
Tra integrazione e radicalizzazione: a che punto siamo?
1 Dicembre 2024
ANIMALS Sul concetto di “persona”
1 Dicembre 2024Mi è capitato poche volte in questi anni di incontrare di persona l’autore del libro di cui andavo a fare le mie note scritte su Cono di Luce.
E’ successo qualche giorno fa con Francesca Brandes, in occasione della presentazione del suo ultimo libro di poesie , “ESODI”, all’interno della rassegna M9 BOOKSHOP.
L’autrice ha espresso con tale forza e determinazione ed insieme pacatezza e serenità le sue scelte in merito al libro appena pubblicato , che ha suscitato in me una fortissima partecipazione ed emozione, ed un particolare coinvolgimento di lettrice, donna, cittadina di questo mondo in fiamme.
Già nel 2005 , in “Canto a più grida”,l’autrice affermava la sua posizione in merito alla guerra, dedicando al sentimento dell’amore nell’emergenza del conflitto i seguenti versi che qui riporto:
L’amore
Al tempo dell’odio
Seminato
Brucia divampa
Erompe
In parole stentate
All’udito
E’ un fiume di candele
Un bacio amaro.
Ma in questa ultima raccolta, per sua stessa ammissione nata all’indomani dell’inizio dell’attuale conflitto israelo-palestinese, c’è la scelta consapevole di trarre proprio da tale conflitto lo spunto per una serie di testi lancinanti , che ci mettono di fronte a tutto l’orrore di questa guerra, al sangue e al terrore ripetuti continuamente in diversi testi, dove chi ce li racconta senza alcuno sconto si dichiara “di parte” – Francesca Brandes è ebrea, italiana, pacifista – ma “non schierata”.
Ed un segno immediato di questo segno di pace che sottende tutta la pubblicazione sta nella scelta della copertina, che mostra l’installazione in riva al mare di una artista, Sandra Zemor. La scelta di questa immagine, un cerchio bianco tracciato sulla sabbia, interpretato dalla poeta come (cerchi)“bianchi come la morte, quando la morte coincide con il vuoto. Eppure tondi, come il ciclo delle stagioni.”, è già un segnale nel nome dell’eccidio che si sta perpetrando , un cerchio di morte che sembra senza fine, ma che non deve negare comunque, in nessun caso, la forza della speranza, la visione di una pausa nella marcia senza scopo di un esodo continuo, senza sosta apparente.
L’autrice si mostra spietata nel descrivere sangue e morte:
Sono partita con voi
Lo straccio bianco
Legato al braccio
E le mani alzate
Sono partita su un carretto
Tutte le mie stelle
Nel forno
Le stelle dell’eroe
La stella insanguinata
Nella polvere.
Lei si schiera dalla parte di chi si arrende, dei profughi, degli ostaggi, la sua presa di posizione, che si dipana in maniera chiarissima attraverso la lettura dei suoi testi, è quella di tutelare sempre e comunque la vita degli uomini: in questo senso israeliani e palestinesi sono eguali come esseri umani da proteggere.
E’ molto chiara quando afferma che appartenere ad una cultura e ad una religione è altra cosa dal fatto di appartenere ad uno Stato. La sua è una missione volta a sentirsi persona e a fare qualsiasi cosa per difendere la vita.
E lo dice a chiare lettere , nei primi versi del testo 3 :
Non nel mio nome
Voi che scegliete la parte
Non c’è parte giusta.
Il modo con cui costruisce i suoi testi poetici è scarno, essenziale, fulgido di lancinanti contrapposizioni, di domande senza risposta, di mute implorazioni in nome della pace , come nel testo 5 , dove ritroviamo la stessa invocazione del testo 3:
Non nel mio nome
Vi prego
La mia finta pelle
È troppo sottile
Per schierarsi.
Amo i disertori.
Ritrova la giusta indignazione quando nei suoi versi proclama il diritto di ogni popolo di avere un posto dove morire, dove seppellire i morti, dove partorire bambini lontani dalle macerie e dall’orrore(testo 17).
Ma stiamo comunque sempre parlando di poesia, di come un testo poetico possa avere forza bastante a fermare una guerra, ad incidere come ferro rovente nella storia .
Francesca Brandes dichiara che le armi di un poeta sono le parole, in questo caso le sue poesie che ci raccontano di sangue e di terrore. Quindi, anche se forse la sua poesia non basta in questo intento, si presenta come poesia politica comunque, che si impone con il mezzo poetico come voce etica. Ribadisce di voler assumere il coraggio di non stare in una scatola che protegge di fronte al pericolo che questi tempi contengono, ma anche di non chiudere mai la porta alla speranza.
Nella lingua ebraica il termine “parola” ha con sé il significato di “azione”.
L’azione poetica che l’autrice ci consegna con questo piccolo prezioso volume è un messaggio inequivocabile, che , pur non facendo sconti nel raccontare la tragedia di una guerra, riesce comunque a mostrarci uno spiraglio di possibile futuro. Nel nome delle parole di pace.
Francesca Ruth Brandes , Esodi, Zacinto Edizioni 2024