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2 Dicembre 2024Nel Quaderno n. 76 (settembre-ottobre 2024) della bella rivista dell’Associazione Eco-Filosofica che ha sede in provincia di Treviso, mi è sembrato notevole l’articolo Animali, umani, scimmie, balene ed ecosistemi. Per una riflessione sullo status di “persona”[1].
L’articolo[2] a firma di Lorenzo Poli, riferendo dell’arresto dell’attivista Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd – avvenuto il 21 luglio scorso in Groenlandia su mandato internazionale emesso dal Giappone[3] – mette subito in collegamento le attività di salvaguardia della vita degli animali cacciati, con il “tema dell’antropocentrismo e della società industriale di massa che riduce tutte le forme di vita a merce o ad oggetti a mero uso e consumo umano”.
Si trovano così di fronte, nella cosiddetta “questione animale”, due concezioni opposte: da un lato gli animali considerati come merce di consumo, divertimento, sfruttamento, ecc.; dall’altro una “nuova visione ecologica del diritto”.
Se è vero che per secoli e secoli “il diritto è stato stabilito in un’ottica profondamente umano-centrica, portando l’essere umano ad essere l’unico ad avvalersi dello stato giuridico di “persona”, la parola “persona” è diventata, anche in campo politico e giuridico, sinonimo di essere umano”; ovviamente, ça va sans dire, escludendo così dal concetto di persona tutto ciò che non è umano. Ma sarà forse giunta l’ora di mettere in discussione (anche) questa equiparazione persona=esclusivamente essere umano, così assertiva e all’appartenza così scontata?
Partendo dalla definizione che di “persona” dà il sito treccani.it, troviamo che “persona” è l’ “Individuo della specie umana, senza distinzione di sesso, età, condizione sociale, ecc., considerato sia come elemento a sé stante sia come facente parte di un gruppo o di una collettività”.
Lorenzo Poli argomenta opportunamente che, se la definizione sopra riportata definisce già così l’essere umano, che bisogno c’era di raddoppiarla in quella di “persona”? Evidentemente il termine “persona” è un’estensione del concetto di essere umano, più propriamente in ambito giuridico e quindi dei diritti.
La domanda da porsi, allora, è: il concetto di “persona, che non è essenziale per definire l’umano (esiste già il concetto di “essere umano”), può estendersi anche agli animali non umani? In altre parole: possono anche gli animali non umani essere portatori di diritti?
Molto lavoro, in questo ambito, è stato prodotto dalla filosofa italiana Paola Cavalieri sulla base di una domanda cogente: dobbiamo continuare a considerare gli animali esseri viventi secondari, o dovremmo attribuire loro “dignità di considerazione morale”? Secondo Paola Cavalieri, non solo la dottrina dei diritti dell’uomo include la protezione morale degli animali[4], ma ad altre specie animali andrebbero estesi alcuni dei Diritti universali dell’Uomo, con la conseguente rinuncia, da parte nostra, ad essere gli unici ed esclusivi detentori dello stato giuridico “di persona”, cioè di portatori di diritti. “Il termine “diritto” – chiosa Poli – viene quindi inteso in senso morale e legale.”
In linea con queste considerazioni di base, Paola Cavalieri e il noto filosofo australiano Peter Singer hanno proposto di cominciare con l’estendere tali diritti alle grandi scimmie, cioè a tutti i primati che appartengono alla stessa famiglia della specie umana: Bonobo, Scimpanzè, Gorilla, Oranghi, formalizzando tale richiesta nel Progetto Grande Scimmia[5] sottoposto all’O.N.U. e concretizzato nella Dichiarazione dei Diritti delle Grandi Scimmie.
Il progetto si occupa anche, nel concreto, di tenere sotto controllo non solo le popolazioni di grandi scimmie in diverse zone del mondo, ma anche di monitorare la liberazione di tutte quelle detenute in cattività, molte delle quali sono utilizzate nella ricerca biomedica, nella vivisezione e nelle varie forme di sperimentazione animale.
E quali sono i diritti che la Dichiarazione dei Diritti delle Grandi Scimmie si propone di garantire?[6] Eccoli:
- Diritto alla vita
La vita di tutte le Grandi Scimmie deve essere protetta. Gli individui non possono essere uccisi, con l’eccezione di situazioni molto specifiche, come l’autodifesa.
