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23 Giugno 2025
La Nassa, metafora politica
26 Giugno 2025E’ del 1776 la dichiarazione di indipendenza americana in cui vengono sanciti i principi fondanti tra cui il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità. Tutti gli uomini sono creati uguali e dotati di diritti inalienabili, affermando il principio della sovranità popolare e il diritto del popolo di cambiare o abolire il governo quando questo non rispetta i diritti naturali. Pietra miliare di quella categoria dello spirito che è diventata l’Occidente, fu seguita dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino nel 1789 che è uno dei testi fondativi e ineludibili i cui valori e principi sono stati accolti in tutte le costituzioni, fino alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata e proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Insieme al motto Libertè, egalitè, fraternitè, nato dalla rivoluzione francese questi testi hanno posto le basi imprescindibili della convivenza umana su basi umaniste, illuministe, egalitarie fondate sui diritti inderogabili e non cedibili dell’uomo, di tutti i tempi, di tutte le religioni, di tutti i paesi e di tutte le etnie e senza distinzioni di sesso. Questo ovviamente sulle carte! La realtà è un’altra cosa, infatti a livello mondiale la stragrande maggioranza dei paesi prescinde da quei valori, le diseguaglianze di “razze”, di classe e di sesso sono la norma, e quei valori e quei diritti sembrano dei privilegi per pochi. E pur recitando che sono valori universali sembra siano appannaggio solamente delle popolazioni privilegiate dell’Occidente: Europa, Stati uniti e pochi altri. Tutti pericolosamente comunisti? No, semplicemente a difesa della dignità e dell’integrità dell’uomo tout court, quella che sembra non avere più alcun valore.
Infatti in questi tempi sembra che anche questo benedetto occidente vacilli, sembra che voglia derogare da quei punti saldi che sembravano inderogabili, sembra che ormai siano obsolete tutte le organizzazioni internazionali che vigilavano su un ordine mondiale a tutela di quei diritti che ormai vengono stracciati con disinvoltura e nel silenzio di chi dovrebbe garantirli.
Cosa è successo? Cosa è cambiato? Credo fondamentalmente che la cesura sia data dalla tempesta delle destre che ha investito il mondo, sconvolgendo quello che per 80 anni pensavamo ormai immutabile ed eterno.
Alla faccia di chi diceva che non esistono più differenze tra destra e sinistra, credo che il caos mondiale al quale stiamo assistendo sia determinato da questa “internazionale di destra” che ha iniziato a scavalcare tutti i paletti, tutti i punti fermi, tutte le regole e le norme del diritto internazionale imponendo un nuovo disordine fondato solo sulla forza e sulla supremazia di chi ce “l’ha più duro!”
Le destre? Quali destre? Basta fare una veloce carrellata a volo d’uccello per capire dove è spirato questo vento. Pur nella diversità e pur avendo caratteri differenti queste destre, di varia intensità, più o meno neofasciste o post fasciste, neonaziste, o semplicemente illiberali o democrature hanno tratti che le accomunano e che le rendono affini negli obiettivi e soprattutto nei metodi. Come del resto anche la sinistra ha dei caratteri che le accomunano e che le rendono decisamente opposte alle destre.
Ma qual è il campo semantico che lega tutte le destre a varie latitudini? Quale è il filo rosso, o meglio nero, che le unisce? Quali categorie sono il contrassegno di questa internazionale nera?
