IL CLIMA E LA SUA PERCEZIONE. UNA METAFORA
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“La fine della Storia”: il titolo di un saggio pubblicato nel 1989, prima dunque della caduta del Muro di Berlino dall’americano Francis Fukuyama, continua a tornarmi in mente in questi giorni. La predizione di un mondo dove l’evoluzione sociale, e con essa i relativi conflitti, fosse ormai conclusa parve allora acquistare certezza con l’ingloriosa e repentina fine dell’Unione Sovietica. Secondo l’autore, la Terra si stava avviando a una sorta di equilibrio termodinamico, dove nulla davvero poteva mutare e, di conseguenza, fosse possibile fare previsioni sicure sul futuro, mentre lo stesso concetto di Storia si avviava a estinzione.
È chiaro a chiunque, le cose non sono andate in questo modo. Anzi. Aprendo il giornale, di carta o digitale, ogni mattina ci scopriamo più che mai immersi dentro il fiume lavico di una Storia volubile e capricciosa, dove regnano sovrani Caos e Guerra.
Già, è tornata a farsi viva questa antica compagna dell’uomo. E non solo sotto la forma dei famosi “conflitti asimmetrici”, tanto cari all’opinione pubblica euro-americana: non siamo più di fronte soltanto a operazioni di “peace-keeping” o “peace-enforcing”, giusto per usare le ipocrite definizioni tanto care ai buonisti di ogni luogo, ma alla minaccia di una guerra convenzionale tradizionale. Sempre sperando che non diventi anche nucleare, come evocato ormai apertamente dal presidente russo Vladimir Putin.
Addirittura, i “nemici” per l’Euro-America tornano a essere quelli di ieri: i signori del Kremlino, ora non più ornati di stella rossa ma dell’aquila bicipite della tradizione panslavista. Verrebbe da citare Friedrich Nietzsche e l’ “eterno ritorno dell’uguale”. Il fatto è che quando ci sono interessi contrastanti in competizione, prima o poi a qualcuno viene la tentazione di risolverli con la forza. Niente di nuovo, dunque. Nulla che non si potesse pre-vedere. Più che un filosofo, Fukuyama si è dimostrato un cattivo studente.
Le domande che dobbiamo porci oggi, intanto, sono: cosa sta succedendo veramente in Ukraina? E nel Vicino Oriente?
Si tratta di questioni distinte eppure legate da un curioso, sottile filo rosso. Cerchiamo d’individuarlo.
In Ukraina si sta giocando l’ennesima partita egemonica tra Occidente, inteso come Usa e Nato, e Oriente, nel senso tradizionale di Russia. Questa si è interrotta per un breve lasso di tempo, subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica e l’emergere della traballante Federazione Russa di Eltsin, ma dall’ascesa imperiosa di Vladimir Putin in poi è ripresa a pieno ritmo. Putin, del resto, è stato “estratto” dal cuore dell’ex-KGB, ora FSB, praticamente solo con questo obiettivo: ridare alla Russia il perduto ruolo di Grande Potenza. Da allora, la guerra è ricominciata.
Tappe intermedie sono state le campagne di Cecenia e Georgia, il recupero russo della Transcaucasia, Armenia in particolare, e oggi la creazione di un’area economica integrata che rivaleggi con la UE. L’Ukraina non poteva sfuggire a questo disegno.
Del resto, giusto per essere onesti, tra Washington e Bruxelles, nessuno ha mai smesso di “spingere” verso Est. Per allargare la sfera d’influenza “Occidentale” e respingere sempre più indietro l’antico nemico “Orientale”, obiettivo finale la sua conclusiva disfatta.
Crimea, Donbass e aree russofone in genere dell’Ukraina, insomma, sono solo le ultime pedine di questa pericolosa partita a scacchi. Politica e quindi, a un tempo, diplomatica, economica e militare. Per questo non dobbiamo meravigliarci se i russi, nel senso di soldati regolari della Federazione, combattono nel Donbass. E neppure se domani qualche giornalista dovesse “scoprire” che i “volontari” schierati con Kiev… non sono proprio semplici esaltati arrivati a titolo personale.
Oggi la guerra si fa in questo e in molti altri modi “non convenzionali”. A dire la verità è sempre stato così, come ci raccontano storici dell’Antichità e pensatori strategici dell’Età Moderna, quali Raimondo di Monteccucoli. La propaganda, il sollevare contese devastanti all’interno dei territori da conquistare, la pressione economica. Tutte armi, per chi è veneziano, che la Serenissima ha impiegato con larghezza nel corso della sua Storia: ne sanno qualcosa i poveri imperatori di Costantinopoli, letteralmente sbranati, anno dopo anno, Crisobolla dopo Crisobolla, per saziare l’appetito senza limiti dell’ex provincia adriatica. Sino alla conclusione fatale.
“Senza Limiti”, appunto, come nei nostri tempi, dove le battaglie si combattono su internet e via twitter, allo stesso modo che nel teatro apparente della lotta. Il cosiddetto Califfato ne è maestro indiscusso. Certo, bisogna poi vedere se le “tattiche”, all’apparenza vincenti, riescono a portare alla vittoria. Solo allora si potrà giudicare la bontà della strategia adottata.
Qua, però, non interessa tanto questo aspetto quanto mettere in luce la natura, sempre trascurata dalla nostra stampa, di “guerra senza limiti” appunto, militare e allo stesso tempo non-militare, dei conflitti in corso: controllo delle risorse energetiche, delle informazioni, dei flussi migratori, dei mercati finanziari, dell’arte e della cultura, del clima… perché forse a qualcuno riuscirà sorprendente, ma oggi si parla anche di “guerre metereologiche” in corso. Nulla di ufficiale, per carità, come si conviene a questo genere di cose, eppure esistono molti indizi in materia.
Lo spazio qui è poco per affrontare tutti i temi appena accennati, una buona “finestra” sulla realtà, però, può essere aperta dalla lettura di “Guerra Senza Limiti”, libro al quale ho rubato il titolo, uscito ormai qualche anno fa, ma di bruciante attualità. Ah, dimenticavo, gli autori sono due militari dell’aviazione, Qiao Liang e Wang Xiangsui… cinesi, guarda caso. Perché il terzo grande fronte per l’Occidente riguarda la nuova potenza dell’”Impero di Mezzo”. Anche questo un ritorno da un lontano passato.