- Protezione della libertà individuale
Le Grandi Scimmie non possono essere private, in modo arbitrario, della loro libertà. Esse hanno diritto di vivere nel loro habitat. Le Grandi Scimmie che vivono in cattività hanno il diritto di vivere con dignità, in ampi spazi, di avere contatti con gli altri individui della loro specie per formare delle famiglie, e devono essere protette dallo sfruttamento commerciale.
- Proibizione della tortura
L’imposizione intenzionale di dolore, fisico o psicologico alle Grandi Scimmie, senza alcuna ragione o senza benefici per loro, è considerata una forma di tortura ed è un’offesa da cui devono essere protette.
Il Progetto Grande Scimmia, che è anche un libro[7], ha avuto parecchi convinti sostenitori, tra cui Jane Goodall[8], Richard Dawinks[9] e Douglas Adams[10].
Nel libro compaiono anche i contributi di primatologi e psicologi i cui saggi offrono risultati riguardanti le capacità dimostrate dalle grandi scimmie di esprimere “razionalità, intelligenza, emotività ed autocoscienza e la loro consapevolezza di sé come esseri distinti e dotati di un futuro e di un passato”. Altri contributi, di carattere filosofico ed etico, ribadiscono nel libro – partendo dalle evidenze suesposte – “la necessità di adottare un comportamento etico nei confronti di questi parenti stretti dell’uomo”.
Per contro, al Progetto Grande Scimmia si potrebbe obiettare che “odora” di antropocentrismo, dato che promuove la richiesta di diritti “solo” per le Grandi Scimmie, così vicine a noi dal punto di vista genetico ed evoluzionistico; ma sarebbe un’accusa ingiusta: tutto il lavoro di Cavalieri punta a decostruire l’immagine che noi umani conserviamo dell’animale come “altro” da noi (giustamente), ma per questo non degno di considerazione etica e giuridica. E non è difficile intuire, sotto tale disegno, l’intento di estendere gradualmente dignità e diritti via via ad altri animali: tutti?
Intanto, nel 2014, in Argentina, una sentenza della Corte di Cassazione ha riconosciuto a un orango l’habeas corpus, cioè la norma giuridica che impone all’autorità pubblica di rendere conto della detenzione di una persona: in tal modo la Corte ha riconosciuto all’animale lo status di soggetto di diritto, in maniera opposta alla tradizionale concezione, secondo la quale gli animali non umani sono oggetti di proprietà privata e dunque privi dei diritti riconosciuti alle persone fisiche o giuridiche.
[1]Sul sito Filosofiatv.org. Si riportano qui, per motivi di spazio, stralci della sola parte riguardante le Grandi Scimmie.
[2]Si intende che, dove non diversamente indicato, le frasi “tra virgolette” sono qui citazioni dell’articolo stesso.
[3]Sea Shepherd, di cui esiste la delegazione italiana, è “un movimento di conservazione dell’oceano ad azione diretta internazionale” (seashepherd.it). Paul Watson, come la sua associazione, è un ambientalista che combatte contro la caccia alle balene.
[4]Paola Cavalieri, La questione animale: per una teoria allargata dei diritti umani, Bollati Boringhieri, 1999.
[5]Progetto Grande Scimmia, Wikipedia.it, con importanti sviluppi e aggiornamenti.
[6]Trattandosi di norme giuriche, cito letteralmente dall’articolo in questione.
[7]Paola Cavalieri, Il progetto grande scimmia. Eguaglianza oltre i confini della specie umana, Theoria, 1993.
[8]Etologa, antropologa e scrittice britannica (Londra, 1934). È nota in tutto il mondo per i suoi studi sugli scimpanzè e per il suo impegno ambientalista.
[9]Etologo, biologo, divulgatore scientifico, saggista e attivista britannico, considerato uno dei maggiori esponenti dell’evoluzionismo (Nairobi, 1941).
[10]Scrittore, sceneggiatore e umorista britannico. È l’autore della serie di romanzi Guida galattica per gli autostoppisti, che ha venduto più di 15 milioni di copie.