Innanzitutto il primo tratto è il conservatorismo, il bisogno di cristallizzare le istituzioni e i valori tradizionali, di frenare i cambiamenti nella società che però sono talmente profondi che sono irrefrenabili, e si ergono a strenui avversari della cultura “woke” e gender; l’autoritarismo e l’elenco dei leader delle cosiddette democrature è lungo, da Putin a Erdogan a Trump a Netanijahu alla teocrazia iraniana, ad Al sisi in Egitto o l’argentino Milei, etc. Anche a casa nostra sembra voglia imporsi a partire dall’idea del premierato e del desiderio di liberarsi da ogni controllo e imporre bavagli sulla magistratura, sull’informazione e limitare o arginare gli organi di controllo nei confronti dell’operato del governo; Il nazionalismo che, di volta in volta, assume sfumature e modelli variegati, a partire dal patriottismo de noantri (il motto Dio, casa e famiglia dei nostri “patrioti”), il bisogno di tutelare la purezza e l’identità nazionale, fino ad anacronistiche forme antiglobaliste, di protezionismo e isolazionismo; Il concetto di libertà individuale soprattutto in campo economico, con un liberismo che vuole essere scevro da controlli e limitazioni, e, come abbiamo visto a casa nostra nell’era berlusconiana e in America con “Trusk”, quando il potere economico acquista e assembla nelle proprie mani anche il potere politico, il capitalista al potere non può operare a favore della gente comune per eliminare le disuguaglianze, anzi le approfondisce, in antitesi, quindi, con il principio di uguaglianza con cui stride e lo rende inapplicabile; il sovranismo e suprematismo bianco americano, il sionismo israeliano, di cui non è necessario sottolinearne i danni; l’incapacità di vedere le esigenze che vengono dal basso, classista, sessista, escludente, imperialista. E se ognuno di questi nazionalismi si scontra con quello del paese accanto, se ognuno punta al monopolio della forza, facendo tabula rasa del diritto internazionale, svuotando di senso e di significanza le organizzazioni internazionali in nome dei propri diritti nazionali che escludono i diritti degli altri, in modo tale da imporsi con la forza, la coercizione e l’umiliazione dell’altro, ecco che l’altra categoria delle destre è il militarismo, l’essere guerrafondai che si arricchiscono con l’industria della morte. Conoscono solo l’uso delle armi, della violenza, ignorano le idee di egualitarismo, di solidarietà che quindi restano appannaggio della sinistra! Altra categoria il razzismo, in nome di una presunta superiorità della “razza”, della sicurezza, della tutela degli interessi nazionali minati dallo straniero che perciò stesso si configura come nemico!
Guerre economiche, guerre commerciali, guerre calde, guerre preventive, stermini. Un mix tremendo ma che è il portato di questi ingredienti figli di questa fase di diffusione delle destre che confliggono tra loro generando un clima in cui la paura e il terrore di nuove guerre e nuovi attacchi genera insicurezza e bisogno di militarizzarsi. Se contrapponiamo un nazionalismo ad un altro nazionalismo, non può che esserci come conseguenza che uno stato di guerra perenne. Come per gli uomini: come ci spiega Hobbes, se gli egoismi allo stato di natura si scontrano ne consegue uno stato di guerra tra gli uomini che può essere controllata solo dallo “stato civile”, così i singoli nazionalismi potevano essere mitigati solo dalle organizzazioni internazionali o sovranazionali che invece sono state spazzate via dall’arroganza e dalla prepotenza dei personaggi che si ritengono al di sopra delle leggi.
E anche le ultime elezioni europee hanno visto uno spostamento a destra degli equilibri europei e un processo di fascistizzazione di molti paesi dell’Europa, che ha visto consolidarsi le destre neo-e post-fasciste come l’avanzata del Rassemblement National in Francia, o il successo del AFD in Germania, così come il consenso di Fratelli d’Italia nel nostro paese. Credo che questo giustifichi anche le posizioni europee di aumento delle spese belliche, il riarmo, i silenzi dinanzi agli orrori di Gaza, l’accondiscendenza dinanzi alle follie e intemperanze di Trump. Sono sodali, ergo affini, ergo non possono opporsi o condannare le loro politiche. Complici di tutto ciò che succede perché compiacenti in stato di soggezione. Diffusa è oggi la fascinazione per l’autocrazia e per la politica imperialista dell’Occidente a trazione USA e per il ritorno di rigurgiti nazionalisti e fascisti che chiudono la prospettiva social-liberal-democratica dell’Europa e ci avviano verso un’opzione neo-autoritaria.
