
Eroi da titoloni
22 Luglio 2025
RIGENERAZIONE URBANA Centro storico, centro antico, urbe antica
26 Luglio 2025Di ENZO DE BIASI
Giorgia Meloni partecipando a Villa Taverna, sede dell’ambasciata USA a Roma, nella ricorrenza del 4 luglio scorso, giorno dell’indipendenza degli Stati Uniti, ha affermato “Italia e Stati Uniti parlano la stessa lingua …e … sono nazioni sorelle”… anche nella partita dazi, viene da chiedersi?
In questo importante faccenda, gli interessi nazionali tra le due “sorelle” divergono fortemente, profondamente e in taluni settori merceologici sono contrapposti, filiera agro-alimentare per esemplificare.
Per come sta andando l’economia reale italiana in questo frangente, la sorella più gracile chiamata a “pagar dazio”, patirà notevoli ripercussioni per ciò che deciderà la sorella maggiore. D’altra parte, per il Bel Paese poco vale il detto “mal comune mezzo gaudio”. È vero noi saremo castigati congiuntamente agli altri Paesi dell’Unione Europea. Tuttavia, lo stato di salute socio-economico, gli aiuti alle singole imprese, la rete di welfare per i cittadini più deboli, differiscono molto da Stato a Stato della UE e noi, Italia, non siamo nel gruppo di testa in alcuna delle tre tipologie appena citate.
Una delle ragioni che ha mosso D. Trump ad aggredire l’Europa?
Oramai è chiaro, uno degli obiettivi da cogliere è quello di ridurre lo stratosferico debito pubblico americano. USA 2024, il debito pubblico è sopra i 34.000 miliardi di dollari, 34 trilioni. L’Italia ne ha di meno, 3.053,5 miliardi di euro, 10 volte di meno, hurrà.
E infatti, per fronteggiare il “buco” nei conti pubblici, il Ministro Giorgetti – a cadenza fissa e ricorrente- piazza nei mercati finanziari titoli di Stato che sono subito acquistati da cittadini, imprese ed istituzione. Poi, ma pochi se ne curano, ci sono gli interessi da pagare che nel 2024 hanno pesato per 85.2 miliardi di €, in crescita per il 2025, 91.6 miliardi, tutti soldi prosciugati dalle già scarse risorse destinate a sanità, servizi socio-assistenziali, trasporti , scuola, giovani e via narrando.
Nella Legge di Bilancio 2025, il Governo ha previsto tagli significativi ai trasferimenti agli enti locali, con l’obiettivo di ridurre il disavanzo strutturale e rispettare gli impegni europei di finanza pubblica. La riduzione complessiva è di circa 3,5 miliardi di euro tra il 2025 e il 2029. I tagli sono definiti “contributi forzosi”, lo stato unilateralmente (come ha fatto Trump con i dazi) decide a chi togliere soldi per far quadrare i “propri conti”.
Ebbene, ecco qui i fondi definanziati: piccole opere: abolito dal 2025, perdita di 400 milioni annui, medie opere: riduzione di 200 milioni tra il 2028 e il 2030, rigenerazione urbana: taglio di 200 milioni dal 2027, progettazione opere pubbliche: -200 milioni nel 2025, -100 milioni/anno fino al 2029, la rete viaria provinciale: –295 milioni tra 2025 e 2029
Giorgia Meloni, che tutti ci rappresenta anche se spesso non ce ne accorgiamo, fa bene ad aiutare la “Nazione sorella” per diminuire il debito pubblico e aumentare il PIL USA ? Il poveraccio tycoon D.T., da Presidente in aprile ha annunciato dazi per 120 Paesi . Le fonti giornalistiche americane divergono sul quantum e se egli ha guadagnato personalmente. Ciò che sembra accertato e che appare in un video trasmesso nelle reti televisive, è il vanto di D.T. per aver fatto guadagnare decine di milioni di dollari ad alcuni suoi amici miliardari grazie alle fluttuazioni di borsa provocata dall’annuncio dei dazi ai primi giorni di aprile.
Insomma, una sorta di “amichettismo”, molto più sostanzioso ed esportato in USA epperò non gravato da tariffa doganale. Del resto, la moralità pubblica di un politico dipende dalla condotta etica che pratica o, viceversa, non pratica nell’incarico ricoperto. Tutto qui.
