
Spettatori impotenti
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Dal dire al fare, uno
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La scena politica di Bologna è spesso considerata un laboratorio per quella nazionale: tutti i partiti del centro sinistra, e non solo, guardano con interesse e attenzione a quanto succede nella città felsinea.
Nel recente passato, Bologna è stata teatro di storiche scelte politiche (la svolta della Bolognina); dell’emergere di alcune figure divenute poi di primo piano a livello politico nazionale (si pensi ad esempio al sen. Casini e al prof. Prodi); della nascita di movimenti che hanno contribuito a cambiare lo scenario politico italiano (il primo “Vaffa Day” del Movimento 5 Stelle e il raduno delle “Sardine”, eventi svoltisi entrambi in Piazza Maggiore).
Può essere quindi che un’analisi di quanto sta succedendo per le prossime amministrative in questi giorni, aiuti a capire meglio anche lo scenario nazionale.
Campagna elettorale
La campagna elettorale è partita in sordina con poco interesse da parte dei cittadini bolognesi, quasi si trattasse di una questione squisitamente interna al Partito Democratico. Sembra pressoché scontato che il candidato del partito diventi il Sindaco della città e del territorio metropolitano.
Tendenzialmente la nostra città, negli ultimi mandati, è stata amministrata bene e le classifiche sulla qualità della vita hanno premiato l’attuale giunta. Tuttavia, leggendo attentamente la classifica del “Sole 24 Ore”, si nota che “non è tutto oro quello che luccica” e alcuni parametri di valutazione danno da pensare: soprattutto, suggeriscono i temi su cui lavorare e su cui basare un programma politico, anche in contrapposizione all’attuale governo.
Ci sono poi da considerare gli effetti della pandemia, che ha purtroppo toccato due settori cardine dell’economia cittadina: il commercio ed il turismo.
All’inizio il dibattito politico è rimasto distante dai problemi della città, per concentrarsi piuttosto sul nome del candidato che il Partito Democratico avrebbe proposto e sulla fazione che avrebbe vinto la battaglia intestina. Nessuna possibilità, quindi, di risvegliare l’interesse dei cittadini.
Poi qualcosa cambia: il sen. Renzi ipotizza che l’attuale sindaca di San Lazzaro di Savena (piccolo paese dell’hinterland bolognese, in realtà quasi un quartiere cittadino) potrebbe essere la candidata giusta per governare Bologna, in quanto giovane donna che ha dimostrato in questi anni una giusta determinazione e saldi principi.
Dopo il rincorrersi di molte voci, Isabella Conti conferma di presentarsi come candidato alle primarie del centrosinistra.
Le primarie
Finalmente la campagna elettorale cambia tono: fervono le discussioni tra i cittadini e le forze politiche del centro sinistra prendono posizione. Anche il centro destra partecipa al dibattito.
Queste primarie sembrano già la corsa per l’elezione a sindaco e anche a livello nazionale fioccano gli endorsement per i due candidati: Matteo Lepore, assessore alla cultura e delfino dell’attuale sindaco, a rappresentare il Partito Democratico e un centro sinistra che sembra sempre più spostato a sinistra; Isabella Conti, outsider controcorrente, rappresentante di un centro sinistra che guarda ai moderati di ogni colore tanto che qualcuno, a Bologna e anche fuori città, la vede già a capo di un movimento lib-dem che possa raccogliere quegli elettori di destra che faticano a trovarsi negli estremismi di Lega o Fratelli d’Italia. Si tratta di quel popolo di indecisi e di disillusi che molte compagini politiche in questi anni hanno cercato di accogliere, non ultima la squadra del Presidente ligure Toti e del Sindaco veneziano Brugnaro.
Anche il PD cittadino si spacca in due e alcune figure chiave del partito e dell’attuale giunta si schierano con Conti, in contrapposizione al candidato ufficiale.
I temi politici
In realtà tutte queste illazioni e supposizioni si basano su poco o nulla, dato che solo in questi giorni vengono pubblicate le prime idee e le prime proposte. I candidati hanno già fatto trapelare molto, ma le discussioni si basano più su assunti quasi ideologici, dimenticando che mai come nelle elezioni amministrative, contano più gli obiettivi e la pragmaticità degli aspiranti primi cittadini.
Inoltre, in questo caso, entrambi i contendenti sono espressione del centrosinistra bolognese, cresciuti politicamente sotto l’ala del Partito Democratico di cui sono rappresentanti fin dalla adolescenza. Per ora stanno cercando di allargare la loro base elettorale parlando con le varie “facce” della città: il primo punta più al dialogo con i Quartieri, che costituiscono la spina dorsale della città; la seconda propone invece una visione “green” del futuro, strizzando un po’ l’occhio agli ecologisti.
