
Mostra del Cinema 2023
12 Settembre 2023
L’empatia per fermare i lupi
21 Settembre 2023L’imam di una moschea di Birmingham ha illustrato la procedura corretta per la lapidazione di una adultera: un messaggio per noi esecrabile, e fa sensazione che sia stato diffuso nella occidentale Inghilterra.
Una espressione di un islam rigorosamente ortodosso. Non sappiamo quanti fedeli musulmani professino una inflessibile osservanza dei precetti religiosi, quanti abbiano un atteggiamento tiepido, e ancora quanta parte dei musulmani sia bendisposta verso i costumi occidentali o segua un compromesso con questi; soprattutto, per quel che ci riguarda, tra quelli che vivono nei paesi dell’ Occidente.
Le recenti rivolte nelle banlieu francesi hanno riproposto le difficoltà di integrazione dei migranti islamici nei paesi di arrivo, aggravate dal fatto che si tratta di migranti della seconda o terza generazione. A differenza delle rivolte nelle banlieu del 2005, in queste del 2023 la caratterizzazione islamica dei disordini è netta. Non è appropriato qualificarle solo come azioni di protesta per situazioni di disagio sociale ed economico, per gli svantaggi che i cittadini di immigrati o ex immigrati patiscono nei confronti degli autoctoni; o perlomeno questo è vero solo in parte. La loro cultura, la loro identità, rimangono quelle dei territori di provenienza, con diffidenza e distacco nei confronti del paese in cui vivono. In certi quartieri di Parigi o Bruxelles, a diffusa presenza islamica, le innumerevoli parabole televisive sono rivolte verso i paesi arabi, e araba o magrebina è la cultura alimentata.
L’islam tradizionale considera l’Occidente un antagonista, ed è probabile che l’aspetto religioso continui a prevalere sulla cultura occidentale. Fino ad ora l’islam non ha conosciuto il processo di secolarizzazione che ha percorso la società occidentale. L’Islam, nella concezione purista, è una religione “politica”: la legge discende da Dio, ed è compito del potere politico farla applicare.
Nel suo percorso storico, l’Islam ha talvolta mostrato verso le altre fedi una tolleranza maggiore che non il cristianesimo; questo però in regioni in cui l’islam era dominante, ed in periodi in cui da ambo le parti, araba e cristiana, governavano regnanti e califfi che avevano interesse politico, e soprattutto economico, a tollerare altri gruppi religiosi, preziosi per l’economia dei loro territori; si pensi alla Cordova medievale.
Il mondo islamico non è religiosamente e politicamente monolitico: esiste la tenace contrapposizione tra sciiti e sunniti, e quindi tra i paesi che sostengono le due diverse fazioni religiose. Negli ultimi decenni, l’integralismo si è notevolmente diffuso, nei paesi arabi musulmani; escludendo i ricchi Paesi dell’economia petrolifera, le delusioni seguite al recente abbattimento dei vecchi regimi , le cosiddette primavere arabe, hanno rivalutato la centralità della religione come criterio di unità, come insieme di credenze e comportamenti da seguire per l’identità del gruppo e l’identità familiare.
Non manca, nell’islam, chi pérora l’abbandono della violenza che viene usata per far rispettare i precetti religiosi; o chi ricerca un compromesso con gli ordinamenti ed i costumi del mondo occidentale; come non manca chi propugna un rinnovamento dell’interpretazione del testo coranico, un adeguamento ai tempi attuali: una volontà di adeguamento che purtroppo, almeno per ora, appare molto debole, molto circoscritta. (Per chi volesse approfondire , un quadro interessante si trova nel libro “Islamismo e democrazia”, Riccardo Redaelli, Ed. Vita e Pensiero, 2015).
Lo scrittore francese Emmanuel Carrère ha scritto nel 2023 il libro “V13, Cronaca giudiziaria”, sul processo ai terroristi autori delle stragi di venerdì 13 novembre 2015, al Bataclan, allo Stade de France e a una serie di bistrot, che causarono la morte di centotrenta persone e il ferimento di altre trecentocinquanta.
Carrère ha seguito assiduamente il processo, iniziato nel settembre 2021. Un resoconto obiettivo, con pagine crude in cui le vittime sopravvissute descrivono le scene dei massacri, con le esplosioni dei terroristi kamikaze. E con i ritratti dei terroristi, giovani opachi, “individui venuti dal nulla, che emettono deboli segnali” come li ha definiti un Procuratore della Repubblica, carichi di odio verso l’Occidente. Giovani di condizioni economiche non disagiate, spesso di rispettabile famiglia e con un lavoro apprezzabile, che negli scantinati dei loro bar passano il tempo a guardare i video delle decapitazioni effettuate dai radicali nei paesi islamici.
Durante il processo, scrive Carrére, vengono interpellati anche studiosi del mondo jihadista, tra cui Hugo Micheron, che ha intervistato un centinaio di jihadisti, in Francia e nei paesi in cui vengono addestrati, soprattutto in Siria. Micheron non nega che alcuni di loro possano essere considerati vittime di un sistema socioeconomico spietato, che spinge alla criminalità o alla fede religiosa “impazzita”, vittime cioè di una condizione legata alle differenze di classe; ma specifica che “..loro non si considerano né vittime né casi sociali. Si considerano, invece, eroi, l’avanguardia di un grande e invincibile movimento che conquisterà il pianeta.”
Tornando ai nostri regimi democratici, e al nostro Paese: il cittadino o l’immigrato di fede islamica, è disponibile ad accettare i principi e le procedure dell’organizzazione statuale e giuridica del mondo occidentale?
La richiesta degli islamici belgi, qualche anno fa, di poter creare un partito islamico, un partito confessionale, è un segnale negativo. Il politologo Giovanni Sartori affermava che non esistono casi di incorporazione dell’islam nei valori del sistema politico di società non islamiche.
Certo, può essere – e sarebbe da augurarcelo – che a lungo andare la civiltà occidentale guadagni una parte degli islamici ai propri valori, alla propria cultura del diritto, ai propri costumi. Magari facendo leva sulle diversità culturale e religiose dei paesi di provenienza , diversità che pure esistono.
Nel frattempo, a noi occidentali resta un compito: dialogo – con gli islamici come con i fedeli delle altre religioni -; esposizione dello stato di diritto, prerogativa del Paese in cui vivono ; educazione ai criteri della tolleranza e della convivenza civile, in riferimento alle donne e a chi professa un credo politico diverso (nella speranza che, trasmettendoli agli altri, educhiamo o rieduchiamo anche tanti di noi) ; rispetto dei loro costumi e delle loro tradizioni quando non confliggono con le nostre normative (diversamente dal pubblico ministero di Brescia che – dai giornali del 12.9.23 – ha chiesto l’assoluzione del marito violento nei confronti della moglie in quanto i maltrattamenti sarebbero il frutto dell’impianto culturale musulmano e non della coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge: una sorta di relativismo culturale che diviene relativismo giuridico, un abominio).
Inoltre, vigilanza su manifestazioni di radicalismo, compito primario dei nostri apparati di sicurezza, e ferma difesa della nostra civiltà occidentale ( a differenza di concittadini che fanno professione di permissivismo, convinti di appartenere in tal modo ad una nobile avanguardia progressista).
Ricordando che la nostra identità e la nostra cultura sono il prodotto della nostra Storia, sono l’Occidente.