Pass4Venice, l’uovo di Colombo per regolare i flussi
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1 Ottobre 2021In questi ultimi mesi di campagna elettorale la discussione tra i candidati alla carica di Sindaco di Bologna e della città metropolitana è stata ampia e, fortunatamente, pubblica. I momenti di incontro e confronto, organizzati da mezzi di informazione, associazioni e ordini professionali, hanno permesso di affrontare molti dei temi che caratterizzano la nostra città.
I punti di maggior interesse mediatico sono però rimasti i soliti: la sicurezza in centro storico, la realizzazione del passante di mezzo, l’introduzione del tram.
Affrontare la complessa mobilità cittadina esaminando solo queste ultime due grandi opere è un tentativo, a mio avviso poco riuscito, di recuperare i voti dei Nimby petroniani: pochi cittadini che si oppongono a tutte le scelte dell’amministrazione, qualunque sia il colore politico. Si tratta, infatti, di progetti ormai in stato avanzato che sono stati discussi per anni; volerli stravolgere, rimettendoli sul tavolo delle decisioni, non è altro che il tentativo di bloccare lo sviluppo della città.
La sicurezza e il decoro dei nostri quartieri è invece un tema ancora irrisolto, che rimarrà tale se ci soffermiamo alla sola area antistante il Teatro Comunale. Bisognerebbe avere il coraggio di estendere la discussione ed iniziare a parlare del necessario controllo del territorio dentro e fuori le mura, magari con proposte pragmatiche e condivise, con magistratura e forze dell’ordine, per combattere non solo spaccio e prostituzione ma anche le piccole e medie irregolarità e per riportare il rispetto della legalità.
A mio avviso un tema importante e sentito è invece rimasto solo velatamente accennato: toccato durante le primarie con la candidatura di Isabella Conti, considerata da alcuni l’emblema della lotta al corporativismo, e riproposto dal candidato di centrodestra negli ultimi confronti con l’accusa a Matteo Lepore di essere troppo vicino alla Ascom, soprattutto dopo il sostegno ricevuto da Gianluca Galletti.
È un tema sicuramente delicato che spiega, in parte, il malcontento di una certa sinistra verso il partito.
Non si può negare che il governo senza soluzione di continuità del PD in città e in provincia abbia consolidato il legame con i centri di potere cittadini. Una naturale conseguenza della collaborazione necessaria per il governo del territorio, simile a quanto succedeva nel bianco veneto governato dalla Democrazia Cristiana.
Voluta o non voluta questa conservazione dello status quo potrebbe non aiutare ad affrontare quanto ci aspetta nei prossimi anni. L’evolversi rapido e veloce della nostra società e del mondo che ci circonda non ci permette di utilizzare modalità di lavoro consolidate; serve innovare, in modo disruptive o con piccoli passi, anche il normale rapporto tra la politica e gli stakeholders del territorio.
Poiché le ultime accuse di Battistini hanno puntato il dito sull’ipotetico legame tra il partito e la Ascom, voglio prendere come esempio la situazione del commercio a Bologna, anche se lo scenario è simile in molte altre città Italiane. (Ringrazio Gianluigi Bartoli e Renzo Ruggieri per la profonda analisi da cui ho tratto spunto).
Come succede in tutta Italia, anche a Bologna la Grande Distribuzione Organizzata ha ormai una posizione dominante nel panorama dell’offerta commerciale. I Negozi di Vicinato, come è chiamato il Piccolo e Medio Commercio Indipendente, hanno perso negli anni il loro ruolo, eroso dal basso da una serie di esercizi commerciali improvvisati.
La pandemia ha poi aggiunto la concorrenza del commercio on-line, a cui anche noi Italiani ci siamo velocemente abituati.
Il negozio indipendente, specializzato e di nicchia o generico, ha avuto fin dagli anni ’50 un importante ruolo economico e sociale. Oltre a garantire un servizio di distribuzione capillare sull’intero territorio nazionale, il “negozio di vicinato”, forse in modo non voluto, ha anche svolto una funzione di presidio del territorio diventando luogo di socializzazione e di aggregazione.
La presenza delle vetrine, accese fino al tardo pomeriggio, trasforma i quartieri dormitorio delle nostre città in piccoli centri, villaggi all’interno della città stessa. Mentre il pizzicagnolo e il tabacchino tengono o, meglio, tenevano vivi i piccoli paesi lontani dai grossi centri.
Questo ruolo era ed è favorito dalle competenze dei negozianti: non solo venditori ma spesso consulenti che guidano il cliente nelle scelte, anche le più semplici.
La presenza di molti esercizi improvvisati, spesso nati al limite delle regole, non garantisce la stessa funzione sia per la mancanza di qualità ma, soprattutto, per la scarsa preparazione di chi li gestisce.
Il Comune di Bologna, assieme alla Regione e alla Camera di Commercio, hanno in questi anni attuato diverse misure per incentivare il commercio. serve però uno spunto ulteriore per l’ammodernamento e l’aggiornamento dei negozi indipendenti, piccoli e grandi, e certe scelte, come quella di ridurre l’area del CAAB a favore di Fico, non sembrano coerenti con la necessità di valorizzare i negozi dei nostri quartieri.
Cosa può fare dunque la nuova amministrazione per invertire la tendenza descritta?
Torna il tema della sicurezza e del decoro richiamato all’inizio di questo scritto, ma l’interesse non può essere concentrato solo all’area universitaria, deve essere esteso a tutto il territorio metropolitano con una particolare attenzione al rispetto delle regole da parte di esercizi improvvisati o abusivi (questi ultimi, tra l’altro, concausa della situazione di Piazza Verdi)
Si potrebbero poi prevedere dei percorsi facilitati per la formazione e l’aggiornamento dei commercianti e dei loro dipendenti in modo da garantire un servizio di qualità adeguato alle esigenze di cittadini sempre più informati e curiosi.
Con la stessa modalità di dovrebbe facilitare il rinnovo anche fisico dei negozi e dei loro affacci su strada.
Ed infine promuovere il rinnovo dell’offerta, aiutando i giovani imprenditori e i progetti innovativi che caratterizzino e rendano maggiormente disponibili le proposte commerciali.
Se vogliamo migliorare la qualità della vita dei nostri quartieri serve rivitalizzare il piccolo commercio indipendente rinnovandolo e rinforzandolo, meglio se con l’aiuto delle grandi corporazioni ma senza fossilizzarsi sulle loro posizioni.