Lezioni ucraine uno
13 Giugno 2022CONO DI LUCE La scrittura come tributo alla luce con Isabel Allende
16 Giugno 2022A volte prima di scrivere un post su Face Book dovrei mordermi la lingua e desistere, o impiegare tre righe in più per farmi capire meglio. Questa volta non ce l’ho fatta e il post l’ho scritto. Lo riporto per intero a fine articolo, insieme ad un colagge di reazioni. Si rivolgeva alla comunità bengalese veneziana e il riferimento era alla loro manifestazione pubblica di settimana scorsa in via Piave, nel cuore della zona di Mestre in cui molti di loro abitano e lavorano.
Chiedevano a gran voce alle istituzioni di intervenire per garantire maggiore sicurezza anche nei loro confronti, perché hanno subito violenze e aggressioni dal mondo dello spaccio, che in quella zona la fa da padrone, con protagoniste componenti etniche ben diverse dalle loro, di solito nigeriane e magrebine di varia provenienza. Il post esordiva apprezzando senza riserve l’iniziativa dei bengalesi ( “bel segnale” dicevo, continuando: ” che fa loro onore”). La comunità in questione da quando si è insediata nella zona di Mestre sud ha sempre avuto un comportamento pacifico, persino in alcuni casi cordiale, non dirò integrato nella città perché tende ancora a costituire una comunità separata, ma questo probabilmente non dipende solo da loro, ma anche dalla città stessa e da una certa inadeguatezza da parte delle politiche sociali. E’ gente che lavora nel commercio locale di quartiere o nelle botteghe turistiche del centro storico e nella manovalanza più bassa delle strutture ricettive turistiche, negli appalti della Fincantieri con forme di sfruttamento non da poco. In tutta la città metropolitana di Venezia la comunità bengalese conta circa 20.000 persone, pare tra le più alte d’Italia, soprattutto rapportata alla popolazione residente. Tuttavia l’ insediamento più massiccio è in Mestre sud dove peraltro, paradossalmente ma neppure poi tanto, svolge un ruolo di presidio del territorio e, se non ci fosse, la criminalità violenta, che agisce nella stessa zona, avrebbe probabilmente ancora maggior facilità a dilagare. Non so per quali dinamiche siano del tutto estranei al mondo dello spaccio e della criminalità e anche questo loro tenersi alla larga era riconosciuto come un valore nel mio post: è -come si dice – gente onesta, tranquilla, che lavora (per evocare le parole di un attempato cantautore milanese di grande successo). Non è poco nel mondo dell’emigrazione che, con un milione (va bene un milione?) di scusanti e attenuanti sociali, in alcune sue componenti è portata anche solo per sopravvivenza a delinquere, a volte pesantemente ( … “Ora sappiamo che è un delitto
Il non rubare quando si ha fame” è il voluto paradosso di un brano del cantautore genovese Fabrizio De Andrè). Capitava di delinquere, e per le stesse ragioni sociali, a una parte dell’emigrazione meridionale e persino veneta dal ’50 al ’70 del secolo scorso a Milano e a Torino (un’altra parte di loro era gente onesta, che lavorava e poi si integrava), capitava a una parte dell’emigrazione italiana in America tra fine ‘800 e meta ‘900 ( e anche lì un’altra parte era gente onesta, che lavorava e poi s’integrava), quest’ultimo un delinquere che in alcuni si evolveva fino ai giorni nostri in grande criminalità organizzata, non dico nessuna novità, è libro di storia; ed è anche un’altra storia che ormai con l’emigrazione c’entra poco.