La premier, poi, è convinta che i dazi fino al 10% siano “sostenibili”, mentre per quelli al 30% , già notificati da Trump, “stiamo lavorando con gli altri leader UE” per abbassarli”. Frase molto simile a quella in uso e dalle F.S. (Ferrovie dello Stato) e dalle società autostradali per i lavori estivi che provocano forti disagi a chi viaggia.
Confindustria con l’aliquota più bassa ha stimato una perdita di export di circa 20 mld e posti lavoro a rischio per 118.000 unità, con il 30% l’export perde 38 mld di € e 140.000 occupati in meno, con un impatto negativo sul P.I.L e sul debito pubblico. Intanto fino al primo di agosto stiamo “fermi” e poi ?. Sarà la Presidente di Fratelli d’Italia a convincere Trump, in virtù della sua “relazione speciale” ad abbassare le tariffe dell’export italiano in condivisione con la UE ?
Al di là dello sforzo costante di ritagliarsi per sé il ruolo di “pontiere” tra Europa e States fin qui marginale, speriamo che conti qualcosa. Inoltre, la frase detta al ricevimento in ambasciata USA, è l’ennesima sviolinata rivolta al neo Presidente-Imperatore, appellativo affibbiatogli da Luiz Inácio Lula da Silva, noto semplicemente come Lula, Presidente Brasile, in una recente intervista alla CNN, nota emittente americana, non gradita a mr. Maga.
Giorgia Meloni quando ha a che fare con questa Amministrazione Americana, soprattutto verso il Commander in Chief, sono espressioni gonfie di retorica che tentano – in qualche modo- di supplire l’irrilevanza, l’inconsistenza, l’insostenibile leggerezza italiana nello scenario internazionale.
In altri termini, una genuflessione nei confronti di mr. MAGA, rifare l’America di nuovo grande, che appena può tratta gli europei come popoli parassiti che hanno “fottuto gli americani”. I leader UE, invece, sono politici fiacchi e supplicanti in attesa di essere ricevuti a Washington per “kiss my ass – baciarmi il culo ”. Entrambi i virgolettati sono testuali parole di Donald Trump, non di un comico da bar newyorkese (o bar Italia) che nell’ultimo spettacolo prima di ritirarsi dalle scene, tenta -inutilmente- di far ridere i clienti.
Del resto, l’inclinazione al vassallaggio del Presidente del Consiglio verso il tycoon multimiliardario intronizzatosi il 20 gennaio, risale al loro primo incontro di stato alla Casa Bianca, avvenuto il 16 aprile dell’anno corrente . All’arrivo la premier è stata accolta dal 47 ° Presidente USA, con calorosa, sorridente, amicizia e vicinanza anche fisica. Le cronache ricordano che Giorgia Meloni era stata preceduta da: il francese Emmanuel Macron, il britannico Keir Starmer, l’irlandese Michael Martin e perfino il polacco Andrzej Duda. Solamente il cancelliere tedesco Friedrich Merz , non formalmente in carica, era in lista d’attesa. È vero i due si erano già visti il 25 gennaio a Mar a Lago la residenza domestica di Mr. Maga. Alla Casa Bianca sede ufficiale, concluso il colloquio tra i due leader politici e risposto alle domande dei giornalisti, qualche editorialista più attenta alla sostanza che all’apparenza il giorno dopo titolò “ Non è chiaro cosa Meloni abbia ottenuto da Trump, a parte molti complimenti”, una valutazione appropriata condivisa da molte testate interne ed estere.
Altri giornali e media filogovernative, soprattutto italiani, hanno sottolineato l’importante funzione di “ponte” e “suggeritrice” di Donald Trump e inoltre “mediatrice” tra le due sponde dell’Atlantico. Nella circostanza qui narrata, agli opinionisti non è sfuggito l’invito fatto da Meloni a Trump di “compiere una visita ufficiale nel nostro Paese e vorremmo organizzare un incontro con l’Europa”, impegno che Trump accettò volentieri e di buon umore, lasciando in sospeso il quando e il chi avrebbe potuto/voluto incontrare. Una promessa da assolvere nel proseguito dell’ottimo rapporto personale instauratosi . Segnaliamo che finora, mese di luglio, ciò non è accaduto, noi siamo qui in attesa che la “relazione speciale” produca i benefici sperati.
