Castigat ridendo mores: ancora a proposito del libro “La bussola del dubbio”
8 Giugno 2023Vestire la fascia
19 Giugno 2023Che la politica oggi sia donna, almeno all’anagrafe, è un dato positivo. Sintomo di una visione del mondo, inimmaginabile fino a qualche decennio fa. Che al governo e al principale partito di opposizione ci siano due donne, l’una contro l’altra armate, è innovativo per un paese come l’Italia, ancora tanto indietro su molte questioni di costume. E non solo di costume. Direi rivoluzionario. Non è altrettanto rivoluzionario, però, il tipo di gradimento che ne fanno gli italiani, o meglio, quella fetta importante di elettori italiani che ha consentito il trionfo dell’ultradestra. Sì, perché il 25 settembre del 2022 è l’ultradestra che ha vinto. E con essa, sotto le sembianze di una giovane donna ingentilita da lunghi capelli biondi e orecchini appariscenti e inequivocabilmente femminili, ha trionfato un modello di capo forte e autoritario che non ha nulla di femminile o di attento ai problemi delle donne. Non lo è nell’approccio muscolare e apodittico. Non lo è nei contenuti.
Di contro abbiamo la neo eletta segretaria Elly Schlein a capo del partito democratico. Una figura poco gradita all’apparato, ma fortemente voluta dagli elettori democratici di ieri e di oggi, quelli vicini e quelli lontani al Gotha del partito, attenta tanto alla questione femminile, quanto a quella sociale, del lavoro e a quella delle minoranze. È una figura che è stata voluta senz’altro per il suo carisma e per la forza innovativa delle sue idee. Osannata nel momento del trionfo, ma denigrata subito dopo, perché, si sa, l’elettorato di sinistra è sempre intransigente quando scopre una sia pur minima pagliuzza sul fondo dell’occhio.
Quello che facilita in questo momento l’operato del governo è l’accorata difesa del giorgiapensiero da parte di molti giornali. Per non parlare della forza propagandistica delle televisioni, private e – ahimè – pubblica, che in una sorta di rivisitazione moderna e un tantino meno spudorata dell’Istituto Luce osannano un giorno sì e un giorno anche le prodezze della premier. Di sicuro quest’ultima possiede ottime qualità comunicative, ma sembra inspiegabile e quasi paradossale l’ostinazione con cui se ne trascurano uscite gravissime e atti infelici. Suoi e della sua corte familistico-amicale.
È tutto comprensibile, per carità: la crisi economica; il bisogno di aggrapparsi a un leader forte che ci dia sicurezza, una sorta di mamma con attributi maschili che ci contenga e ci protegga dalle insidie interne (l’ancora attualissima idra rossa, riportata alla luce da Berlusconi e mai sepolta) e da quelle esterne (immigrati e partner europei invidiosi e pronti a colpire alle spalle); la gioia di avere qualcuno che ci rinnovi ogni giorno l’orgoglio di essere italiani e faccia ardere quella fiamma patriottica che è in ognuno di noi. Tutto si spiega, ma ci dovrebbe essere un limite a questa retorica stucchevole che piace tanto alla gente. Sì, perché a fronte di tanta melassa, c’è un’indifferenza spregiudicata verso i più deboli, verso le minoranze e verso le persone oneste. Cos’altro devono ancora sentirsi dire gli italiani? Le dichiarazioni della premier sulle tasse, definite “pizzo di stato”, hanno inflitto un’umiliazione a tutti quei cittadini onesti che le tasse le pagano e che vedono in un sistema fiscale equo la premessa di uno stato sociale efficiente e giusto. Passato in cavalleria anche questo: ma sì, dai, che male avrà fatto la Meloni a dire quelle cose in una città come Catania dove si registra un’alta incidenza di evasione fiscale? Uno scivolone? Neanche a pensarlo, considerata l’astuzia della premier.
Di cos’altro ha bisogno, allora, l’elettorato di Meloni per aprire gli occhi e cogliere tutte le oscenità ostentate con la sicumera di chi si sente invincibile? E perché, invece, della sua omologa avversaria, la segretaria Schlein si vogliono cogliere solo gli aspetti più naif e in presunta contraddizione con i principi ispiratori di quello che dovrebbe essere un partito di sinistra? È solo un problema di comunicazione o si tratta di un difetto endemico di un popolo immaturo, il nostro, che, per giungere a una democrazia piena e risolta, ha bisogno di passare per una fase di “democratura”? Che altro non è che una democrazia malata? Ne è prova la sfiducia, che gli elettori stessi di sinistra hanno iniziato a nutrire nei confronti di Schlein subito dopo le elezioni amministrative appena concluse. Quest’ultima si è trovata a governare un insieme abborracciato di correnti e di pensieri. Con garbo e cautela si sta muovendo, nella consapevolezza che un terremoto sarebbe devastante e che anche un semplice cambiamento ha bisogno di tempi di decantazione. Si è presentata non di certo con la forza muscolare, ma con quella della ragione, della condivisione. Ha esposto con chiarezza pensieri e strategie. Finanche nella tanto criticata intervista a Vogue. Ma nient’altro che armocromie e simili amenità da borghesuccia della ZTL si è voluto cogliere. Nient’altro che contraddizioni da radical chic che non conosce i sacrifici e che si fa forte dei suoi illustri natali e del suo pedigree. Nient’altro che un ibrido di provenienze culturali, in contrasto con quell’italianità che dovrebbe invece caratterizzare una vera leader politica italiana.
Quando Berlusconi scese nell’agone politico, si diceva “lasciamolo lavorare”. Sarebbe opportuno che anche l’elettorato, potenziale e fattuale, di Elly Schlein aspettasse, osservasse, ne monitorasse l’azione politica. Chi in passato, a sinistra, per raggiungere popolarità, ha scimmiottato la leadership della destra, portando avanti istanze demagogiche, urlate con foga e con l’astuzia del pifferaio magico, si è schiantato contro un muro. Un vero leader di sinistra, proprio perché non può tradire la propria natura democratica, è portato a condividere. Forse la segretaria del PD non è la persona giusta, e i fatti ce lo diranno, ma il suo essere così interlocutoria e quindi così diversa dalla sua avversaria, le conferisce un’identità di tutto rispetto e un innegabile valore aggiunto. Se poi ha dei parenti blasonati, genitori dotti e gusti sessuali non in linea con i dettami della famiglia tradizionale, saranno pure fatti suoi. Non sono certo queste le credenziali che ne decreteranno il successo politico.