Solo che, quando si osserva la realtà con la volontà di capirla integralmente nella sua immancabile complessità, si cerca di vederne tutte le facce, e non solo quella con risvolti positivi. I bengalesi chiedendo sicurezza con la loro manifestazione in definitiva chiedevano legalità e soprattutto controllo della legalità (altro lato eternamente debole del nostro Belpaese). Alla legalità, integralmente intesa bisogna crederci e personalmente sono tra quelli che ne fa una bandiera dello Stato di diritto, in quanto espressione essenziale della democrazia, quella vera. L’uguaglianza di fronte alla legge resta al momento l’unica forma di uguaglianza che abbia senso, ben sapendo che il vero sforzo è sempre quello di consentire a tutti di poter accedere a quei diritti di base che consentono di stare alla pari di fronte alla legge e soprattutto di rimuovere le cause che l’accedere non lo consentono. Però rimuovendo appunto le cause, e non invece accettando altre forme di illegalità sommerse che in modo surrettizio consegnino dalla finestra uno pseudo diritto che, se non entra dalla porta principale, tale non è. Ed è dalla porta principale che va fatto entrare, e non con espedienti di risulta. E’ quello che facevo presente alla Comunità bengalese – con tono eccessivamente paternalistico, mi è stato detto, è vero e faccio ammenda – nel sottolineare che qualche problema di legalità lo pone anche il loro abitare in appartamenti e case in un numero di molto superiore al consentito dalla legge. Il tutto tramite il cinismo affarista di italianissimi proprietari che sono ovviamente, ma nel post era scontato, i primi a infrangere la legalità e in modo ben più grave; ma con il beneplacito cosciente, e da loro percepito come obbligato, degli inquilini medesimi (fatte le debite proporzioni questi proprietari affaristi non son da meno di chi organizza il traffico di clandestini con le barche e altri mezzi, stesso sciacallaggio). Questa mia considerazione naturalmente riteneva implicito anche il fatto che non si tratta certo di sbatter fuori dalla mattina alla sera chi è già dentro, ma di porre il problema che questa illegale e clandestina non è la soluzione per risolvere la questione di chi non ha sufficienti risorse economiche per abitare a norma in appartamenti (a norma).
Quale la soluzione? Chiaro che non è semplice e che non c’è una società già del tutto attrezzata per temi del genere, ma i problemi bisogna farli scoppiare e non metterli sotto il tappeto, come qualcuno mi ha risposto nel Post ( secondo alcuni non dovevo far emergere le contraddizioni, ammettendo quindi che contraddizioni ci sono). Se li fai scoppiare i problemi e ne pretendi una soluzione alla luce del sole forse si intraprende invece la strada giusta: se la legge impone (perché la legge ciò che è giusto lo impone) un certo numero di persone massimo per l’abitabilità una ragione – come prima cosa una ragione di sanità – c’è, ed è prima di tutto a tutela di chi ci abita: se ti impongo di stare qua dentro in cinque invece che in dieci è te che tutelo e nessun altro ed è una norma a tuo favore; come l’imporre il casco in moto o le cinture di sicurezza in auto è a tutela dell’interessato. Come si fa a non capirlo?
C’è però una cornice generale che mi fa pensare. E si riferisce al fatto che poco prima della scrittura del post avevo avuto una discussione, diciamo accesa, con un bengalese, tale mi sembrava, che nei giardinetti di piazzale Roma aveva invaso il passaggio, occludendolo e costringendo a un più lungo giro vizioso, con esposta merce di ogni tipo, che strabordava in modo totalmente abusivo dal suo chioschetto. Glielo avevo fatto presente e lui mi guardava muto come uno che non capisce. E non capiva veramente, non la lingua ma la sostanza, sebbene la notizia delle multe per questa stessa ragione nella zona di Rialto, avrebbe potuto filtrare anche presso di lui. Ma era in totale buona fede (stupido io a non arrivarci prima) e non capiva, essendo l’osservazione fuori dal suo schema mentale, tanto che discussione è parola grossa: parlavo solo io. Poi ho voluto sfogarmi su FB e ho fatto male perché davo per scontato che tutto il ragionamento complesso che ho svolto qui e l’apprezzamento anche e soprattutto per la comunità bengalese fossero ben chiari. E invece sono stati oscurati