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11 Novembre 2025La vittoria di Mamdani alla carica di sindaco di New York stimola molteplici riflessioni sul rapporto politica/società, quantomeno nel mondo occidentale, anzi Pan Europeo, come preferisco chiamarlo, dal momento che occidentale è termine troppo estensivo e in definitiva nebuloso. E New York in particolare può ancora considerarsi un pezzo di Europa trapiantato
Questo giovane semisconosciuto dall’ascesa veloce e dirompente nell’opinione pubblica della Grande Mela ha sconfitto il candidato ‘moderato’ del suo stesso partito con un programma che i commentatori hanno all’unisono definito socialista, se non anche “comunista”: massiccio intervento pubblico nel suo programma, a favore di servizi essenziali e di base di ogni tipo per sostenere gli strati più disagiati della popolazione della metropoli. E’ fuori discussione che anche e soprattutto in una città opulenta e consumistica al massimo, con oltre 7 milioni di abitanti (ma con più del doppio nell’intera area metropolitana) esistono comunque centinaia di migliaia di disagiati, specie nella popolazione non bianca e non anglosassone. Per dire: l’abitare a New York, tutta non solo Manhattan, è un lusso, immaginiamoci, per capirci, quello che per l’Italia è Milano con il suo caro vita, ma forse anche molto di più.
Adesso Mamdani è aspettato al varco dagli oppositori, esterni, Trump in primis, ma anche interni al suo stesso partito, che lo sfidano a mettere in atto quelle che a loro sembrano per ora solo belle promesse irrealizzabili. Intanto però questo giovane uomo di famiglia molto acculturata, ha dimostrato coraggio e attitudine ad esporsi, a mostrare la faccia e rappresenta una novità anche nel panorama della cosiddetta sinistra democratica. Il suo non è un programma cifrato da quella che oggi si chiama cultura woke, basata sui diritti, sulle mere libertà civili e su un impianto da ‘politicamente corretto’, appannaggio probabilmente del candidato moderato sconfitto, ma un programma pienamente sociale che interpreta la politica democratica come azione per riportare alle pari opportunità il più possibile di persone. Come dire: riportati alla pari quanti è possibile, da lì può semmai cominciare la partita del merito e la competitività, altri caposaldi Pan Europei, che però per ora, essendo prevalenti, restano il motore iniquo della società. Da sconfiggere, secondo Mamdami, che è dichiaratamente anticapitalista.
Quello che però è significativo, ma è una conferma, è che comunque il voto metropolitano (ricco e benestante in prevalenza e mediamente colto) si conferma anche negli Usa un voto non solo genericamente democratico, ma disponibile, almeno in questo caso, ad un programma socialisteggiante senza alcun problema, senza fare un plissé. E va rilevato che nei numeri i due candidati democratici messi insieme lasciano le briciole a quello trumpiano. Lo schema sembra essere insomma quello che si va affermando nella Pan Europa, America compresa, da qualche decennio. Sono andato a rivedermi la mappa della vittoria di Trump nel ’24 (avvenuta in ogni caso per un’incollatura di voti sulla Harris) e dice tutto. Negli Usa Trump vince nell’America profonda del centro e del sud e perde ai bordi, che sono per superfice dei lembi, ma dove si accentrano i due terzi della popolazione di tutto lo Stato. E, appunto, per vincere Trump ha bisogno di uno spazio enorme, rarefatto, molto più marginale, dove, anche per i contatti più scarsi, può proliferare una cultura rancorosa, diciamocelo, più rudimentale e diseducata, adatta alla sua, chiamiamola, cultura politica, che ben conosciamo. È la periferia vera, la collocazione geometrica non c’entra. Io la chiamo anche l’America dei Simpson. Le poche grandi città del centro profondo, penso a St. Louis, per esempio, sono delle pseudo metropoli, in realtà, sterminati paesoni privi di vera cultura urbana, non per caso di origine ‘pionieristica’. Nelle metropoli/megalopoli vere dell’est e dell’ovest, e nell’unica vera metropoli interna, Chicago, Trump perde e la musica è diversa.
Tralascio di evidenziare troppo la apparente, ma, a pensarci bene, altrettanto evidente contraddizione che ormai da anni si rileva su questo rapporto geo sociopolitico che ha invertito lo schema più elementare: sinistra che rappresenta il popolo marginale e periferico e destra quello ricco e tendenzialmente colto. E all’origine, forse, era così. Tuttavia, una volta venuti meno i rapporti di classe o di ceto tradizionali, questo dato ha oggi nella maggior cultura urbana metropolitana una spiegazione, dal momento che la sensibilità democratica si basa su maggiore razionalità, pensiero e riflessione (e viceversa). Si conferma pienamente il famoso detto ”la città rende liberi”.
Anche da questa parte dell’Atlantico, nella vecchia Europa, ci sono conferme evidenti di questo schema, che pure non va preso alla lettera. Dove ciò che genericamente si assegna alla sinistra democratica si alloca nelle realtà macro-urbane, a tutte le scale, per altro, e viceversa. Nel senso che questa cultura ‘aperta’ cambia verso in tutto ciò che risulta periferico, più marginale e defilato, privo di questa tradizione. La Brexit fu l’esempio perfetto. L’universalismo europeista non era in discussione in una metropoli multiculturale come Londra, ma appunto nella remota Cornovaglia, e in tutte le Cornovaglie inglesi determinanti nel voto di uscita dall’Europa. A Parigi stessa cosa, socialisti al governo, e lì con contrasto nella sua stessa banlieue da cui comincia irradiandosi in tutte le direzioni quella rivolta della Francia profonda che alimenta il lepenismo, a suo agio al sud e soprattutto nel centro spopolato a bassissima densità di popolazione e veramente marginale. Quello che con i gilet addosso rifiutava l’aumento della benzina, chiudendo la bocca ai ricchi Parigini e Lionesi beneficiati da servizi pubblici e dai metrò uno al minuto, che invece nel centro francese non hanno certo, dovendo coprire distanze enormi solo con l’uso dell’auto.
