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26 Settembre 2025Non sono giorni, questi, in cui si abbia voglia di parlare d’inezie. L’assillo di tanti è interamente assorbito dall’orrore per ciò che accade a Gaza e in Palestina, per lo sterminio in atto dei civili, un vero genocidio (parola orami “sdoganata” anche dai più prudenti), acclarato e conclamato, che fa esattamente il paio con quell’altro tristemente noto genocidio novecentesco: la Shoah.
Entrambi sono due momenti storici che rimarranno probabilmente per l’umanità futura tra le più grandi vergogne del Novecento. Di questo tema, certo, pullulano oggi tutti i media. E sorvoliamo pure sul fatto che, tra guerre e pulizie etniche, siano attualmente sul Pianeta ben oltre i 50 focolai; ma di queste poco si parla.
Abbiamo detto “Novecento” perché, com’è noto, l’arrogante pretesa di creare uno stato ebraico in terra altrui (sic), cominciò ben prima della costituzione (unilaterale), nel 1948, dello Stato d’Israele. Cominciò con il famigerato sionismo, che aveva rinverdito in chiave super nazionalistica il mito biblico della terra promessa.
Perché diciamocelo (o ripetiamolo): il nocciolo vero della questione è ben questo: a un manipolo di fanatici guerrafondai, largamente sorretti e finanziati dall’avallo (da essi stessi peraltro profumatamente pagato) dell’Occidente medesimo (nonché, dopo la guerra, anche dal senso di colpa collettivo dell’Europa, per non aver saputo impedire sul nascere gli orrori del nazismo) fu consentito di compiere una cosa inaudita e raccapricciante.
Essi andarono infatti ad occupare, ben presto manu militari – con un’escalation di prepotenza durata oltre 7 decenni – una terra abitata da altri, e ciò avvenne con la risibile motivazione che in quella terra, quasi duemila anni prima (duemila, si badi) avevano vissuto anche (anche) loro, gli Ebrei. Mentre, per inciso, non risulta viceversa che vi sia traccia archeologica del biblico quanto fantomatico precedente regno d’Israele.
Ma ve lo figurate? Un domani ci troveremo una qualche Meloni di turno che avocherà a sé e all’Italia il possesso dell’Europa intera: dalla Scozia e dalla Gallia fino all’Egitto e all’Iraq, perché, si sa, lì un tempo c’eravamo stati per secoli noi “Italiani” con il nostro Impero Romano… Chissà che non accada pure questo.
L’errore dell’orrore è imperdonabile e sta dunque nel manico: gli Ebrei sparsi un tempo per l’Europa e per l’Oriente dopo la diaspora del 70 d.C., avendo poi subito una delle più raccapriccianti persecuzioni dell’umanità, quella nazista (che fu solo l’ultima versione, ma di gran lunga la più feroce, delle persecuzioni da loro subite nei secoli), si trasformarono a loro volta, dopo la seconda grande guerra, da vittime in carnefici. Carnefici dei Palestinesi. Beninteso: non tutti gli Ebrei di Israele. Ben lungi. E tanto meno tutti gli Ebrei del mondo, va da sé.
Dopo lo sciagurato e ultra deplorevole eccidio del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, il fanatismo egoista e persecutorio degli Israeliani (di quelli al governo, s’intende) si è impennato e si è fatto parossistico. L’ipocrita e arrogante governo dell’attuale leader, ormai votato allo sterminio di massa, sta portando a compimento una “soluzione finale”, con l’intento di “terminare” i Palestinesi, in forme altrettanto crudeli, quantunque meno “scientifiche” e metodiche, di quelle che prima della metà del secolo scorso avevano attuato i Nazisti contro i nostri fratelli (e sottolineo fratelli) Ebrei. E siccome noi oggi condanniamo gli estremisti al governo d’Israele, si dà a noi degli antisemiti. Non si sa se ridere o piangere per la malafede o l’ignoranza.