dall’aver voluto far emergere la contraddizione. Chiaro che la questione della merce abusiva è reato minore anche dell’essere in affitto in nero ed entrambi sono reati assolutamente meno grandi di ben altre illegalità (molto spesso queste tutte italiane e veneziane). Ma sono infrazioni indice di mentalità perché secondo me il bengalese del banchetto non capiva la mia osservazione dal momento che per lui è inimmaginabile che quello possa essere un reato o una semplice infrazione, come anche l’essere in tanti in un appartamento è inimmaginabile sia un vero reato o infrazione. I bengalesi capiscono molto bene che lo spaccio di droga e tutta la violenza commessa è un illegalità clamorosa anche perché si riflette su di loro direttamente e lo è certamente molto di più delle loro veniali illegalità, ma non colgono le altre che li hanno come protagonisti attivi perché quelle azioni fanno parte intrinseca del loro stile di vita, per il quale non sono assolutamente infrazioni. A Dacca, capitale del Bangladesh, tra le cinque metropoli più popolose del mondo, loro vivono (meglio, sono costretti a vivere) non illegalmente e del tutto lecitamente in promiscuità ancora maggiore in baracche e falansteri (non c’è la norma che lo vieta), vivono per la strada con ogni sorta di merce, altro che souvenir turistici, come casa loro. E lo è di fatto casa loro, un obbligato prolungamento della baracca. Giusto? Sbagliato? E’ la loro – come si dice- una cultura differente di cui prendere atto senza moralisticamente giudicare, e non voglio qui affrontare anche tutto il tema della loro cultura islamica perché ci vorrebbe un trattato per parlarne in modo approfondito e per non essere sottoposti nuovamente all’accusa di razzismo che ho ricevuto con il mio post. Cultura differente la loro? Certo. Peggiore? Migliore? Non è questo il punto. Diciamo differente, con qualche punta di contraddizione con altri diritti per come li concepiamo in Europa, ma in ogni caso una cultura che pone dei problemi all’integrazione e a cui tuttavia loro non sembrano – posso dirlo? -troppo interessati. A parte casi contrari, come casi contrari sono quelle situazioni in cui il bengalese ha invece rispettato la norma anche per l’appartamento e anche questo mi è stato fatto presente nelle risposte al post che mi accusavano di generalizzare. Al che, ho ribattuto: se c’è chi tra loro è a norma vuol dire che è in parte possibile esserlo e ciò avvalora e non oscura la mia osservazione sulla legalità. E guarda caso sono quelle le situazioni di maggiore integrazione. Il cammino verso la soluzione di questi enormi problemi è ancora lungo, ma da qualche parte bisogna cominciare e il tema della legalità è centrale. Perchè difende soprattutto i più deboli, bengalesi compresi, anche se ovviamente si deve cominciare dalla grande illegalità. Ma attestarsi sulla piccola e minuta serve ad un’educazione civica generale, come facevo con i miei allievi che buttavano la carta della merendina fuori dal cestino o sotto il banco. Fissato legalista? Si. A cominciare da me medesimo che qualche illegalità di comodo faccio (non vado sempre, per fretta o sovra pensiero, a ripescare la plastica se per sbaglio l’ho buttata nel generico…posteggio qualche rara volta e coscientemente con venti centimetri strabordanti sulle strisce pedonali, accetto per quieto vivere l’idraulico in nero, se no non mi viene più a casa e non perchè pago meno), e ad ogni illegalità però mi pento e mentre la faccio mi vergogno comunque con me stesso. Ma difendo la scelta della legalità perchè chi vive in società anche più felici della nostra ha intrapreso questa strada. E i risultati l’avvalorano. Mentre devo rilevare che una parte di coloro che si sciacquano la bocca con la Costituzione più bella del mondo, ritenendola per questo intoccabile, la nostra Costituzione italiana intendo, poi sono talora gli stessi che ammettono tutta una serie di eccezioni quando fa comodo.
Naturalmente per il mio post mi sono preso del razzista. La stringatezza del post si è esposta al rischio e l’ho corso. Ovviamente respingo al mittente quello che per me resta un insulto, che altri accettano invece a testa alta perché razzisti lo sono veramente e ne menan vanto. Però respingo al mittente l’insulto e semmai, cercando a mia volta di non insultare, lo rovescio.
