ENRICO VIANELLO: la mia città dei prossimi 5 anni
16 Agosto 2020LA CLASSE DIRIGENTE E LA POLITICA POLITICANTE
17 Agosto 2020Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.
Tra le molte riflessioni che il periodo di confinamento mi ha indotto a compiere ne esiste una che si accompagna particolarmente al mio percorso personale e professionale. Mi sono reso conto con grande chiarezza che molti studi effettuati negli ultimi anni su temi economici e sociali riguardanti Venezia ci hanno sostanzialmente azzeccato. Le criticità della Città, esplose in tutta la loro virulenza durante quelle terribili giornate, erano già note. Le medesime ricerche, che le avevano circoscritte, contengono anche strategie e azioni da perseguire per cercare di risalire la china.
La cosa che più colpisce rispetto a questo quadro è ed è stata l’assoluta incapacità da parte degli amministratori di sperimentare delle soluzioni. Sottolineo il termine sperimentare perché nessuno ha la bacchetta magica e davanti a problemi ormai incancreniti bisogna avere il coraggio di lasciare da parte i proclami per tentare nuove strade, correggendo in corso d’opera eventuali errori.
Un tema su tutti, che riguarda il futuro stesso della città storica: la gestione dei flussi turistici. Cosa si è sperimentato negli ultimi anni? La carnevalata dei tornelli. Ma fino allo stop dello scorso marzo l’invasione non è stata regolata e oggi tutto ciò che si pensa di fare è agire perché la situazione torni come prima con 20 milioni e più di escursionisti all’anno, un numero che sappiamo essere insostenibile soprattutto perché (non) gestito. Insostenibile per le ricadute sul tessuto sociale ed economico della Città. La monocultura turistica è un blob che tutto assorbe e assimila.
Spostandosi in terraferma tocchiamo con mano due aspetti fondamentali del vivere comunitario, tra loro strettamente connessi, la sicurezza dei cittadini e il degrado delle zone periferiche. Toni repressivi, assunzioni di vigili urbani come mai se ne sono visti per ottenere un unico, e in realtà prevedibile, risultato per chi avesse voluto ascoltare studi ed evidenze scientifiche: la mano dura serve contro l’illegalità nella misura in cui viene affiancata da politiche sociali mirate come, ad esempio, l’azione sul territorio degli educatori di strada o servizi relativi alla riduzione del danno. Diversamente, passato il momento della repressione tutto, in men che non si dica, torna come prima (se non peggio).
La lista potrebbe andare avanti a lungo includendo, tra gli altri, i grandi temi economici che dipendono da una sinergia e un dialogo tra più livelli istituzionali. Basti pensare a una delle aree produttive della Città che è stata l’elemento regolatore di tutto in Novecento, e che ancora oggi ha un’importanza enorme, ovvero Porto Marghera. Sulle condizioni del suo funzionamento i dati esposti proprio qui da Giannandrea Mencini dimostrano come la sola soluzione per poter immaginare che Venezia possa avere un Porto stia nel suo “trasferimento” al di fuori delle bocche di porto. Una sfida titanica, che fa tremare i polsi, considerando come è stata gestita la costruzione del MoSe e sapendo che il tutto deve essere fatto in sinergia con il sistema della portualità dell’alto Adriatico.
E se su Porto Marghera le competenze sono suddivise tra enti diversi e quindi assistiamo sempre allo scaricabarile tra i diversi livelli istituzionali, ci sono per contro dei settori che sono nel pieno potere dell’amministrazione comunale. In questo senso sono due le leve che vanno attivate prioritariamente, per il loro valore intrinseco e perché possono avere impatti fortemente positivi su tutta la Città, il mondo del terzo settore e quello della cultura. Le connessioni tra questi due ambiti sono molte e fautrici di processi di rigenerazione che interessano l’artigianato e il commercio, il mondo della formazione e il welfare, la residenzialità e la qualità dell’ambiente nel quale viviamo e lavoriamo. Ci sono tanti esempi in Italia che possono essere delle vere e proprie buone pratiche da prendere come esempio. Ne faccio uno, il progetto Laboratori di quartiere a Bologna. Insomma, bisogna ripartire dal capitale sociale e cognitivo della città, senza cadere in stucchevoli provincialismi ma sapendo che un amministratore non può prescindere dal tessuto culturale e sociale che, seppur indebolito anche per la poca attenzione che gli viene data, esiste tra Venezia e Mestre. Servono però degli amministratori che abbiano grande cura dei processi che stanno dietro a queste pratiche e credo sia inutile sottolineare che lo stile di governo della Città inaugurato da Luigi Brugnaro non garantisce un agire politico capace di essere inclusivo. Non serve qui tornare sui modi e la sostanza del Sindaco uscente, ma cerchiamo di non dimenticare quanto è accaduto nei difficili mesi che abbiamo attraversato, quando non trovò meglio da fare che lanciare liste di proscrizione per chi si permetteva di criticare il suo operato. All’epoca lo definii “Orban in Saor”, il suo stile padronale emerse in tutta la sua forza. Ma a Venezia ne abbiamo già uno e di bel altra caratura di “Paron de Casa” e tanto basta.
Infine, se ne parla poco in campagna elettorale perché non porta voti, ma gli aventi diritto del Comune di Venezia hanno una responsabilità enorme perché non solo eleggono il loro Sindaco ma anche il Sindaco di tutta la Città metropolitana. Se la riforma Delrio era tutt’altro che perfetta, permetteva comunque al Sindaco metropolitano di muovere alcune leve importanti e su questo Brugnaro deve assumersi responsabilità enormi per non averci nemmeno provato. Potrei citare, per fare un esempio, la questione della mobilità. Se vogliamo restare alle questioni comunali, a tal proposito mi chiedo: come si è cercato di superare il problema dell’accessibilità a Venezia? La sola cosa che io ricordo sono le “strampalate” proposte dell’assessore Boraso sull’allargamento del Ponte della libertà.
I nuovi amministratori dovranno essere degli sperimentatori. A me piace sempre ricordare la lezione di Bruno Munari quando, matita alla mano, dimostrava come dati una serie di punti questi potessero essere tra loro collegati seguendo quanto già adottato. Procedendo in questo modo si avrà evidentemente sempre lo stesso disegno. Ma se i medesimi punti vengono uniti in maniera nuova e diversa si avrà un risultato differente. Se alla parola punti sostituiamo problemi e alla parola disegni il termine Città capiamo subito come affrontare gli stessi problemi con un’idea diversa porti ad una Città differente. Si dovranno adattare al nostro territorio buone pratiche già felicemente attivate e immaginare nuovi percorsi avendo l’intelligenza politica di utilizzare come bussola il bene comune che, è sempre bene ricordarlo, non è la somma degli interessi privati. Chiunque vinca le prossime elezioni dovrebbe andare a Siena a studiare il ciclo di affreschi del Lorenzetti su Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo dove sono rappresentate da una parte giustizia, temperanza, magnanimità e pace dall’altra discordia, perfidia, ira, tirannide e vanagloria.
Chi è Giuseppe Saccà: laureato in Storia contemporanea a Ca’ Foscari, autore di numerosi studi sulla Città. Dopo alcuni anni passati all’estero è tornato stabilmente a Venezia dove ha collaborato con molte associazioni culturali e lavorato in fondazioni, enti pubblici e privati, anche come libero professionista. Vive e lavora tra la Città storica e la Terraferma. Si candida per la prima volta al Consiglio Comunale nella lista del Partito Democratico con la convinzione che non “andrà tutto bene” se tornerà la città di prima! www.giuseppesacca.it