Sta di fatto che oggi il mondo politico internazionale, ove più ove meno, sta lì a guardare (come fece prima della metà del Novecento con l’espansionismo nazista che dilagava in Europa) e balbetta obiezioni, delibera risibili sanzioni, non riesce a fare veramente nulla di decisivo per fermare questo nuovo genocidio. Nel mondo dell’opinione pubblica, invece, ormai prevale l’indignazione e la condanna contro il governo Netanyahu, ma senza che ciò abbia ricadute dirimenti, fino a quando almeno gli stati responsabili e democratici non si attrezzeranno davvero per agire, tutti insieme e di conserva, contro lo stato d’Israele e il suo governo, onde imporre una pace sicura per entrambi i popoli.
Però la matassa è davvero assai ingarbugliata da sbrogliare e il bandolo è difficile da trovare, perché il coraggio che bisognerebbe avere è quello di denunciare gli invasori (sic) Israeliani, i coloni abusivi, gli occupanti di una terra che non è la loro. Il coraggio di dire che gli abusivi, lì, non sono gli Arabi di Palestina, bensì gli Ebrei, che si appropriarono con la prepotenza di una terra che non gli apparteneva.
Che cosa bisognerebbe fare, dunque? Per quanto questo suoni paradossale (e lo è) sono gli Ebrei occupanti (da oltre 70 anni) che, a rigor di logica, dovrebbero sloggiare, levare le tende, andarsene dalla Palestina. Ma questo, ovviamente, non è plausibile: anche nella storia, cosa fatta capo ha.
L’unica flebile speranza è che sulla base di tale consapevolezza il mondo civile imponga per quella terra il famoso “due popoli e due stati”. Ma esiste più il mondo civile? Esiste più il diritto internazionale? Esiste poi davvero la possibilità che la catena di lutti e di odii reciproci alimentati (inevitabilmente) da entrambe le parti e cresciuti a dismisura di generazione in generazione, consenta oggi alle due etnie di risalire la china di un’inimicizia ormai cronicizzata? È un’impresa veramente titanica.
E così, mentre mezzo mondo grida all’orrore per ciò che sta succedendo, intanto tutto rapidamente continua a succedere, sembra precipitare irreversibilmente verso l’anzidetta “soluzione finale”: cancellare i Palestinesi dalla faccia della Terra. Sicché di questo popolo non rimarrà forse più quasi traccia. E i Palestinesi non avranno neanche il beneficio di una loro diaspora. Beninteso, non sarà il primo popolo della storia che “viene estinto”. Non è la prima volta che ciò accade.
Ma ciò che ancor ci offende è il modo brutale e disumano con cui ciò avviene: attraverso una “guerra” condotta non contro un esercito nemico, bensì contro dei civili inermi (e donne e bambini)! Dunque è questo il lascito di vergogna (e confidiamo almeno nella vergogna futura) che sarà consegnato alle prossime generazioni: a imperitura memoria e a disdoro di noi, dei padri, per quello che è accaduto e per quello che non si è stati capaci d’impedire per decenni.
A meno che, viceversa, tale barbarie in atto non provochi ancor più virulente e incontenibili esplosioni a catena di rabbia e di violenza, e attentati, e terrorismo, che potrebbero essere veramente il preludio ad un terzo conflitto mondiale. E non sarebbe questo certo il male minore: sarebbe forse un conflitto tanto mondiale quanto fatale per l’intero Pianeta. A questo dunque siamo?
Poscritto. E cosa avrebbero dovuto invece fare gli Ebrei senza una loro terra? Niente, avrebbero dovuto fare. Avrebbero dovuto restare a casa loro, cioè nei vari paesi d’Europa e del mondo in cui avevano preso dimora e che erano diventati la loro terra. Integrandosi presso le città e i paesi e le genti con cui vivevano (cosa che tantissimi Ebrei hanno pur fatto egregiamente nei secoli, ad onta di persecuzioni e pogrom). Integrandosi, cioè, come tanti altri stranieri e minoranze hanno fatto in tante altre parti del mondo.
Integrarsi senza rinunciare alle proprie usanze e alle proprie tradizioni è possibile, accade. La lotta giusta è precisamente questa: combattere per la parità e l’integrazione delle minoranze, senza che esse debbano per ciò stesso rinunciare alla propria identità. Perché nei paesi in cui vivono le cosiddette minoranze, esistono anche – vivaddio – tante persone con il sale in zucca, che sanno e comprendono come gli uomini di qualunque latitudine siano, alla fin fine, tutti uguali.