LA CLASSE DIRIGENTE E LA POLITICA POLITICANTE
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18 Agosto 2020In quasi un anno di collaborazione con questa rivista, non mi sono mai avventurata nella conversazione su un testo che sia del tutto appannaggio del mondo delle donne. Intendendo, nel caso di “I racconti delle donne “ a cura di Annalena Benini, di un mondo femminile a più dimensioni. Tutte donne le autrici dei racconti presenti nel libro, donna la curatrice, donne le protagoniste dei vari racconti.
Il libro mi è stato fornito da un’amica che non legge niente per caso, e me l’ha dato pensando che sarebbe stato anche per me fonte di interessanti considerazioni sulla letteratura e sul mondo che, come donne, ci appartiene di diritto.
Una prima nota sull’originalità della struttura di questo libro: in questo caso una scelta accurata di testi di scrittrici italiane e prevalentemente americane non è solo introdotta all’inizio dalla curatrice, ma chi ha prodotto la selezione , alla fine di ogni racconto, aggiunge una sorta di singola postfazione che chiarisce a chi legge il momento della vita della scrittrice che corrisponde al racconto, il perché della sua genesi, o più in generale mette in relazione quanto scritto con atteggiamento, critica, filosofia di vita dell’autrice di turno.
Creando una sorta di loop mentale nel lettore, portato a ripensare a quanto ha appena letto frugando in qualche modo nella mente della scrittrice, aprendo varchi sulla sua mentalità e posizione nella società del suo tempo. Capendo così meglio e diversamente quello che letterariamente aveva già apprezzato alla prima lettura.
Riporto alcune frasi della curatrice dalla sua prefazione : “Volevo mostrare un doppio movimento: quello della scrittura e quello della vita, offrire a chi legge la ricchezza della letteratura e del cambiamento femminile, i mutamenti delle relazioni umane e il moltiplicarsi delle forze e del coraggio. E il divertimento, l’ironia. La folla di possibilità e di speranza, la fatica, il mal di testa, la vampata sottile di calore, il patto dell’amicizia.”
Tutto questo ci viene incontro da queste pagine così diverse in modo egualmente potente, seppur scandito da momenti storici, stili, luoghi, vicende tutte diversissime, ma accomunate appunto da una continua ambivalenza tra coscienza della propria forza e oscuro senso di un abisso risucchiante.
Alcuni momenti narrativi ci risultano più cari perché legati a scrittrici italiane molto note e qui sorprendenti a tratti per lati inediti della loro produzione: in “Prima della classe” Elsa Morante si racconta in un folgorante autoritratto ai tempi di scuola, nella sua aura di bimba straordinariamente talentuosa, che segretamente soffriva di non poter avere un approccio più “normale” con i suoi coetanei, e ci riesce solo con l’unico compagno di classe maschio, che aveva un debole per lei, finalmente non perché era così brava e brillante, ma perché aveva una testa ricciuta o un buon odore. Il cognome di questo bambino era Amore, lo aveva ricamato sul grembiule, e la sua gentilezza rendeva le giornate della bambina geniale finalmente giornate da bambina.
Natalia Ginzburg, che col suo “Lessico familiare” a suo tempo ci aveva accompagnati tutti all’interno della sua meravigliosa ed eccentrica famiglia, qui, in “Discorso sulle donne”, scritto nel 1948, poco dopo la guerra e la morte tragica del marito, coglie, in questa forma di saggio discorsivo, la folgorante contraddizione della condizione femminile di quegli anni, dove la bellezza e la continua magica trasformazione sono sempre accompagnate da oscure paure, da pianti segreti, da sensazioni di inadeguatezza che sono segno di un lungo complesso cammino ancora da compiere. E parla appunto del pozzo in cui a tratti le donne tendono a cadere. Pozzo di disperazione e di tristezza, ma anche pozzo di estrema autocoscienza da cui risalire con nuova forza. La Ginzburg qui ha il potere di aprire spazi di riflessione infiniti.
E per completare il quadro italiano ecco Valeria Parrella con “Il giorno dopo la festa”, dove si sviluppa una storia tra una cinquantenne e il cameriere della pizzeria dove era solita portare la madre a pranzo. Altri tempi, siamo molto più vicini al 2020, altre storie, una apparente maggiore scioltezza nei rapporti umani, la possibilità di incontri più inconsueti, ma la stessa forza, le stesse vibrazioni di vita e di relazione col mondo, la stessa ammissione di limiti e di rughe del tempo, ma anche lo stesso coraggio.
Naturalmente altri momenti forti ci vengono incontro con le autrici straniere: una tra tutte, Kathryn Chetkovitch,compagna di Jonathan Franzen, scrittrice e poetessa americana, che, in “Invidia”, ci infila con stupore e divertimento misto ad un filo di amarezza, in un racconto sulla difficoltà di vivere accanto ad un autore che costruisce il suo grande successo accanto a lei, che lo ama ma anche lo invidia professionalmente per la carriera che ,con il libro “Correzioni”, inizia per lui trionfalmente.
La cifra di ogni racconto di questo libro è quanto di più vario si possa incontrare, ma, come l’amica che mi ha consegnato questa lettura, anche la curatrice non ha affatto scelto a caso le sue scrittrici. Le ha osservate con affetto e con competenza, le ha messe una dopo l’altra con i loro pensieri e i loro personaggi spesso complessi ma mai scontati, in un affresco particolarmente interessante, che fa apprezzare ai lettori maschi e femmine, quanto l’universo letterario ed umano al femminile possa aprire comunque universi insospettati.