COSTUME & MALCOSTUME Sarà poi così “smart” il “working” da remoto?
17 Giugno 2024440 milioni di liberaldemocratici
21 Giugno 2024Prima vicenda, in ordine di tempo: nel lontano giugno 2021 l’Autorità Portuale bandisce il concorso di idee per il nuovo Porto offshore, avente per oggetto il concepire “punti di attracco fuori dalle acque protette della Laguna di Venezia utilizzabili dalle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda superiore a 40.000 tonnellate e dalle navi portacontenitori adibite a trasporti transoceanici”. La ratio del progetto era, ed è, quella di pensare alla sopravvivenza futura del Porto che deve, nel medio-lungo termine, trovare un approdo esterno alla Laguna perché le inevitabili sempre più frequenti chiusure del MOSE ne minerebbero competitività e funzionalità. Parliamo non solo di navi da crociera ma soprattutto di navi da trasporto, di portacontainer, ovvero di Porto commerciale. Il porto offshore, la conditio sine qua non per incardinare le esigenze socioeconomiche e quelle ambientali è infatti una soluzione caldeggiata anche dagli ambientalisti. La cordata Duferco propone il famoso progetto Venis Cruise 2.0, nato come risposta al Decreto Clini Passera e dunque focalizzato esclusivamente sull’accoglienza delle navi da crociera. Non risponde quindi alle specifiche dal Bando ma viene in prima battuta escluso non per questo motivo sostanziale, ma per uno formale, ovvero viene ritenuto non rispettare il requisito di essere “fuori delle acque protette della Laguna”. Duferco ricorre al TAR, vince e viene riammesso al Bando che oggi riprende l’iter, dopo tre anni (un periodo neppure eccessivo, tenuto conto della fisiologica tempistica procedurale e dei tempi della nostra Giustizia). Dunque, tre anni persi, che allontanano la realizzazione di un’infrastruttura che, perlomeno nella ratio, mette d’accordo tutti. Il tutto per nulla perché il Venis Cruise 2.0 sarà pure formalmente accoglibile ma non risponde agli scopi e agli obiettivi del Committente e quindi di fatto non ha probabilità alcune di risultare il progetto vincente.
Seconda vicenda, di pochi giorni fa. A fine 2022 il Comune di Venezia delibera di imporre un’addizionale comunale di 2,5 € alla già esistente “tassa di imbarco” aeroportuale, in pratica un sovrapprezzo per ogni volo da e per l’aeroporto Marco Polo. La decisione scatena una reazione violenta di SAVE e delle compagnie low cost (segnatamente di Ryan Air che a seguito di questa misura taglia alcune rotte da Venezia). SAVE fa ricorso avverso la Delibera Comunale ma il TAR (maggio 2023) dà ragione al Comune. I ricorrenti, non domi, si appellano al Consiglio di Stato e questo ribalta il parere del TAR perché la necessità della tassa non è sufficientemente motivata. Evapora dunque l’extra gettito sperato dal Comune e si apre verosimilmente una difficile partita per il rimborso delle somme esatte (ove siano state esatte), per fortuna prudenzialmente accantonate da SAVE e non versate al Comune.
Cos’hanno in comune questi due accadimenti? Sono spie di un sistema generale che non funziona. In un Paese “sano”, Duferco non avrebbe sottoposto un progetto difforme nella sostanza a quanto richiesto e in ogni caso la Commissione del Porto avrebbe dovuto/potuto escluderlo per palese inadeguatezza di merito e non per una motivazione formale (effettivamente risibile). In un Paese sano le specifiche del Bando avrebbero parlato di infrastruttura esterna, in mare aperto o quant’altro e non quell’ambiguo “fuori delle acque protette” senza peraltro definire cosa si intende per “acque protette”. E infine, in un Paese sano quelli di Duferco non avrebbero fatto ricorso, anche se nel formalismo avevano ragione, perché avrebbero avuto la consapevolezza che erano comunque fuori specifica. Così la querelle Comune/SAVE: non entro nell’opportunità o meno della tassa né nelle ragioni (e torti) delle parti. Dico solo per trasparenza che per me era concettualmente una tassa sbagliata (ma è irrilevante nella logica del discorso che faccio). Resta il fatto che due emanazioni dello Stato, il TAR e il Consiglio di Stato, hanno dato pareri opposti. Ma che razza di Paese è quello in cui la legge è così incerta che lo stesso apparato statale non si riesce a mettere d’accordo.. con se stesso? Preciso: non contesto affatto che vi siano più livelli di giudizio, anzi: è una garanzia di civiltà. Ma un conto è applicare questa disposizione su un “fatto” specifico (tipicamente: un caso giudiziario) un conto è che giudizi diversi siano dovuti alla causa a monte di leggi interpretabili in modo difforme.
