
Perché la sinistra perde
23 Luglio 2023
CONO DI LUCE Una storia di altissimo cucito con l’impresa “Franca Polacco”
26 Luglio 2023Quando la letteratura è la chiave di interpretazione della realtà! Il nostro mondo
raccontato 70 anni fa. Racconti distopici che però ci dipingono il nostro presente.
Per ragioni di studio mi sono imbattuta in letture dall’attualità sconcertante: Il
mondo nuovo di Huxley (1932) e, a seguire, il saggio-commento al suo romanzo,
Il ritorno al mondo nuovo, (1958), un vero trattato di sociologia. Libri
sconvolgenti per l’approccio visionario e il tono profetico. L’uno ambientato in un
immaginario stato totalitario del futuro, nel quale ogni aspetto della vita viene
pianificato e manipolato, in nome del “razionalismo produttivistico”, l’altro per
l’analisi lucida e terrifica “dell’arte della manipolazione e del controllo dei cervelli.
Ho ripreso in mano 1984 di Orwell (1948) e che dire di Fahrenheit 451 di
Bradbury che dal canto suo ci inquadra un altro aspetto della nostra
contemporaneità? L’attualità di questi scritti è disarmante.
Ci spiega Huxley che all’incubo del disordine degli anni della prima guerra si
contrappose l’incubo dell’ordine eccessivo dei regimi totalitari, al mondo disordinato
del liberalismo si contrappose il mondo ordinatissimo dei regimi totalitari. Questi
vennero rappresentati nelle loro “favole” distopiche nelle quali l’obiettivo
dell’efficienza e della perfezione delle società non lasciavano spazio alla libertà e
all’iniziativa personale e imponevano una “super-organizzazione”. Una società
preordinata, dove la soggezione è garantita dalla manipolazione genetica o
dall’”Ipnopedia” (educazione nel sonno), l’ortodossia è frutto di un martellamento
costante funzionale a generare ordine, efficienza, in cambio della rinuncia alla
libertà e all’iniziativa personale.
Huxley nel suo Ritorno al mondo nuovo fa chiari ed espliciti riferimenti al romanzo
di Orwell 1984, mettendolo in relazione con il suo Il mondo nuovo sostenendo
che se 1984 è il mondo della repressione, una società controllata dal castigo e dal
timore dell’ oppressione, il suo mondo nuovo è il mondo della manipolazione delle
coscienze e del controllo delle menti capace di indurre sistematicamente la condotta
desiderata, rendendo inutile qualunque forma di repressione e oppressione da parte
di un potere onnisciente e onnipresente. L’uno determina la condotta desiderata
imponendola con la repressione, l’altra tramite tecniche di manipolazione dei
pensieri e dei sentimenti delle masse. L’uno con la violenza, l’altro con “il controllo
dei cervelli”. Ci racconta come “il controllo dei cervelli”, come dice lui, “è
diventata un’arte o addirittura una scienza”.
Ed è questo il mondo che ci prospetta Huxley, anticipando di 70 anni circa (1958) la
nostra società fondata sulla propaganda, sull’omologazione, sull’assenza di
pensiero, sull’apparenza, sulla menzogna, su questa scienza del controllo delle
menti che, pur senza interferire sulla struttura dello stato democratico, asserve
comunque la mente delle masse, portandole nella direzione che si vuole,
imponendo una dittatura del pensiero omologante.
In Fahrenheit 451 si bruciano i libri. Montag, il protagonista, è al servizio di chi impone di
eliminare tutti i libri che spaventano il potere perchè insegnano un approccio critico alla
realtà, in nome di un’equazione paradossale: lo studio, la lettura generano pensiero, il
pensiero rende infelici. Se si eliminano i libri si azzera il pensiero scomodo e si garantisce
agli uomini la felicità e, aggiungo io, si garantisce stabilità al potere. Il romanzo è, quindi,
una straordinaria metafora del valore della cultura, della lettura, dei libri, del valore delle
idee, degli insegnamenti del passato senza i quali non esiste l’umanità, senza i quali non
esiste alcuna possibilità di futuro, potente antidoto alla soppressione della libertà. E oggi,
direi, se si eliminano o riscrivono i libri, si può manomettere la memoria del passato
attraverso un revisionismo, strumentale ad una nuova narrazione e funzionale al potere.