E così vengono meno l’idea di Europa come progetto politico di cooperazione e sviluppo, l’idea di spazio comune da difendere, di democrazia da tutelare, di giustizia e di pace che dovrebbe impedire il dilagare della violenza, dello strumento della forza come risoluzione delle controversie internazionali. Si corrode dall’interno la forza dell’Unione europea, la sua capacità di rispondere unita a minacce esterne. L’arbitrio la fa da padrone, la prepotenza e l’arroganza del potere politico minacciano e calpestano ogni limite costituzionale.
Concludendo la destra è foriera di conflitti e guerre. Laddove prevalgono i nazionalismi si sfocia nei conflitti, laddove si impone l’idea della forza si vanifica la politica, laddove predomina la violenza siamo tutti noi a perdere, è la convivenza a fallire, è l’umanità a regredire! E si riaffaccia il “sottofondo tribale della nostra specie, un sottofondo di antagonismo tra Stati-tribù incompatibile con la concezione della liberal-democrazia”.
Se la guerra è un fenomeno connaturato alla nostra storia, stavamo cercando di sconfiggerla, grazie ad organismi sovraordinati agli stati per regolare l’uso della forza nelle relazioni internazionali. Un approccio comune e universalistico fa la forza in qualsiasi contesto dove operano soggetti collettivi, e dunque anche nelle relazioni internazionali, dove i soggetti sono gli Stati che agiscono in nome della collettività che rappresentano. Ma se questi hanno come priorità l’affermazione di sé ai danni dell’altro niente può fermarli e il conflitto diventa inevitabile.
Destra e sinistra, pertanto, non sono vuote categorie ma costituiscono le polarità fondamentali del sistema politico, sono 2 visioni e interpretazioni del mondo contrapposte, un’idea di uomo e di società, rappresentano la dicotomia nell’organizzazione della polis, il modo in cui costruire una comunità, con cui orientarsi e strutturarsi, con cui intessere relazioni. E’ scegliere di essere inclusivi o escludenti; credere nell’uguaglianza e nell’equità o approfondire le differenze; credere nella solidarietà o deportare; volere un mondo che punta alla redistribuzione della ricchezza o approfondire divari economico-sociali; credere nella presenza dello stato nell’economia o… liberi tutti! E’ decidere tra avere una forte figura carismatica, una entità statale forte, che accentri i poteri di polizia, sicurezza, difesa o un approccio più democratico dal basso. Tra il leaderismo che porta ad identificare il partito con l’uomo forte e chi non ama il livellamento al pensiero unico del leader. Tra chi rivendica diritti e chi invece tende a sottrarli o comprimerli. Tra progresso e conservazione. Tra posizioni filoatlantiche o filoputiniane. Filoisraeliane o filopalestinesi. Non sembrano semplici sfumature o differenze irrilevanti.
Ovviamente nel nostro mondo così complesso è forse una forzatura un’analisi così schematica e polarizzata ed è anche vero che le guerre ci sono state anche in contesti storici diversi anche dopo la seconda guerra mondiale ma è anche vero che probabilmente non è un caso che l’esplosione di queste guerre e la non volontà di fermarle sia coincisa in questi ultimi anni con l’esplosione di queste “democrature” illiberali e di destra e con la configurazione di questa “internazionale nera”.
Le destre così declinate sono pronte ad armarsi e inevitabilmente si schierano le une contro le altre armate. Parlare di bombe atomiche non è più un tabù, è stato “sdoganato”! E grazie ad un’informazione prona stanno persino “anestetizzando le nostre coscienze”.
E di fronte ad una diffusa e conclamata “normalizzazione delle bombe” a noi non resta che prefigurarci scenari post-apocalittici, un angosciante senso di impotenza e forse di rassegnazione.
Ma non si era detto mai più?



