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29 Luglio 2025Continua a non fare bella figura l’Italia in tribunale
La lentezza dei processi in Italia è oramai un fatto consolidato e, a mia sensazione, accettato o piuttosto tollerato come un elemento non modificabile. Paolo Mieli il 17 luglio scorso a Radio 24 parlava di 548 gg. di durata dei processi in 1° grado, 893 in appello e 1.299 in Cassazione. Il Sole 24 Ore recentemente indicava in oltre 350 gg. la durata di una causa civile a Venezia, sempre in 1°. Non so dove Mieli abbia preso questi dati, che probabilmente sono medie che mettono assieme il civile, il penale e l’amministrativo. Il Cepej – Commission Européenne pour l’Efficacité de la Justice, organo del Consiglio d’Europa – nel Rapporto 2024 riporta i tempi in modo distinto:

Ma, le medie sono spesso quelle di Trilussa, perché vi sono casi estremi come Il “processo Saviano” che ha fatto molto clamore sui media perché durato 16 anni.
Non vedo la politica interessarsi delle ragioni di questo disservizio, che oltre a nuocere al cittadino, costituisce un limite alla competitività del sistema Italia e un deterrente per chi investe e fa impresa. Si polemizza tra destra e sinistra sulla partigianeria dei magistrati, sulla carriera separata dell’accusa rispetto al magistrato giudicante, si fanno riforme discutibili come quella Cartabia, ma il tutto senza incidere sulle ragioni strutturali dell’inefficienza del sistema. E nemmeno gli studiosi e gli addetti ai lavori. Ad esempio Lavoce.info di solito molto attenta ai problemi interni e internazionali, ha pubblicato un interessante articolo molto completo nel lontano 2006, a cura di Daniela Marchesi, dal titolo Non fa una bella figura l’Italia in Tribunale. Premesso che non è solo la preservazione dello Stato di diritto a preoccupare: una giustizia civile troppo lenta ha un impatto negativo e rilevante sul grado di competitività del sistema economico, continua citando dei dati di confronto con altri paesi, pubblicati ogni due anni dal CEPEJ). Se a pensar male si fa peccato ma spesso s’indovina, ci si dovrebbe chiedere quanti in Italia sanno dell’esistenza del CEPEJ e perché politici e media non ne fanno mai riferimento! L’articolo di 19 anni fa e, stranamente, non più ripreso e aggiornato, attribuiva l’inefficienza del sistema a tre elementi principali: over-regulation, ossia troppe leggi e a volte di controversa interpretazione, costo dei magistrati troppo elevato e incidente per il 79% sul bilancio della giustizia contro meno del 50% nei maggiori paesi europei, troppi avvocati: solo a Roma vi erano più avvocati che nell’intera Francia.
I governi, a prescindere dal loro colore, si focalizzano, come ho detto sopra, su aspetti che non intaccano la struttura e l’efficienza del sistema. Basti citare il provvedimento, veramente geniale, della Cartabia che ha reso perseguibile il borseggiatore se non su querela di parte; così Venezia è divenuta un posto attraente per ladri provenienti anche dall’estero, dato anche che i turisti hanno meno tempo da perdere per una denunzia; non parliamo poi di partecipare al processo come parte lesa. Il governo attuale vara decreti simili alle gride manzoniane, inventando nuovi reati solo per dare l’impressione di attuare il principio legge e ordine. A parte il femminicidio quando vi è già il reato di omicidio, a cosa serve l’omicidio stradale e la guida in stato alcoolico se non vi è un monitoraggio adeguato del territorio? A Copenhagen la sera vi è la polizia nei punti stradali più critici: palloncino e, se presi in fallo, subito 15 gg. di galera, salvo recidiva, civilmente scalabili in un anno. Poi in estate il governo si accorge che le carceri straboccano e sta pensando di mettere fuori un 30% dei reclusi, ovviamente senza che questi abbiano subito un percorso rieducativo e quindi candidati a delinquere nuovamente.
Anche la questione dell’indipendenza del magistrato dell’accusa da quello giudicante, può essere interessante a seconda delle parti politiche, chi auspica una par condicio tra accusa e difesa, e chi come il famoso sottosegretario Del Mastro vorrebbe la dipendenza dell’accusa dal governo, ma non tocca l’anima del sistema in termini di produttività. Si polemizza sul c.d. garantismo: nessuno è colpevole fino al 3° di giudizio, o almeno se soltanto ha avuto un avviso di garanzia. Poi se quest’ultimo tocca un o del tuo partito si allarga il garantismo includendo anche il rinvio a giudizio, contrariamente a quanto avviene in UK, dove basta un sospetto o una lieve mancanza per essere rimossi dall’incarico. Per converso, abbiamo politici che si sono dimessi da 14 anni e con carriera politica rovinata, poi alla fine e dopo tanti anni assolti.