Avevo diciassette anni e stavo aspettando da 15 minuti per chiamare casa che un ragazzo con la pelle nera, che mi aveva visto benissimo nell’attesa, finisse la sua telefonata chilometrica in una cabina a gettone di piazza Cavour a Roma. Mi facevo scrupolo a bussare con le nocche sul vetro proprio per il complesso di colpa di fare un’osservazione a una persona con la pelle nera ed era l’anno glorioso 1968 in cui, tra molto altro, due velocisti neri alle Olimpiadi avevano alzato sul podio il pugno nero guantato alla moda dei black power. Poi in nome di un mio anti razzismo incipiente mi son detto: siccome per me bianchi e neri pari sono, se un nero è maleducato, e glielo faccio capire, lui si sente alla pari proprio per questo e mi apprestavo a bussare quando ha finito la telefonata, mi ha tolto dall’impiccio ed è uscito senza degnarmi di uno sguardo. Per cui credo che il ragionamento sia chiaro su chi sarebbe semmai razzista quando pensa che, siccome c’è una categoria di persone che subisce in Italia una, presunta o molto spesso anche reale, sottrazione di diritti, la soluzione è ovviamente chiudere uno o due occhi sui loro doveri. Quindi sono questi i primi a fare distinzione (razziale), facendo intendere che non è affatto vero che siamo tutti uguali, neri, gialli, bianchi. Io invece ritengo che dall’altrettanto glorioso, e per me molto di più glorioso, 1789 in poi l’essere cittadini (citoyen) impone pari diritti e pari doveri ed è un principio che da Rousseau e Voltaire in poi è stato scritto e praticato proprio in nome dell’antirazzismo. Cittadini? Certo, altro che “ius soli”, che è il minimo sindacale da dare subito senza nemmeno discutere: io la cittadinanza a queste persone per loro dignità la darei il giorno stesso che mettono piede stabilmente su un suolo, qualunque esso sia, e questa manfrina dei dieci anni da attendere, o quanti sono non ricordo, prima di ottenere la cittadinanza la ritengo una norma questa si sbagliata e che mi sembra vada a favorire proprio la pelosa giustificazione di equilibrare la condizione di minorità di diritti con minori doveri (“non hanno cittadinanza? minori doveri e minor rispetto delle regole”). Solo un ottusangolo come Matteo Salvini non ci arriva.
Non sono certo che chi mi ha contestato il post – a fronte di numerose approvazioni che pure ho ricevuto e di cui ne riporto alcune sotto – si sia fatto una ragione di ciò che ho sviluppato con un discorso più ampio. Temo che resti più o meno coscientemente in una certa fetta di opinione ideologicamente politicizzata il retaggio ancestrale della critica marxista nei confronti del principio di uguaglianza della cittadinanza davanti a una legge giusta. Per questa opinione politicizzata l’uguaglianza di fronte alla legge resta un principio ispirato solo da una democrazia borghese (quindi nella vulgata marxista di fatto una non-democrazia) e la Costituzione più bella del mondo vale per tutti i principi ma non per questo che pure è scritto a chiare lettere.
IL MIO POST SU FB
La componente indiana e bengalese della città fa una manifestazione per chiedere legalità e vivibilità nella zona di Mestre in cui vivono. Bel segnale, ma ho una qualcosa mi lascia perplesso. La stesa componente etnica è quella le cui famiglie vivono ammassate in appartamenti con numeri doppi e oltre del consentito. Chi, per motivi sanitari, come medici di base per esempio, vi è entrato testimonia che le condizioni igienico sanitarie sono ai minimi, se non oltre. In quegli appartamenti nessuno controlla questa palese illegalità. In più la stessa componente etnica è quella che presidia bottegucce ed edicole del centro storico veneziano, esponendo in strada la merce in modo esagerato e ostentato, occupando metri e metri di suolo pubblico in modo totalmente illegale e facendola franca sistematicamente. Allora cari i miei bengalesi, siete simpatici e tutto sommato vi tenete ai margini dell’illegalità più truce, (capito quale, no?) e la vostra richiesta vi fa onore, ma guardatevi un pò anche allo specchio e considerate che avete scelto di abitare in quel paese dove teoricamente non si potrebbe fare proprio quello che si vuole senza freni, anche se nessuno vi ha spiegato che quello che fate è anch’esso semplicemente illegale, perchè purtroppo siamo anche in un paese in cui i controlli non esistono. Datevi una ripassata e per la prossima manifestazione arrivate con un attimo più di coerenza
I COMMENTI CONTRO
Vedo che con l’età sei diventato non di destra, ma anche razzista. Il Carlo che conoscevo, cattolico ma impegnato sul sociale è andato a quel paese. Complimenti: Dio come sei caduto in basso