Si potrà obiettare, con buone ragioni, che ho scoperto l’acqua calda. Che casi come questi, di pasticci, indicazioni ambigue, leggi “interpretabili” in modi opposti, sono all’ordine del giorno, che il nostro è il Paese dei ricorsi al TAR. Il fatto è però precisamente che ormai ci siamo talmente assuefatti a questo andazzo che la cosa non colpisce più. Nessun organo di stampa ha stigmatizzato la inutile perdita di tre anni, nessuno ha rimarcato che se giudici diversi, che sicuramente hanno tutti ragionato cum grano salis, sono giunti a conclusioni opposte sulla legittimità dell’addizionale alla tassa di imbarco è perché il difetto stava a monte, su una legislazione opaca. E forse questa è la cosa peggiore: non siamo neppure capaci di vedere l’inefficienza intrinseca del Sistema Paese, che evidentemente è considerata come una condizione ambientale data, ineliminabile. E invece se si vuole uscire da questo maledetto pantano il prerequisito è proprio quello di essere capaci di scandalizzarcene.
La vicenda della tassa di imbarco lascia poi spazio a ulteriori considerazioni. Il pronunciamento del Consiglio di Stato ha provocato (come comprensibile e legittimo) i commenti soddisfatti dei piani alti di Ryanair e di SAVE. Ryanair, che aveva in effetti tagliato dei voli, ha annunciato che a seguito della decisione del Consiglio di Stato ripristinerà le rotte anzi ha rilanciato con la proposta di abolire del tutto la tassa di imbarco sull’esempio della Regione Friuli Venezia Giulia per l’aeroporto di Ronchi dei Legionari promettendo in cambio di ulteriormente aumentare i voli. La proposta è irricevibile (ed è abbastanza incredibile che sia stata fatta) perché la Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia ha margini di autonomia che non ha la Regione Veneto. Ma a parte l’ignoranza dimostrata, la posizione di Ryanair era onesta, un do ut des che si inseriva in un quadro negoziale alla luce del sole tra un soggetto privato e un ente pubblico. Insomma, Ryanair è stata “al suo posto”.
La reazione dei vertici di SAVE (Enrico Marchi, nella fattispecie) è stata di ben altra natura. Marchi è entrato nel merito non solo della ratio dell’applicazione dell’addizionale (cosa ovviamente pienamente nelle sue prerogative) ma ha in effetti fatto i conti in tasca al Comune, ha sindacato sulle finalità della stessa, ha per esempio suggerito di aumentare l’IRPEF comunale, ha obiettato sul lusso del Bosco dello Sport. Si è spinto perfino ad auspicare lo status di autonomia speciale per la città. Insomma, si è messo nei panni dell’amministratore pubblico (non entro nel merito delle posizioni prese, sono assolutamente irrilevanti ai fini del ragionamento che voglio fare). Ora, Marchi non è un esponente politico, non è un’associazione civica e/o parapolitica, non è nemmeno un cittadino veneziano. È un esponente di primo rilievo del mondo economico e imprenditoriale del nostro territorio, sicuramente esercita (legittimamente) un notevole potere proprio in forza dell’impatto economico e occupazionale che rappresenta, certamente è un attore primario in questo territorio e dunque è naturaliter un interlocutore primario della politica. Ma, appunto, un “interlocutore” non un “sostituto” come si è atteggiato in questa circostanza. Lo ha fatto probabilmente di istinto, senza malizia ma certo è un precedente perlomeno antiestetico. Almeno così appare a me che certo non demonizzo il ruolo dell’imprenditoria nella costruzione del futuro di un territorio, anzi lo ritengo essenziale. E meno che meno ho la tendenza a vedere sempre e comunque interessi privati più o meno loschi in qualsiasi decisione prenda la politica. Ma proprio per questo, proprio per la funzione insostituibile dell’economia e dell’imprenditoria privata, è fondamentale mantenere separati i ruoli. Che sono e devono restare anche concettualmente distinti. Anche nella percezione comune.
A meno che.. Marchi stia seriamente pensando a candidarsi a Sindaco. Sarebbe certamente legittimo e ha tutti i diritti di farlo. Ma a maggior ragione, se così fosse, è oltremodo opportuno che i ruoli di imprenditore e candidato in pectore restino chiaramente separati.
Immagine di copertina © Federlab Italia