Dieci giorni dopo l’appuntamento alla Casa Bianca, il 26 aprile, 120 leader provenienti da tutto il mondo sono convenuti a Roma, Stato del Vaticano, per i funerali di Papa Bergoglio, Papa Francesco I. Tra i convenuti, c’era pure il vertice dii Palazzo Chigi.
A latere della funzione funebre, Donald Trump ha incontrato in tonalità amichevole, V. Zelensky, tant’è che i rispettivi staff hanno definito i quindici minuti di serrato dialogo tra i due Presidenti, “produttivi” per la Casa Bianca e “costruttivi” da parte di Kiev .
Subito dopo e nello stesso luogo, la Basilica di San Pietro, a Trump e Zelensky si sono aggiunti e hanno conversato per qualche minuto: il premiere Britannico Keir Starmer e il Presidente francese Emmanuelle Macron, un momento immortalato in una foto iconica, simbolica, riportata da tutti i palinsesti televisivi e web del pianeta Terra. Dal quartetto mancava Giorgia Meloni, mera casualità ? O forse è stato il primo miracolo di Papa Francesco ? Egli, quand’era in vita pregava affinché “la pace possa tornare al più presto in Ucraina” definendo il conflitto una “guerra insensata”.
Probabilmente, quanto avvenuto nella cattedrale vaticana era stato facilitato dalla regia e dalla sapiente diplomazia papalina, infaticabile nel tessere effettive “relazioni speciali” con tutti i potenti della terra. Nella stessa mesta circostanza, la Presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen incontrando Trump, gli avrà ricordato l’urgenza e la necessità di vedersi al più presto gli scottanti dossier aperti, spese militari e dazi, argomenti già oggetto di conversazioni informali tenutesi a Bruxelles a settembre 2024 quando D.T era in corsa per la Presidenza USA. Coincidenza causa da un decesso eccellente, i leader europei si sono visti, incontrati e parlati, senza ricorrere alla premier “pontiera”. In riferimento all’profferta di “organizzare a Roma un incontro per l’Europa”, qual è l’ Europa che G.M ha in mente? quella denominata Unione Europea ? quella includente anche Paesi extra-Ue ? o quella, infine, continentale dall’Atlantico agli Urali cara a Charles De Gaulle, leader francese conservatore ? Quale delle tre? o un’altra fin qui tenuta nascosta ?
Donald Trump, first buddy, amico speciale di Giorgia Meloni, nel suo primo giorno di ritorno alla Casa Bianca, ha concesso la grazia a circa 1.500 persone, gli assalitori di Capitol Hill in Washington. Il Presidente del Consiglio italiano s’intende alla perfezione con mr. Maga, con lui si sente in armonia e comprensione reciproca, anche senza bisogno di troppe spiegazioni, in quanto tutte e due condividono gli stessi valori, le stesse idee e perseguono gli stessi obiettivi, differenziandosi nelle modalità. Nel tema migranti, l’amerikano li deporta in aereo con le catene ai piedi, l’italiana li fa viaggiare riveriti e serviti in nave verso un centro per l’accoglienza ubicato in Albania. L’amerikano ne ha rimpatriati qualche decina, l’italiana, che ha più cuore, qualche unità. Vero, non sono fratello e sorella, ma di certo sono affini.
Il fatto che Donald Trump si comporti nel governare la res publica USA come un monarca legibus solutus, vivendo con fastidio e le poche regole della Carta costituzionale USA e le censure dei giudici ai suoi ordini esecutivi, può essere una fonte d’ispirazione celata ai più, non esternata nei video messaggi teletrasmessi. D’altronde Giorgia Meloni presiede un partito, Fratelli d’Italia, il cui simbolo è rimasta la fiamma tricolore che arde tuttora sulla tomba del più noto fascista d’Italia, che l’ha temporalmente anticipata nel reggere la Presidenza del Consiglio dei ministri. Anche qui però, i dettagli divergono: Benito Mussolini era il Capo del regime fascista, Giorgia Meloni è PcM di una Repubblica Parlamentare Antifascista, ohibò!
Dunque, Donald Trump a cinque mesi data insediamento, si sta rivelando un sovvertitore del sistema, un picconatore dall’interno della democrazia liberale, delle regole del libero mercato e del rispetto dei diritti umani.