Sulla partigianeria della magistratura si continua a polemizzare. Coi recenti fatti di Milano qualcuno ha scritto che ora in quella città non vi sono più magistrati di sinistra e quindi è per questo che è scoppiato lo scandalo. Probabilmente, qualche volta la partigianeria c’è stata. Non ho mai creduto in Berlusconi, ma anni di processi per le donnine, ben pagate tra l’altro, che frequentava, temo abbiano distratto tempo ai magistrati per occuparsi di cose più rilevanti, visto che l’obbligatorietà dell’azione penale è di fatto puramente teorica.
On fait du cinema, si direbbe in Francia, ossia del teatrino, anche con una disinvoltura a volte notevole. Come la dichiarazione del ministro Nordio sul ricorso in Cassazione dopo l’assoluzione in 1° di Salvini nel processo Open Arms. Il ricorso non è diretto a determinare i fatti, ma all’interpretazione corretta di una normativa, in linea con le competenze della Cassazione.
Vediamo un po’ di dati relativi a paesi europei a noi vicini, tratti dall’ultimo Rapporto CEPEJ del 2024:

Come si vede, lo stipendio italiano a fine carriera è molto più elevato che altrove specie se confrontato col salario medio di Francia e Germania a inizio carriera, più ancora alla fine della stessa e rispetto a tutti i paesi considerati nella tabella. Inoltre, non tiene conto del tentativo dei magistrati e dei più alti burocrati di far togliere il tetto dei 260.000,00€ fissato per i dipendenti pubblici. Da notare che ancora in Italia la carriera dei magistrati avviene quasi completamente per anzianità, non per merito. Comunque, anche oggi il costo dei magistrati appare maggiore che altrove. Il Cepej indica lo stipendio medio a inizio e fine carriera rispettivamente in 46.812€ e 194.005€. Il fatto appare più macroscopico se si confronta o stipendio finale con il Pil/pro-capite. Siamo in buona compagnia con la Spagna, ma se la spesa per la giustizia è abbastanza allineata, in % sul PIL, coi paesi vicini, è evidentemente che la quota assorbita dai magistrati toglie spazio agli organici collaterali, cancellieri, personale amministrativo.
Non ho dati sugli orari di lavoro, ma soltanto sulle ferie: i magistrati italiani hanno più giorni di ferie. Non sarà molto rilevante, ma è un fatto che guadagnano di più con meno giorni lavorativi. Vediamo per esempio il confronto tra quattro Paesi dove indichiamo il numero di giorni di permessi (comprensivi di ferie propriamente dette e altri permessi):
Italia: 45 -50 Francia: 35 – 45 Germania: 26 – 30 Spagna: 28 – 30
Gli avvocati
Senza offesa per la categoria, come in ogni lavoro, dall’artigiano al professionista, la validità dipende dalla scuola che ognuno ha fatto, e soprattutto dalla pratica successiva. Il numero eccessivo di aspiranti avvocati rende per molti difficile fare il praticantato in studi di veri maestri. Così succede che moltissimi abbiano redditi bassi e sfruttino l’incertezza del corpus legis avviando azioni inutili, tanto causa pendente causa che rende.

Leggo comunque che il numero di avvocati è leggermente calato negli anni recenti. Siamo comunque ancora a oltre 200 avvocati per ogni 100.000 abitanti. Il Rapporto Cepej precedente li indicava in 250. 000. Rapportati a circa 59 milioni di abitanti (tutti, compresi bambini, vecchi ecc.) erano 1 ogni 236 abitanti contro 1 ogni 1.000 in Francia e 1 ogni 2.500 in Svezia. Vien da pensar male, anche se spesso s’indovina: gli avvocati sono presenti massicciamente in Parlamento, dall’estrema destra all’estrema sinistra. Io sono personalmente convinto che eccesso normativo e troppi avvocati siano uno dei fattori che più incidono nella lentezza e il sovraccarico di lavoro della giustizia, insieme alla over-regulation e l’incertezza interpretativa di molte norme. Cito un caso personale: appena eletto in consiglio comunale a Venezia, nel 1994, prima di presentare un’interrogazione al Sindaco, chiesi al Segretario comunale, allora un bravissimo giurista, se mi dava un’idea del quadro giuridico relativo. No, no, mi rispose un po’ tra il serio e il faceto: mi dica dove vuole arrivare e le tiro fuori io le norme adeguate (sic).
