DA CHE PARTE STARE
24 Marzo 2022Quel bosco di stadio e palasport
29 Marzo 2022Quando recentemente ho consegnato ai miei lettori un pezzo che univa considerazioni in merito a due libri intimamente connessi, di cui uno a firma di Laurent Seksik, mai avrei pensato di dedicare a questo autore dopo così breve tempo un’altra recensione, di un altro romanzo, questa volta ispirato alla vita di uno dei figli di Einstein, ricoverato per più di metà della sua vita in un istituto psichiatrico di Zurigo per una grave forma di schizofrenia.
Il motivo di questa scelta comunque è stato duplice: oltre al tipo di indagine attorno ad una figura familiare di cui lo scienziato non faceva mai parola pubblicamente, e che scopriamo essere sempre stato per lui un ostacolo psicologico in quanto figura paterna, la lettura di questo libro ,“Il caso Eduard Einstein”, si è casualmente sovrapposta alla visione , il 30 ottobre scorso, su RAI 5, di una piece teatrale intitolata “Einstein and me”, scritta ed interpretata da Gabriella Greison, fisica, attrice e scrittrice, che aveva tratto il testo teatrale da un suo libro “Einstein e io” , dove indagava sulla figura di Mileva Maric, prima moglie di Einstein e madre di Eduard.
Si è quindi verificato in chi scrive una sorta di corto circuito tematico, dove, in entrambi i casi, l’occasione teatrale e il libro di Seksik, questa donna all’ombra del genio, assume anche il ruolo di custode per una vita intera della sorte del figlio “dimenticato” dal padre che, pur sostenendo sempre economicamente la prima famiglia, si era allontanato nel momento in cui prima aveva deciso di vivere e lavorare a Berlino, poi era stato costretto all’esilio definitivo negli Stati Uniti.
Anche questo libro di Seksik ha la qualità di entrare nel particolare di vite eccellenti, di sondare qui senza paura i risvolti segreti di una mente considerata guida universale per la scienza contemporanea, rivelando elementi oscuri, segreti, ed una incapacità, nel caso di Einstein, di sentire il senso della famiglia, ma soprattutto quello della paternità.
Si indica per la malattia mentale di Eduard una tara familiare già evidenziata nella sorella della madre, anche lei a lungo ospite della stessa clinica di Zurigo, ma l’autore fa nascere nel lettore il dubbio che, ad accrescere la gravità della malattia, sia stato anche il difficile rapporto col padre, che sembra sciogliersi soltanto nelle poche occasioni in cui padre e figlio suonano assieme, Albert il violino Eduard il pianoforte, quasi che solo la musica riesca per pochi minuti a rompere la voragine tra i due.
Nei capitoli del libro che fanno parlare Eduard in prima persona, e che ci consegnano le sue parole, i suoi pensieri e spesso i suoi consapevoli vaneggiamenti, non c’è mai una occasione in cui il figlio non ribadisca il suo rancore nei confronti di questo padre genio con il cuore freddo, di quest’uomo che non ha mai sentito vicino, in cui non esprima il suo desiderio di non vederlo più.
E, d’altro canto, negli altri capitoli, in cui la narrazione esterna ci accompagna nelle vicende complesse della vita dello scienziato, nei suoi spostamenti dovuti alla Storia, sentiamo anche nei suoi pensieri l’incapacità di avvicinarsi a questo figlio in grande difficoltà, e i suoi tentativi successivi di farlo andare da lui negli Stati Uniti , tutti falliti, non si coniugano mai ad un vero dolore per tale insuccesso, ma solo ad un dovere non andato a buon fine.
La capacità speciale di Seksik, a mio avviso, è di coniugare una prospettiva intima, intimissima, in ognuno dei personaggi, con uno sguardo sulla Storia, sulle vicende legate all’avvento del nazismo, alla persecuzione ebraica, a ciò che in questo caso ha comportato per la figura dello scienziato, che della sua ebraicità si fa forte comunque, accanto ai suoi appelli di tipo politico, che ne comprometteranno anche la posizione successiva negli Stati Uniti.
E in questo forte contrappunto tra pubblico e privato, tra storie singole e Storia dell’umanità tutta nella prima metà del secolo scorso, ecco apparire la figura della madre, di Mileva, che accompagna personalmente il figlio nella clinica, che accetta crudeli sperimentazioni mediche pur di sperare in un suo miglioramento.
Mileva, serba d’origine, farà battezzare i suoi figli come cristiani ortodossi, e anche con questo scaverà un solco sempre più profondo col marito, fino alla separazione definitiva. Questa sua vita a Zurigo, ridotta al ruolo di madre di un figlio in gravi difficoltà, che eserciterà con fedeltà assoluta fino alla morte, ci permette, grazie anche a ciò che emerge dallo spettacolo a lei dedicato dalla Greison, di soffermarci su questa figura.
Mileva rappresenta ciò che non poteva essere la moglie di un genio all’inizio del secolo scorso. Non poteva esercitare la stessa disciplina, lei era fisica, si erano conosciuti proprio durante il periodo di studi comune, E i vent’anni successivi saranno anni di simbiosi con lui, a cui travasare consigli e sostegno anche molto concreto in relazione alle sue scoperte-chiave. Dopo il divorzio da lui essa scomparirà nell’ombra, non essendo più riconoscibile pubblicamente come sua compagna. Sappiamo dal libro che Einstein si sposerà di nuovo, questa volta con una donna della sua stessa religione, una donna mite e silenziosa, che non disturberà mai, fino ala morte, l’eco della sua fama.
E noi la vediamo nel suo andirivieni dalla clinica, nella gioia trattenuta di fronte al piccolo concerto di figlio e marito prima della partenza per Berlino, nella pena infinita per questo figlio amatissimo e incontenibile nelle sue furie improvvise, nella coscienza di essere per lui l’ultimo baluardo affettivo sulla terra.
Einstein, dagli Stati Uniti., è informato regolarmente da un amico sulla situazione del figlio, ma non osa, non oserà mai, rivederlo.
E morirà con questo nodo irrisolto.
Eduard, ingrassato e placato dalle cure severe, sopravviverà ad entrambi i genitori, nella sua gabbia che accetta ormai di buon grado, il figlio–ombra di un genio universale, che sognerà tutta la vita di diventare concertista.
LAURENT SEKSIK, Il caso Eduard Einstein, Frassinelli 2014