Si può spaziare e si sconfina ad est teoricamente meno occidentale o meno Pan Europeo. Orban non è forse votato in Ungheria nella campagna profonda, anche nella mitica Puszta, ma non nella europeista e democratica Budapest? Persino in Turchia si può leggere questo schema, se è vero che Erdogan viene sostenuto dall’immensa Anatolia ma non in quella altrettanto immensa metropoli che è Istambul, laica e liberal democratica, dove ormai vedi molte più donne per strada senza velo che con il velo, sensore non da poco.
In Italia le grandi città, Milano, Roma, Napoli, e anche quelle medie sono in prevalenza governate dal centro sinistra. Invece dove domina la cosiddetta città diffusa, gli hinterland del disseminato sub urbano che dalla pianura si inoltrano nelle valli, anche qui l’Italia profonda prevale (facendolo regolarmente vincere) il centro destra, anzi direi la destra. Non è più la provincia di una volta, sonnolenta e pigra. È un territorio che oggi è totalmente connesso a tutto il resto, ma periferico culturalmente, pensa semplice. E vota semplice, un tempo DC, oggi Lega o FDI, a seconda della latitudine. E anche il meridione nel suo complesso è assimilabile a questa sacca, del resto con una tradizione in tale senso se si ricorda il voto monarchico e quello clientelare democristiano. Venendo al Veneto, alla Lombardia e al Nordest non sarà un caso se le città capoluogo, da Bergamo a Udine, città medie non metropoli, sono governate dal centro sinistra, seppure per poterlo fare la postura moderata è stata d’obbligo. Le città capoluogo, ma nelle Valli bergamasche e soprattutto a Cittadella, a Conegliano, a Castelfranco lo schema s’inverte.
Tutto questo scenario, che parte da New York e arriva a Cittadella rischia di essere semplificatorio e sin troppo schematico. Le smentite son dietro l’angolo, appunto Venezia docet. E poi ci si può chiedere a che serve constatarlo, posto che sia una novità. È vero, non è una novità e qualcuno potrebbe anche aggiungere: okkei e quand’anche?
Beh, che chi fa politica debba rendersi conto di quali sono le condizioni e le relative pulsioni socioculturali della gente che s’intende rappresentare non mi pare cosa superflua. Lo fanno in pochi. Commenti se ne leggono tanti, spaziano di qua e di là, ma i bisogni, la cultura diffusa, il sentimento, correlati alle condizioni oggettive, in politica mi paiono sottovalutati. In fondo nello scenario Pan Europeo stanno prevalendo due radicalismi netti e opposti, espressione di due culture con relative geo localizzazioni. Nel profondo dei territori anonimi prevale una cultura che si può dire rozza? Si, me ne dispiace, ma non è esagerato, è culturalmente depressa e di conseguenza intollerante, chiusa, sentendosi continuamente vessata anche quando non lo è, con l’ossessione delle tasse. La cultura di destra è ‘la sua tazza di thè’, per dirla con un motto inglese. Nelle ricche e opulente metropoli la cultura, il maggior benessere complessivo, mettono in condizioni di poter esprimere orizzonti politici contrassegnati perfino da ideologie utopiche, invariabilmente sinistrorse, perché tanto chi ci vive se lo può permettere, con un raffinato e snobistico gioco del pensiero. Con pancia molto piena e soffice golf di cashmere chi vive nelle ricche metropoli se lo può permettere, soffocato dalla ideologia e soffocato perciò da un’appartenenza altrettanto a-critica, che cancella in un colpo solo la riflessività e la razionalità teorica di partenza, rivelandosi alla lunga minoritaria nel complesso generale di ogni stato. Perché i grandi numeri nell’insieme prevalgono dall’altra parte. Paradossalmente il voto popolare a Mamdani, forse decisivo, ha una maggior logica e razionalità, il voto a Mamdani dei concittadini colti e ricchi è frutto di questo cortocircuito sociale e culturale. Ripeto, tutto molto schematico, ma, ritengo, con qualche buona ragione a sostegno.
Del resto, è una storia se vogliamo anche vecchia. Non scordiamoci di Pasolini, che aveva messo a fuoco la palese contraddizione: i figli di papà sessantottini romani – appunto, metropolitani – che a Valle Giulia inneggiavano addirittura al maoismo e che picchiavano i poliziotti, provenienti invece dall’Italia profonda, allora, quasi sessant’anni fa, ancora parzialmente contadina. Lui, acuto, parteggiava per i poliziotti, perché quel loro mondo l’aveva conosciuto. E adesso quel mondo, in un territorio tuttavia molto mutato, politicamente forse non conquista le città, New York o Padova che sia, ma contrattaccando le assedia e le tiene in scacco, le rende ininfluenti, globalmente, cioè, vince.