E’, questo libro, un inno alla trasmissione del sapere personificato nei personaggi che
Montag incontra alla fine del romanzo, ognuno dei quali ha imparato a memoria i libri che si
è incaricato di trasmettere a coloro che verranno, per ridare vita al sapere, in quel processo
di desertificazione determinato da questa dittatura che impone di bruciare tutto, di bruciare i
libri. E il contraltare dell’eliminazione dei libri per impedire il sapere e il libero
pensiero, sono le pareti delle case, del soggiorno trasformate in video che
trasmettono ogni momento una realtà dominante, parallela, capace di anestetizzare
le menti, strumento di manipolazione delle coscienze nel vuoto del pensiero.
E’ il nostro mondo. Un mondo che si regge sul vuoto omologante del non pensiero, sul
prevalere delle immagini sui contenuti, sulla falsificazione del vero, sull’apparenza vs
l’essere, sull’uso dei social che è invece solo affermazione di isolamento e degrado etico,
sulla finta condivisione che in realtà è adeguamento al pensiero omologato. Per dare forma
a una massa informe.
E l’apparente libertà di espressione diventa schiavitù, asservimento alla narrazione
dominante, trasforma gli uomini in automi, soffocando lo spirito creativo e critico e
annullando ogni possibilità di liberazione e autonomia di pensiero.
E’ il tempo in cui il sapere, la cultura non hanno alcun valore anzi è l’elogio dell’ignoranza. E’
il mondo di una stampa non libera ma serva di padroni, di un giornalismo che trasmette
pensiero unico, trasmissioni televisive che impongono una visione della realtà univoca,
strumento asservito al potere. Con un’idea della reductio ad unum, di riduzione della
molteplicità all’unità, dell’affermazione del pensiero omologato e omologante per imporre
l’ordine al caos tramite un processo di deumanizzazione e di sottrazione dell’approccio
critico alla realtà grazie al sapere. Così sono condannate tutte le diversità, tutte le
minoranze, le deviazioni rispetto ad una norma presunta: la diversità fa paura, si deve
controllare, reprimere in tutte le sue forme dal colore della pelle, alla diversità di genere etc..
Un popolo così asservito non è al sicuro, la democrazia non è al sicuro in quanto non ha gli
strumenti per difendere la sua sopravvivenza.
Come diceva Pascal l’uomo ha bisogno della distrazione, del divertissement, perchè gli
uomini non vogliono sapere e non vogliono sapere di non sapere e non vogliono pensare ai
mali del mondo. Così quando la maggior parte della massa passa gran parte del suo tempo
col cervello nel mondo dello sport, della canzone, dell’intrattenimento becero, affogando
nella facile e superficiale distrazione è difficile resistere all’attacco da parte del conformismo.
Diventano obbedienti e soggetti acriticamente agli ordini, con la logica conseguenza di
quello che la Arendt chiamava la banalità del male che nasce dall’assenza di pensiero. Se
riesci a far pensare in modo omologato, riesci a far agire in maniera acritica e obbediente,
ad instillare nuovi moduli di comportamento, facendo acquisire un nuovo sé con nuovi valori
o meglio disvalori.
Stampa, cinema televisione, e soprattutto social, la comunicazione di massa nelle mani del
potere divengono “le armi più possenti dell’arsenale dittatoriale.” Attraverso alcuni mezzi,
come ci spiega Huxley: l’”iterazione di frasi fatte, slogan semplici, con informazioni e formule
stereotipate e dogmaticamente ripetute che vengono passate per vere”; soppressione di fatti
o omissioni o manipolazioni delle notizie, lo stravolgimento o rovesciamento del significato
delle parole. Se poi è il potere che assume il monopolio dell’informazione il gioco è fatto.