Anche loro però non si sottraggono alla personalizzazione della politica e quello che dovrebbe essere un civile confronto sulle diverse interpretazioni dei problemi della città, si è trasformato in uno scontro personale, dove i sostenitori dell’uno e dell’altra si schierano prendendo acriticamente le parti del proprio leader. Le proposte per il futuro della città, in tal modo, si perdono, sovrastate da questo rumore di fondo che, ormai in tutte le occasioni di contraddittorio politico, diventa assordante. Talmente assordante che le forze politiche estranee a questa battaglia interna al PD non hanno voce né spazio.
Gli altri
Gli stati generali del centrodestra non hanno ancora deciso il nome di un candidato né la linea politica da tenere. Anche le due forze che in Italia detengono il primato di preferenze, almeno dai sondaggi, non riescono a distogliere l’attenzione dalla corsa Lepore-Conti, quasi ad indicare un’assenza di opposizione. Così anche nelle altre grandi città in cui si andrà a votare, il centrodestra non riesce ad esprimere una linea univoca ed un candidato, quasi ad aspettare che le forze avversarie si schierino, prima di decidere il da farsi.
Rimangono fuori anche altri due partiti, Azione e il Movimento 5 Stelle, che pur nella loro assoluta diversità e contrapposizione hanno fatto la stessa scelta: non partecipare alle primarie e – così come la coalizione di destra -, stare alla finestra ad aspettare.
Conti non cerca il sostegno del Movimento 5 Stelle, che d’altronde non la ama. Anche in questo caso non si scende nei dettagli della proposta politica, ma ci si ferma all’etichetta “Renziana” appiccicata alla candidata, peraltro poco adatta al suo forte carattere indipendente.
I Pentastellati, dunque, sperano nella vittoria di Lepore, che si è già detto disponibile ad un possibile accordo in vista delle elezioni. Accordo che, secondo molti (l’assessore Aitini in primis), potrebbe essere il preludio per un’alleanza territoriale più ampia, forse anche nazionale.
La situazione poi si complica, perché il Movimento non partecipa alla coalizione delle primarie e – se vincesse Lepore -, la squadra che si presenterà alle elezioni dovrà tenere in considerazione gli accordi fatti in quella sede. Al riguardo, la candidata di San Lazzaro chiede a gran voce che non ci siano intese con i 5 Stelle.
Anche Azione aspetta di sapere chi sarà il candidato sindaco, per poter parlare del programma redatto nei mesi precedenti. Tuttavia, forse per la posizione avversa al partito di Di Maio o forse perché attratti dalle sirene del grande centro liberal-democatico, all’interno del partito di Calenda c’è qualcuno che preferisce Conti, sorvolando sul convergere delle proposte. D’altra parte anche chi tende verso Lepore, lo fa ancora senza avere in mano le sue proposte dato che la Fabbrica del Programma è appena partita.
Conclusione
Tre sono i punti che mi piaceva sottolineare al termine di questo excursus sulla situazione politica bolognese che, a mio avviso, influenza anche la scena nazionale:
L’eccessiva personalizzazione del dibattito politico distoglie l’attenzione dalle soluzioni dei problemi di gestione della cosa pubblica. Sebbene in una elezione amministrativa la figura del candidato sindaco rimanga centrale, non possiamo ridurre la discussione ed il confronto ad una mera battaglia tra fazioni ideologizzate, senza approfondire le proposte e la linea politica di ciascun contendente. Bene hanno fatto i Verdi ad organizzare un confronto “all’americana”, con i due candidati: stesse domande poste ad entrambi con possibilità di scelta se ribattere o meno a quanto detto. Dovrebbe diventare lo standard di un qualsiasi dibattito pubblico: uno o più temi su cui i singoli candidati esprimono la propria idea e le proprie proposte.
Le primarie sono ancora lontane dall’essere uno strumento utile. Servirebbero regole certe, univoche e non adattabili ad ogni singola occasione. Norme per l’ingresso delle varie compagini politiche in coalizione e su come si devono comportare una volta definito il vincitore, per evitare che lo scontro duro e violento tra fazioni distrugga quanto si cerca di costruire. Servono anche procedure precise, per definire chi ha il diritto di voto: senza si rischiano importanti inquinamenti da parte di forze, politiche e non, estranee alla coalizione.
La scena politica, locale e nazionale, è ancora confusa: qualsiasi sia la compagine politica non ci sono idee e proposte accattivanti e , che siano in grado di catalizzare l’attenzione degli elettori. Questa forse è la causa della estremizzazione dello scontro e della battaglia di slogan a cui assistiamo tutti i giorni: senza idee, l’unico modo per prevalere è il vuoto attacco violento e personale. Questa mancanza è la premessa del successo che sta avendo Mario Draghi. Scevro da ogni colorazione o ideologia l’attuale Capo di Governo propone, per quanto possibile, soluzioni ai problemi: una per tutte, la pragmaticità del Generale Figliuolo in contrapposizione alle “Primule” di Arcuri. L’unico esponente politico che in questo contesto, sta di fatto proponendo valide soluzioni anche in ambito amministrativo, basate su dati certi e studi accurati, è Carlo Calenda, nella sua corsa come candidato a sindaco di Roma. Ma non si vedono altre figure simili all’orizzonte.
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