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1 Ottobre 2024C’era una volta un Continente beato e felice.
Potrebbe essere questo l’incipit di una favola, di un racconto speciale sulla storia recente dell’Europa e delle complesse Istituzioni che ne caratterizzano il suo operato.
L’Europa beata dal sogno che tutte le sue primarie necessità potessero essere garantite, affidando in appalto la difesa e gli interessi militari agli Stati Uniti d’America, l’approvvigionamento energetico alla vicina Russia ed individuando nella Cina il garante dei suoi futuri interessi commerciali.
L’Europa, cullata da questo sogno, è stata felice per almeno 70 anni, riprova ne è il fatto che uno dei suoi Paesi fondatori nonché asse portante dell’intera architettura comunitaria, la Germania, non avesse più ritenuto necessario investire nella difesa se è vero come ha calcolato il Kiel Institut für Weltwirtschaft che nel 1992 il Paese aveva quattromila carri armati, scesi a 2.400 nel 2004, precipitati a 339 nel 2021.
Fondamento di questo nuovo sentire era, ed in parte è ancora, l’idea che accordi e trattati commerciali dovessero necessariamente portare a rapporti pacifici fra le Nazioni, così come sostenuto anche da autorevoli studiosi come Matthew Jackson e Stephen Nei, della Stanford University che, dopo aver esaminato la frequenza delle guerre tra il 1820 e il 2000, hanno accertato che tra il 1950 e il 2000 il numero delle guerre tra coppie di paesi per anno è stato circa un decimo di quanto registrato tra il 1820 e il 1949, nonostante il numero degli stati sia cresciuto.
Date queste premesse è comprensibile quale possa essere il grado di confusione e smarrimento che oggi serpeggia tra i cittadini in Europa, in particolare davanti alla guerra dichiarata dalla Russia all’Ucraina. Decisamente meno giustificabili le polemiche che hanno accompagnato il recente voto del Parlamento Europeo che ha autorizzato l’Ucraina a usare armi occidentali contro obiettivi militari in territorio russo. Dal sogno dell’Europa terra di Venere è necessario svegliarsi e tenere conto della dottrina imperiale che Putin non ha mai celato dal discorso tenuto alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco del 2007 fino all’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Nel giugno 2022 incontrando i giovani imprenditori russi Putin ha ribadito che: “Per rivendicare un qualche tipo di leadership – non parlo nemmeno di leadership globale, intendo leadership in qualsiasi area – ogni Paese, ogni popolo, ogni gruppo etnico dovrebbe garantire la propria sovranità. Perché non c’è una via di mezzo, non c’è uno Stato intermedio: o un Paese è sovrano o è una colonia, non importa come si chiamino le colonie”.
L’implicazione di queste parole è chiara: ci sono due categorie di Stato: quello sovrano e quello conquistato. Nella visione imperiale di Putin, l’Ucraina rientra in quest’ultima categoria al pari di Kosovo, Finlandia e Stati baltici.
Oggi sostenere l’Ucraina è l’unico modo per raggiungere un accordo dato che la guerra serve non solo per difendere i suoi confini, ma anche per impedire ulteriori invasioni.
I deputati europei ed in particolare alcuni di quelli eletti pochi mesi fa nelle file del Partito Democratico dovrebbero tener presente quanto scritto dal filosofo Slavoj Žižek sul Guardian nel 2022 secondo il quale: “Oggi non si può essere di sinistra se non si sostiene inequivocabilmente l’Ucraina. Essere una sinistra che mostra comprensione per la Russia è come essere una di quelle sinistre che, prima che la Germania attaccasse l’Unione Sovietica, prendevano sul serio la retorica “antimperialista” tedesca diretta verso il Regno Unito e sostenevano la neutralità nella guerra della Germania contro Francia e Regno Unito.”