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Chiediamoci perché vivano in tanti negli stessi appartamenti
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Che schifo di post. Provocazioni razziste da due soldi, tanto per spararle li. Se erano bottegai italiani, neanche passava per la mente eh di dirgli “si, si, volete la legalità ma fate uno scontrino ogni 4 clienti”. Razzista
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Eh già, ste “merde” Bangla si divertono a vivere in dieci in un appartamento, no? Ma non vergogni neanche un po’ Carlo a farti uscire certe porcherie dalla bocca? La città di terraferma è piena di case vuote o di gente ammassata in condomini brulicanti di umanità disperata… Sta perdendo abitanti anche Mestre, gli stessi cittadini di origine straniera migrano a Londra o in Germania? Qualche domanda te la sei mai fatta su come funzioni il mercato dell’abitare… E poi, in assoluto, come tanti e tante ti hanno già detto… Devono giustificarsi perché respirano? Sono colpevoli a prescindere in quanto Bangla? Che tristezza Carlo, che brutta fine, davvero squallida la tua parabola
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Eh già, ste “merde” Bangla si divertono a vivere in dieci in un appartamento, no? Ma non vergogni neanche un po’ Carlo a farti uscire certe porcherie dalla bocca? La città di terraferma è piena di case vuote o di gente ammassata in condomini brulicanti di umanità disperata… Sta perdendo abitanti anche Mestre, gli stessi cittadini di origine straniera migrano a Londra o in Germania? Qualche domanda te la sei mai fatta su come funzioni il mercato dell’abitare… E poi, in assoluto, come tanti e tante ti hanno già detto… Devono giustificarsi perché respirano? Sono colpevoli a prescindere in quanto Bangla? Che tristezza Carlo, che brutta fine, davvero squallida la tua parabola
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Caro Carlo, mi sembra un commento banale. Quale comunità umana non porta con sé delle contraddizioni. Penso sia necessario riconoscere i fatti, commentarli in se, e non snaturarli trovando le contraddizioni. Se io subisco un ingiustizia ed un sorpruso questo non diventa meno grave perché in Italia c’è chi ruba, chi delinque in modo organizzato, ecc. Manifestavano perché sono stati vittima di aggressione e questo è il fatto, questo dobbiamo pensare. Se invece non vogliamo affrontare le situazioni allora cercheremo di incunearci nelle contraddizioni. A quel punto il fatto diventa meno grave, anzi forse giustificabile. Un po’ come quando un maschio violenta una donna ma, poveretto, è stato provocato. Mi dispiace ma a questa logica di pensiero non ci sto.
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Ho letto questo post e son rimasta basita. A parte il tono partenalistico ed irritante non è altro che un’accozzaglia di generalizzazioni e pregiudizi di quelle che si sentono spesso al Bar Sport in tarda mattinata, fra un’ombra di bianco e le previsioni meteo perché quello è il livello, stessi “dicono che”, stessa disarmante superficialità. Talmente tanta che replicare non ha senso. La ricordavo meglio. Peccato.
I COMMENTI A FAVORE O COMMENTI NON CONTRO
Caro mio, essere stato troppo esplicito ti comporta numerose contestazioni. Ma e’ proprio come scrivi. Nella politica purtroppo regna l’ipocrisia…. e in molti il buonismo li rende strabici.
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Al di là del tono tocchi un punto vero. Nessuno fa veramente integrazione e spiega norme e leggi. Chi lo fa è un benemerito ma è più facile fare un post generalizzante sui social.
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Per quanto vale, caro Carlo sei nel giusto. Sempre pacato ti conosco da tanti anni e la parola “razzista ” non la meriti proprio. Ciao
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Carlo, effettivamente il post è un pochino forte. Ma forse devono finire i tempi nei quali per buonismo e pudore si nasconde la pura verità e ci vuole del coraggio, che tu hai dimostrato. Sommessamente rilevo che dalle foto non risulta presente nemmeno una donna, neanche una!
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Tocchiamo anche il punto di come sono trattate le donne bengalesi: sempre gravide, coperte da capo a piedi e con scarsa, per non dire nessuna, autonoma sociale, culturale e lavorativa. I maschi non hanno neanche bisogno di manifestarsi autoritari, essendo questo loro atteggiamento accettato e ritenuto immodificabile. Ecco, anche questa segregazione sociale non è legale.
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