Il Governo a guida Fratelli d’Italia fa scivolare la Repubblica Antifascista in una “democrazia a bassa intensità”, così Sergio Mattarella nell’ottantesimo della Liberazione dal Nazi-Fascismo
Giorgia Meloni al comando della Nazione da ottobre 2022 ha fin qui dimostrato di voler ridurre il potere d’intervento legislativo costituzionalmente affidato al Parlamento. L’esecutivo “Meloni” ha -a fine giugno- adottato ben 98 decreti-legge passando sopra le teste dell’ ampia maggioranza a disposizione. I provvedimenti di necessità ed urgenza, sovente, sono stati blindati con il “doppio voto di fiducia”. Deputati e senatori filogovernativi sono (sono stati) bravi soldatini, servizievoli e contenti di eseguire gli ordini in arrivo dal fortino di Palazzo Chigi, convertendo quanto richiesto entro i sessanta giorni tassativamente previsti.
L’opposizione, per definizione minoranza, nelle commissioni, alla Camera dei deputati e al Senato, soggiogata dai diktat meloniani, pur restia, sottostà alla maggioranza. Nel contesto attuale, eventuali proposte migliorative e integrative non in sintona con il Governo, non hanno speranza. L’atto avente forza di legge, timbrato e spedito da Palazzo Chigi a una delle Camere, trascorsi i due mesi in giacenza nelle aule parlamentari, raccolta la firma del Capo dello Stato è ri-spedito -con l’okay si stampi in Gazzetta Ufficiale- all’Istituto Poligrafico dello Stato a piazza Verdi nr. 10 in Roma , “altro non s’ha da fare ”.
Nessun governo precedente, aveva recitato entrambe le parti previste dal palinsesto costituzionale: legiferare così tanti atti “urgenti e necessitati” financo in materia penale (poi censurati) e costringere il Parlamento in tempi contingentati ad approvare le imposizioni dell’esecutivo. In altri termini, un furto di legalità repubblicana a discapito degli eletti dal “popolo sovrano”.
La ripartizione dei poteri, che regge i sistemi democratici da Montesquieu (1654-1713) in avanti, è l’architrave su cui si fonda la Repubblica Italiana. Una volta perfezionati e vigenti sia il Premierato che il ri-ordino della giustizia con in prospettiva la sottoposizione del PM all’esecutivo, falliti eventuali referendum abrogativi, l’ordinamento operante dal 1948 andrà in soffitta, oggetto di studio per gli esperti della disciplina. Della terza riforma che va sotto il nome di “Autonomia Differenziata”, qualche appunto più avanti.
La probabile subordinazione del Pubblico Ministero al Governo in carica è stata sostenuta e ripetuta, in pubblica piazza, nelle reti televisive, con concetti ed esemplificazioni comprensibili da chiunque a cura di un magistrato d’eccellenza. Il testimonial, il garante della veridicità, è (è stato) Nicola Gratteri, oggi Procuratore delle Repubblica in Napoli. Egli ha più volte sollecitato un confronto in diretta con il Ministro di Grazia e Giustizia Carlo Nordio, già Pubblico Ministero a Venezia, oggi pensionato e membro qualificato del Governo. Il “fagotto di riforme Meloni”, in realtà un paccotto di contro-riforme reazionarie, mira a limitare incisivamente pesi e i contrappesi, check and balances, garantendo all’esecutivo una posizione sovra-ordinata rispetto a competenze autonome affidate agli altri poteri: Presidente della Repubblica, Parlamento e Magistratura.
Si, siamo d’accordo con Sergio Mattarella che durante il suo discorso del 25 aprile di quest’anno a Genova, in occasione dell’80° Anniversario della Liberazione dal Nazi-Fascismo ha parlato esplicitamente del rischio che c’è per una “democrazia a bassa intensità”.
Nel suo discorso il Presidente ha lanciato un appello contro, l’astensionismo elettorale, l’assenteismo dalla vita pubblica e il rischio che la democrazia diventi formale ma svuotata di partecipazione attiva.
Il Governo di Giorgia Meloni, a trazione delle destre, che dimostra di non rispettare il Parlamento nelle sue prerogative fondamentali, allontana la fiducia negli eletti dal “popolo sovrano” e mina, sta minando, dalle fondamenta il sistema di rappresentanza liberale e democratica.
Pubblicato da Bellunopress



