CONO DI LUCE Leggere italiano a Parigi
14 Gennaio 2020Il porto di Venezia ha perso la linea diretta di trasporto container con Cina e sudest asiatico. Il consorzio Ocean Alliance che riunisce le principali compagnie portacontainer di quella parte di mondo, dopo mesi di strazio e di pazienza, non ha rinnovato il contratto, confermato invece per gli altri porti italiani. Tra cui Trieste, oggettivamente nostro concorrente su questo mercato, dove adesso verosimilmente stanno scorrendo fiumi di champagne.
Perché i canali di accesso al Porto si sono nel tempo lentamente riempiti e per garantire il pescaggio necessario e sufficiente alle grandi navi portacontainer dovevano essere riportati alla profondità di progetto. Navi che in questi anni hanno fatto la spola con l’Asia Pacifico, portato merci e materie prime e soprattutto lasciato denari alla nostra economia: si parla di un milione di fatturato a “toccata”. Un’attività di manutenzione ordinaria, non scavo di nuovi canali, non interventi devastanti, solo il mantenimento dell’esistente. Non che non ci fossero i soldi per l’operazione. L’Autorità di Sistema Portuale aveva diligentemente accantonato 23 milioni per procedere alla gara però scavare vuol dire riportare alla luce i fanghi del fondale. E apriti cielo. Da tempo immemorabile si sta aspettando che il Ministero dell’Ambiente emani il Protocollo Fanghi che stabilisce i criteri di caratterizzazione distinguendo quelli “buoni” da riutilizzare per il ripristino della morfologia lagunare e quelli “cattivi”, inquinanti da portare a discarica. Sul tema discarica, poi, la Salvaguardia (emanazione dello stesso Ministero dell’Ambiente) deve rilasciare le autorizzazioni e anche qui è un pianto greco. Leggendaria la lentezza con cui procede la pratica dell’innalzamento di un metro – un metro! – dell’isola delle Tresse per ospitare i fanghi inquinanti. Ma l’elenco dei provvedimenti persi nel porto delle nebbie della Salvaguardia è lungo..
Insomma, il delitto perfetto, così perfetto che viene il dubbio che l’assordante silenzio del Ministero non sia solo frutto di irresponsabile inettitudine ma sia stata una mossa voluta per fare un piacere agli interessi dei porti concorrenti. Non lo sapremo mai mentre sappiamo bene che voleranno in altri lidi circa 50 milioni, mica bruscolini. Per capire la dimensione: in passato avevamo stimato che il traffico crocieristico equivale a 150 milioni all’anno. Stiamo parlando dunque di un colpo al cuore alla nostra industria più importante, a quel Porto per cui avevamo appena salutato l’istituzione della ZLS, che da solo vale un terzo di tutto il volume di affari delle famigerate crociere.
Sarebbe stato da aspettarsi una sollevazione di scudi, i social traboccanti di interventi preoccupati e sdegnati. E invece solo le reazioni (scontate) di Comune e Confindustria, peraltro non ferocissime. Il coraggioso e bravo Presidente del Porto Pino Musolino lasciato solo a predicare nel deserto. L’amica Associazione Una e Unica ha pubblicato l’articolo del Gazzettino che annunciava la notizia e ha ricevuto un-commento-uno per di più di soddisfazione (del tipo “via i giganti del mare dalla Laguna”). Ma assoluta indifferenza dalla città dei mille comitati, della mobilitazione costante, dell’incazzatura facile (diciamolo..), delle “reti” di cittadini attivi e solerti.. Di fronte a uno scandalo del genere, ad una retrocessione di fatto del nostro Porto, muta. E silenzio assordante pure dalla pletora di potenziali candidati Sindaci, fatto salvo per possibili interventi nei prossimi giorni, nel qual caso sarei felice di essere smentito. Ci sono ben altre cose di cui occuparsi, per esempio le sorti dell’Antica Posta e la mobilitazione in favore non, si badi bene, di un recupero “evocativo” dell’antico manufatto (che sarebbe ragionevole e auspicabile) ma di una ricostruzione tal quale quando sarebbe un falso storico (non c’è rimasto nulla) e soprattutto sarebbe priva del contesto circostante come nel famoso quadro del Canaletto. Oppure, giorni prima, per le vigne dei frati oscurate dall’hotel in progetto all’ex gasometro (attenzione: non tanto per l’ennesimo hotel ma per le vigne!!). Andando indietro nel tempo gli esempi non mancano. I ripristini dei masegni, gli alberi, il marciapiede sconnesso.. Queste sono le cose che appassionano e mobilitano. Altro che 50 milioni in meno di fatturato.
Resta la sensazione di fondo che il Porto, fonte di occupazione per 20000 addetti, la maggiore industria della città dopo il turismo, che incarna una vocazione storica di Venezia, che costituisce uno degli asset di importanza strategica per tutta l’area metropolitana, continui a essere vissuto come una cosa “altra”, un pianeta alieno. Credo che sia dovuto al fatto che non lo si “vede”, non c’è un affaccio fisico percepito, come può essere per Genova o Trieste o Livorno dove è parte integrante e ineludibile della città.
Questo nel migliore dei casi. Poi c’è il mondo ambientalista -conservatore – nostalgico – Venezia Shangri La per il quale il Porto è il Nemico per eccellenza per questioni ambientali.
Poi però diciamo che bisogna combattere la monocultura turistica, che bisogna attrarre abitanti e posti di lavoro, che bisogna pensare al rilancio green di Porto Marghera..
Eh già..