Grandi opere: opposizione facile con comunicazione inesistente
13 Maggio 2015VENEZIA 2015, CHE SERVA UN ANALISTA ?
18 Maggio 2015È abbastanza difficile raccapezzarsi e farsi un’opinione sulla vicenda del Padiglione islandese della Biennale travestito da moschea (o forse della moschea travestita da Padiglione?..) che tante polemiche ha suscitato e continuerà a suscitare. La cosa può essere vista su più piani di lettura che portano una stessa persona a giungere a conclusioni opposte a seconda di quali di questi piani prevalga.
Le numerose voci critiche hanno ragione da vendere se si considera la modalità furbesca attraverso cui si è attuata l’operazione. Insediare surrettiziamente un luogo di culto in un padiglione della Biennale d’Arte con il pretesto che la moschea è un’opera d’arte è un’operazione sbagliata sia concettualmente (sarebbe come proiettare alla Mostra del Cinema uno spot commerciale lungo come un film con il pretesto che la qualità del filmato è artistica) ed anche impraticabile nei fatti: le norme di comportamento, abbigliamento ecc. richieste da una moschea non sono le stesse di un’esposizione artistica tant’è che già si è verificata la protesta del visitatore che ha contestato l’obbligo di togliersi la scarpe per entrare nel Padiglione. Mi chiedo se la direzione artistica della Biennale, che immagino fosse consapevole di quello che il Padiglione islandese avrebbe “esposto”, non abbia delle oggettive responsabilità.
Premesso questo, l’operazione ha avuto il merito di porre all’attenzione una questione di principio e di sostanza: è opportuno/auspicabile/necessario l’insediamento di un luogo di culto islamico in città o no? Per di più in S. Maria della Misericordia, una chiesa cattolica (ovviamente da tempo non più adibita a luogo di culto)? In tutta franchezza, non vedo perché no e non condivido affatto certe prese di posizione contrarie anche autorevoli (tra cui quella della Zaccariotto e me ne dolgo particolarmente) che parlano di provocazione e paventano pericoli di conflitti enormi. È un fatto che la moschea sin dai primi giorni è stata presa d’assalto dai fedeli a dimostrazione che tale struttura incontra una domanda fino ad oggi insoddisfatta. È un fatto che il riconoscimento la libertà di culto è un diritto indisponibile. E sarebbe pure il caso di smetterla con il logoro argomento della reciprocità: certo che in molti Paesi musulmani non è consentita la stessa libertà di culto! Ma qui da noi, noi che abbiamo una società fondata su un contratto sociale che prevede certi diritti universali, questi proprio in quanto universali si applicano a tutti, indipendentemente dal fatto di ciò che è consentito nel Paese di provenienza del soggetto. Se vogliamo, proprio in questo si concretizza la superiorità delle democrazie occidentali rispetto alle società teocratiche islamiche. Fin troppo facile peraltro ricordare che a Venezia esistono da sempre una chiesa greco ortodossa, una di rito armeno, svariate sinagoghe, una chiesa anglicana… non si vede perché dire no una moschea: sarebbe fare violenza alla stessa storia ed identità della città, per secoli punto di incontro di genti e religioni.
Ultimo, ma non meno importante, il ruolo del Patriarcato. Va fatta una premessa “tecnica”: S. Maria della Misericordia non è più luogo di culto da 40 anni ed è di proprietà privata. Non per questo però può dirsi “sconsacrata” come pensavo io (e come immagino pensassero i più). Pare di capire che le chiese che cessano l’utilizzo come tali rimangano comunque “sacre” e la sconsacrazione del luogo si operi solo in casi eccezionali (tipo che vi abbiano avuto luogo fatti efferati). Non sono luoghi di culto dunque ma restano sacri e come tali per qualsiasi utilizzo devono ottenere l’autorizzazione delle autorità religiose. Che, nel caso di specie, questa storia della moschea l’hanno vissuta con molto fastidio. Il Patriarca Moraglia ha tenuto a precisare che l’autorizzazione nello specifico non è mai stata chiesta ne’ concessa. Ed esprime il suo rammarico con questa criptica nota: “l’intervento così attuato ricade su componenti della città che avrebbero dovuto essere maggiormente coinvolti per meglio condividere un’esperienza che ha risvolti sociali, culturali e religiosi anche nella prospettiva di accrescere le relazioni cordiali e la serena convivenza tra quanti vivono e frequentano Venezia, per eccellenza città dell’incontro tra culture e fedi differenti.”
Una sorta di ibis redibis non morieris in bello.. Parrebbe a prima vista un “SI: basta che chiedete e vi sarà concessa l’autorizzazione, ci teniamo a favorire le relazioni cordiali e la serena convivenza..”. È tuttavia palpabile il disappunto per non essere stati considerati e quindi potrebbe essere un “NO: non ci avete coinvolto prima e non abbiamo potuto preparare le nostre pecorelle alla novità, d’altra parte dovevate tenere conto dei risvolti sociali, culturali e religiosi..” . Staremo a vedere: sembra ormai appurato che l’autorizzazione del Patriarcato sia indispensabile in mancanza della quale il Comune dovrà imporre la chiusura della struttura. Moraglia dovrà uscire dall’ambiguità.