Essere un capo significa sapere come far muovere le masse, incapaci di pensiero
autonomo e di pensiero astratto e si muovono spinti da istinti e sentimenti inconsci,
metodicamente condizionati e deve sapere come suscitarli. La massa non ragiona è solo
suggestionabile, è quello che Huxley chiama avvelenamento da gregge da parte
dell’oligarchia dominante. L’uomo nella massa “sfugge alle responsabilità, alla moralità per
entrare in uno stato di amenzia frenetica e animalesca”. E ancora: “Con la nuova liturgia i
principi politici e programmi concreti hanno perso gran parte della loro importanza. Contano
solo 2 cose: la personalità del candidato e la maniera in cui la presenta la propaganda.
Perciò i discorsi del candidato devono essere brevi, scattanti. Non occorre che dica la verità
su niente.” Dice sempre Huxley “Con gli avversari non si discute, si grida, si aggredisce.”
“Urlava, strillava, si faceva gonfiare le vene, imporporare il viso” dice di Hitler, “un’emozione
fortissima e, infettato dalla frenesia purulenta dell’oratore, il pubblico geme, singhiozza,
strilla in un’orgia di passione scatenata”. Ci ricorda qualcuno che ai nostri giorni è arrivat* al
governo con questi metodi, ululando contro il nemico di turno?
Certo siamo più vicini al mondo nuovo, il mondo del controllo dei cervelli che a 1984, il
mondo della repressione. In effetti non si intravede alcuna forma di controllo o di
repressione (anche se qualche forma di censura affiora prepotente) ma siamo soggetti a
quell’avvelenamento di gregge di cui parla Huxley. Ci sono tutti gli ingredienti.
E contro una società senza inconvenienti o una società super-organizzata e
irreggimentata un personaggio de Il mondo nuovo dice: “Ma io non voglio un
mondo di comodità, io voglio dio, voglio la poesia, voglio il pericolo reale, voglio la
libertà, voglio la bontà, voglio il peccato ….. Reclamo il diritto anche di essere
infelice.”
L’antidoto all’irreggimentazione? L’educazione alla libertà che troppo spesso
è esposta a minacce e che non è data una volta per tutte. “E’ pur sempre nostro
dovere fare il possibile per resistere” è la conclusione a cui arriva Huxley.
Allo stesso modo, ad un certo punto Montag, pompiere che invece di spegnere il fuoco lo
appiccava, grazie ad un incontro fortuito ha una folgorazione, un rigurgito di coscienza,
acquista consapevolezza dell’orrore che sta compiendo e, mettendo a rischio la sua casa, la
sua vita e quella della moglie, dà una svolta alla sua esistenza, si riappropria nuovamente
del suo amore per i libri che inizia a salvare dal fuoco, riafferma il valore “sovversivo” della
poesia e del sapere, si sottrae alle decisioni dell’oppressore e del suo capo, eliminandolo,
nel tentativo di contrastare o limitare gli effetti devastanti di questa politica e di questo
regime che impone di fare tabula rasa del sapere. Gli si apre dinanzi una luce non più
offuscata dalle tenebre dell’imperante società disumanante.
Quindi questi testi sono anche una straordinaria metafora dell’importanza di resistere,
resistere e opporsi all’oppressione, alla dittatura del pensiero, agli orrori del loro tempo,
metafora dell’importanza di saper DIRE NO (in ogni tempo) per non essere complici, per
non omologarsi, per affermare se stessi e i valori in cui si crede. Una realtà distopica nella
quale, però, c’è spazio alla speranza di una rinascita, come la fenice che “ogni volta che
bruciava prendeva il volo dalle sue ceneri e nasceva di nuovo”.
“C’è una stagione per ogni cosa: sì, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un
tempo per tacere e uno per parlare”.
Opere distopiche certo in quegli anni ma credo di grande attualità ai nostri giorni, in tempi di
degrado e deprivazione culturale, intellettuale e morale, in tempi in cui assistiamo al
monopolio dell’informazione, al controllo sistematico su ogni pezzo di istituzione, al dilagare
della civiltà dell’immagine che si sostituisce alla scrittura e al libero pensiero, in tempi di
scarsi investimenti nella scuola, nella cultura, in tempi in cui si dà consenso a chi urla di più
dando valore non al ragionare ma al sentire, al vomitare rabbia contro il nemico di turno,
non all’argomentare per convincere, non al progettare per costruire o proporre idee.
Siamo in un tempo in cui prevale la vis destruens, in attesa che prevalga nuovamente la vis
costruens .“