 anni, e non si capisce come si potrebbero vendere le azioni Save che danno un utile ogni anno). Ma sembra che l’anno prossimo servano alienazioni per altri 200milioni per chiudere in pareggio il bilancio, e se non si troveranno bisognerà introdurre nuove tasse. (1)
L’amministrazione comunale è pronta a vendere altri pezzi come (2): Palazzo Rava Giustiniani, Palazzo Soranzo, Palazzo Nani, Palazzo Bonfadini, Palazzo Zaguri, Palazzo Costa, Palazzo Foscari-Contarini, Palazzo Colleoni. Ma non è solo il comune che vende, anche L’Asl ha ceduto intere isole, La Rai ha messo sul mercato Palazzo Labia, Palazzo Querini Dubois (Poste) sarà un hotel 5stelle dopo che il comune ha concesso il cambio di destinazione d’uso. E il Fontego dei Tedeschi sarà un centro commerciale Benetton, dopo la vendita di Poste e le lunghe polemiche sulla destinazione d’uso. Per non essere fuori moda anche la Regione ha annunciato il piano di dismissioni pubbliche degli immobili “non strumentali a fini istituzionali” attraverso un apposito fondo immobiliare.
Palazzo Corner e Fontego saranno solo in parte suite di lusso in affitto, come concessione di compromesso ma come il caso del Mulino Stucky insegna, la restante parte non è certo andata per la residenzialità. Del resto è stato stimato da Italia Nostra (3) che il 30% delle case è di proprietà di stranieri o non residenti, e da Venice in Peril che l’80%** dei lavori e nel settore turistico.
Oggi siamo scesi sotto i 59.000 abitanti e nulla viene fatto per attrarre un altro tipo di turismo meno dannoso per la città. La città che senza servizi per gli abitanti e con negozi di paccottiglia diviene sempre più anonima, come la laguna che svuotata della sua originale morfologia diviene come un anonimo spazio di acqua. Il tema sempre caldo del riuso delle aree dismesse, se ne parla ancora senza fare nulla, come la tanto annunciata riconversione di Marghera in area tecnologica scientifica etc. o la valorizzazione dell’Arsenale.
Forse mancano le capacità locali di valorizzare i beni e si fa appello all’esterno come l’ultimo caso Prada che ricalca quello Pineault e ancora quello Caltagirone.
Non ci sono più soldi per le manutenzioni perchè li assorbe tutti il Mose? Forse il Mose salverà Venezia dalle acque.., ma ci sarà ancora qualcosa da salvare? e chi salverà Venezia dalle cattive amministrazioni? Ma allora non sarebbe meglio commissionare tutto e far gestire da uno speciale fondo dell’Unesco? E perchè non indire un referendum sulle svendite dei beni pubblici (come è stato fatto in altri comuni) e far decidere la cittadinanza titolare del diritto?*
Se non si farà nulla, dopo 150 anni dall’annuncio, rischia di avverarsi la famosa previsione di chi ha saputo capire e amare Venezia: “il monito che si sprigiona da ogni onda risuona come un rintocco funebre quando si frange contro le pietre di Venezia” (J.Ruskin) (4) O come nella visione di J.Clair in cui i turisti “sono come truppe d’assalto alla conquista di una terra armati di macchine fotografiche, pronti a sparare verso l’obiettivo che si vuole conquistare. Senza guardare le minuscole tracce che la città sa ancora offrire all’occhio attento, piccole tracce che stanno mano a mano inesorabilmente scomparendo. Di fronte alla vergogna delle mercanzie vendute oggi rispetto allo splendore del passato crediamo che l’antica repubblica si sprofondi dalla vergogna..” (5)
Conclusione e orientamento per il futuro:
Noi crediamo che il patrimonio pubblico debba essere concepito non solo in termini di protezione e tutela, ma anche di valorizzazione economica e culturale per la cittadinanza. I palazzi pubblici invece di essere venduti dovrebbero dare un reddito e magari anche un utile per le casse pubbliche oltre a costituire un bene fruibile per cittadini e city users. I veri titolari del bene sono infatti i cittadini che danno mandato temporaneo agli amministratori per gestirlo e non per alienarlo. I disavanzi di bilancio vanno coperti con le entrate correnti e non con il patrimonio.*
- I debiti per interessi accumulati andrebbero forse cancellati sic stantibus come dell’Islanda insegna, innescando un circolo virtuoso, sembrava sull’orlo del fallimento e invece è diventato un caso positivo di partecipazione in rete e di sviluppo trainato dalle data factory e dall’internet economy. → http://eliotroporosa.blogspot.com/2011/07/islanda-quando-il-popolo-sconfigge.html
(1) (corriere.it 3/1/12)
(2) http://www.limen.org/BBCC/tutela/Conservazione%20delle%20citt%E0/Censimento%20patrimonio/Venezia/Cartolarizzazioni%2005.htm
(3) http://www.italianostra-venezia.org/index.php?option=com_content&view=frontpage&Itemid=1&lang=it
(4) “the stone of Venice di Ruskin ed Rizzoli
(5) E La ville morte di J.Clair ed Gallimard