Le carceri sovraffollate
Il problema del sovraffollamento è cronico, non solo in Italia, ma si sta aggravando. Noi abbiamo una capacità del sistema per circa 47.000 persone. La capienza teorica sarebbe di 51.280 posti ma >4.500 non sono disponibili per inagibilità e ristrutturazioni. Non a caso parlo di persone, perché il trattamento dei reclusi non è se non raramente rivolto alla loro rieducazione, come peraltro prescrive la Costituzione. Inoltre, sovraffollamento e caldo estivo rendono spesso invivibile e direi indegne le condizioni di vita degli internati. Il famoso o per me malfamato Sottosegretario Dal Mastro gode di questa situazione, secondo me indegna di un paese civile. Ed è una ragione dei troppi suicidi. Ovvio considerare che il ns. bilancio è stretto, la domanda di spesa è alta, sanità, riarmo, casa, ecc. M auna soluzione andrebbe trovata. I governi nel tempo hanno deciso dei condoni, o dell’allargamento della fascia che può godere dei domiciliari. L’attuale governo in particolare è contraddittorio: prima aumenta a dismisura nuovi reati, poi ora pare voglia decidere sconti di pena di vario genere. Sembra chiaro come il carcerato che esca o vada anche ai domiciliari senza un mestiere che gi consenta di reinserirsi nella società, al 75% delinque di nuovo. Padova è un esempio positivo: si producono panettoni, colombe e pasticceria in genere. Quindi, un investimento diretto alla rieducazione avrebbe un ritorno positivo oltre che per il reinserimento delle persone nella società, anche in termini di risparmio per il sistema carcerario. Ma la politica oggi soprattutto non guarda al medio-lungo termine!
Il corpus legis
Carlo Nordio, prima di diventare ministro, scriveva da editorialista del Messaggero e il Gazzettino, che il corpus normativo in Italia era 10 volte quello della Germania. Il Sole 24 Ore, 5 volte l’Inghilterra. Vi sono inoltre aree grigie, di controversa interpretazione non ancora definite dalla Cassazione in Sez. riunite. Domando: occorre un Giustiniano, un napoleone, per non dire un Mussolini per mettere ordine, fare Testi Unici, chiarire tante zone d’incerta interpretazione? Non ho mai sentito la politica accennare a questo.
In conclusione
Come ho scritto sopra, anche la c.d. riforma della giustizia proposta dal ministro Carlo Nordio e quindi dal governo, non incide sulla efficienza e produttività del sistema. Lo conferma un articolo di Luciano Violante sul Corriere del 21 luglio. Scrive testualmente: La cosiddetta riforma della giustizia, in corso di approvazione, si fonda su tre pilastri. Il primo è costituito dalla separazione dei Pubblici Ministeri dai Giudici, con due distinti Csm. Il secondo sottrae ai magistrati il potere di eleggere i propri rappresentanti ai Csm, che sarebbero invece costituiti per sorteggio. Il terzo pilastro è costituito dall’attribuzione della funzione disciplinare ,ad un’Alta Corte, sottraendola ai due Csm, che manterrebbero solo le funzioni di gestione della “carriera” del pm l’uno, dei giudici l’altro.
Non entro nel merito delle proposte, perché sono un esterno al sistema, esperto di organizzazione aziendale e non un giurista.
Io vedrei il sistema giustizia del ns. paese affetto da bassa produttività, con magistrati più pagati rispetto agli altri paese vicini europei, sia in assoluto che in rapporto ai salari medi, troppe leggi e regolamenti e troppi avvocati. Aggiungerei, la carriera dei magistrati basata più sull’anzianità che sul merito, e la divisione in correnti fac-simile dei partiti. Succede così che un Presidente di tribunale o corte d’appello sia nominato con regole simili a quelle del Manuale Cencelli, quando invece un ottimo magistrato non è detto sia anche altrettanto bravo nel gestire un’organizzazione.
Verba verba, pretereaque nihil, direbbero gli antichi. Prediche inutili, scriveva Luigi Einaudi. Infatti nessuno affronta gli aspetti qualitativi di un servizio essenziale per i cittadini e le imprese, e che incide molto sulla (non) attrattività del sistema paese.



