
Una magistratura quanto indipendente?
30 Novembre 2025L’interminabile discussione sulle risorse assegnate alla sanità si concentra in generale su quale percentuale di Pil le è destinata e, nella comparazione con gli anni precedenti, si stimano i roboanti teorici tagli sopportati dal comparto. In questa breve nota si cerca di collocare la spesa per la sanità nel contesto del welfare italiano, interrogandosi se questo sia così avaro nei confronti del benessere dei cittadini cui verrebbero negati costituzionalmente garantiti diritti, quello alla salute in primo luogo.
Merita riprendere alcuni dati dalla più recente edizione di Welfare Italia Index 2025 promosso da Unipol in collaborazione con Teha Group: nel 2024 il welfare ha assorbito 669,2 miliardi di euro, il 60,4% della spesa pubblica. Scusate se è poco. Eppure, nonostante questa imponente massa di risorse, c’è una generalizzata insoddisfazione nella quale, accanto alla sanità, si lamenta l’inadeguatezza delle politiche assistenziali e, solo per un inciso perché non sta bene ignorarla, la scuola (per la quale l’attenzione presto svanisce).
E allora, per gli amanti delle considerazioni basate sulla quota di Pil riservata alla sanità, vale la pena ricostruire le quote destinate alle diverse componenti del welfare: pensioni, sanità, assistenza, scuola, in quella comparazione europea sempre richiamata quando si tratta di sanità.
Complessivamente in Italia le spese per il welfare nel 2023 hanno assorbito 31,3% del Pil: appena al di sopra della media dell’Eurozona (31,2%) e superiore alla quota di Pil destinata al welfare in Germania (30,9%) e Spagna (29,1%). Irraggiungibile invece è la Francia con quasi sei punti percentuali in più, al 37,1%.
Da questi dati si può affermare che non c’è, in Italia, nessuna “macelleria sociale”, come affermano con sconfortante regolarità certi personaggi politici e certi sindacalisti, a corto di idee e di proposte concrete. Se si sposta l’analisi sulla distribuzione di questa spesa tra le diverse aree del welfare, emerge una realtà più articolata dalla quale si possono trarre altre evidenti conclusioni.
Alla previdenza in Italia va il 16,0% del Pil, quota ben superiore alla media dell’Eurozona (12,3%) alla quale si allinea la Spagna (12,4%). Decisamente al di sotto della media (11,3%) è l’incidenza della previdenza in Germania (i lavoratori tedeschi scontano le più alte retribuzioni con basse pensioni) mentre la Francia si avvicina (14,5%) al dato dell’Italia, con le pensioni che sono anche qui un terreno di acceso scontro politico e sociale.
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Componenti welfare % PIL 2023 |
Pressione fiscale % PIL 2023 |
Servizio debito % PIL 2023 |
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| Previdenza | sanità | Sociale | istruzione | Totale | |||
| Italia | 16,0 | 6,5 | 4,9 | 3,9 | 31,3 | 41,4 | 3,8 |
| Francia | 14,5 | 8,9 | 8,7 | 5,0 | 37,1 | 45,6 | 1,8 |
| Germania | 11,3 | 7,5 | 7,6 | 4,5 | 30,9 | 40,1 | 1,0 |
| Spagna | 12,4 | 6,6 | 5,9 | 4,2 | 29,1 | 37,1 | 2,5 |
| Eurozona | 12,3 | 7,0 | 7,3 | 4,6 | 31,2 | 40,5 | 1,8 |
| Italia vs Eurozona | 3,7 | – 0,5 | – 2,4 | – 0,7 |
0,1 |
0,9 | 2,0 |
Spesa per componenti welfare, pressione fiscale, interessi su debito in % PIL 2023: Italia e altri paesi a confronto.
Questo surplus destinato alla previdenza viene pagato dalle altre componenti del welfare:
- alla sanità in Italia va il 6,5% del Pil, mezzo punto sotto la media dell’Eurozona (7,0%). Una percentuale in linea con quella della Spagna (6,6%) ma distante dal 7,5% della Germania, per non parlare dell’8,9% della Francia;
- per l’assistenza sociale la quota di Pil in Italia si ferma al 4,9%, ben lontana dal 7,3% dell’Eurozona, sopravanzata anche dalla Spagna (5,9%), nettamente indietro a Germania (7,6%), con la Francia addirittura all’8,7%;
- la scuola è la Cenerentola del sistema di welfare: ad essa va il 3,9% del Pil in Italia mentre nell’Eurozona arriva al 4,6%, al di sotto della quale si trovano Spagna (4,2%) e Germania, con la Francia ancora su un livello superiore al 5%.
Emerge da questi pochi, essenziali dati il ritratto del sistema di welfare italiano tutto concentrato sulla previdenza, sulle prestazioni monetarie (anche nell’assistenza succede) a scapito dei servizi.
Un’ipotesi di scuola, assolutamente impraticabile, mostra come – redistribuendo il surplus assorbito dalle pensioni rispetto all’Eurozona (3,5 punti percentuali) – si potrebbero incrementare le risorse destinate agli altri comparti recuperando l’intero differenziale, con 0,5 p. p. alla sanità, 2,4 p.p. all’assistenza e 0,7 p.p. alla scuola, con un residuo argent de poche pari a 0,1p.p.
Ma, come dice il detto popolare, “Cacio vinto non si rigioca” e questa redistribuzione resta all’interno di fogli Excel: solo proporla susciterebbe sommosse popolari.
La strada dell’incremento della pressione fiscale è assai impervia: quella italiana allo 41,4% nel 2023 è già superiore a quella dell’Eurozona. Se tuttavia si portasse al livello di quella francese (45,65%) i 4,2 p.p. di Pil in più da impiegare per il welfare sarebbero più che sufficienti, lasciando inalterata la quota della previdenza, a superare la media dell’Eurozona negli altri comparti e per avere un residuo pari a 0,6 p.p. da impiegare.
È più bassa di quella italiana la pressione fiscale in Germania (40,1%) mentre la Spagna realizza il miracolo di fermarla al 37,1%: merito anche e soprattutto di un Pil che cresce ininterrottamente, a differenza dell’Italia rinchiusa nella trappola della crescita zero.
Pesa, sui conti pubblici, il fardello degli interessi sul debito monstre, 3.080 miliardi di euro, per un terzo detenuto da non residenti. Gli interessi assorbono una quota del 3,8% del Pil, più alta della media dell’Eurozona (1,80%) e anche di quella della Spagna (2,5%), nonché ben superiore a Germania (1,0%) e Francia (1,8%).
Una riduzione a livello di quella dell’Eurozona liberebbe per l’Italia il 2,0% del Pil con il quale accrescere le risorse dedicate al sistema del welfare. Anche per questo aiuterebbe la crescita ma questa pare non interessare nessuno, tutti essendo impegnati a strappare qualche somma in più in un bilancio asfittico, in un drammatico gioco a somma zero.
Tutto questo va ricordato quando si discute di quote di Pil per questo o quello, ricordando che in sede di istituzione del SSN la proposta di riservare una quota di Pil prestabilita alla sanità fu accantonata.
Immagine di copertina © CBS



