La tassa di sbarco. Uovo di Colombo o soluzione illusoria?
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13 Gennaio 2019Proviamo a mitigare il più celebre “Il sonno della ragione genera mostri” per iniziare a ragionare sulla situazione di generale smarrimento e disorientamento che sembra aver preso corpo nella società italiana.
Certo parlare di “società italiana” implica il fatto che quei sentimenti siano appannaggio della maggioranza dei nostri concittadini. Ma, stando ai sondaggi, alle rilevazioni demoscopiche, ma, molto più banalmente, facendo riferimento al profluvio di post su FB, di Twitter e di commenti televisivi più o meno urlati, non sembrerebbe che fosse così.
Una tracotanza, una sfacciataggine, una volgarità, una insipienza così diffusa non si era mai manifestata nelle forme e nei modi di questi ultimi anni.
E’ dall’epoca del Vaffa-day e poi delle aggressioni all’establishment, alla politica tout curt, dal momento in cui il risentimento e la rabbia hanno preso il sopravvento sulla ragionevolezza e sulla lotta politica “equanime” che si è sdoganato e alimentato a piene mani il rancore prima e la paura poi.
Poi magari si potrebbe sempre dire “ma chi se ne frega”, il popolo non ha sempre ragione, anche perché altrimenti non ci sarebbero fior fiore di testi e di considerazioni ponderate e ponderose sull’uso strumentale della demo-crazia. E qui su questa testata se n’è già parlato.
La storia plurimillenaria dell’umanità non depone a favore di quella tesi.
E quindi tornando al dunque è evidente che c’è una larga parte, anche se ancora minoritaria, del Paese che in questa situazione si sente stretta nella morsa populista che ha assunto toni fortemente sovranisti, xenofobi e razzisti.
Anche se poi son tutti lì a negare, subito smentiti dai fatti, dalle prese di posizione pubbliche, dagli atti legislativi, dalle decisioni governative.
La questione migratoria, utilizzata da Salvini per i propri sondaggi in spregio a qualsiasi principio di umanità.
Il ministro della sanità scheda gli scienziati sulla base delle loro idee politiche, una roba sinceramente enorme.
Il ministro Di Maio assicura il proprio sostegno ai “Gilet Gialli” francesi proprio nel momento in cui questi usano violenza sui palazzi delle istituzioni e contro i poliziotti.
Il vicesindaco di Trieste si vanta sui social dopo aver buttato via la coperta di un senza tetto
Un miliardo e settecento milioni di euro di maggiore spesa per interessi nel solo terzo trimestre 2018! Ora, cerchiamo di essere chiari 1.700.000.000€ è una cifra enorme.
Grazie al Governo populista l’Italia è un paese che non sa più creare lavoro, che non sa più come conquistare gli investitori, che ha un’enorme difficoltà a vendere il proprio debito pubblico, che non ha idea di come far crescere l’economia,.
Che non ha vergogna ad alimentare gli spiriti razzisti, che non è mai stato così isolato nel consesso internazionale, che ha stretto alleanze con i paesi del peggiore sovranismo europeo, che ha una propensione a far strame dello stato di diritto, che ha messo assieme un apparato legislativo sulla sicurezza che genererà più problemi di quelli che propagandisticamente sostiene di voler risolvere.
Che ha creato un apparato legislativo vergognosamente definito “abolizione della povertà” in cui non solo l’obiettivo è rimasto uno slogan, ma è aumentato anche il peso fiscale di quasi mezzo punto percentuale. Con il che siamo tutti più poveri.
Che non ha adeguato le pensioni ma è ancora da lì che attinge le risorse che poi spreca nel pagare i maggiori interessi derivanti dallo Spread che è raddoppiato da sei mesi a questa parte.
In Italia investire è diventato un rischio, gestire i risparmi è diventato un rischio, comprare titoli di stato è diventato un rischio.
Tutti gli indici economici sono passati al segno meno.
Assumere è diventato più difficile e più complicato, lavorare in nero è diventata un’ottima opportunità, gabbare il fisco, più ancora di quello che era il trend storico dell’evasione, è diventato quasi una sine cura, fregarsene dei diritti costituzionali è diventato un vanto.
E allora la domanda sorge spontanea: cosa deve ancora succedere, quanto tempo deve ancora passare perché la maggioranza degli elettori capiscano che siamo finiti in un cul de sac?
Perché capiscano che l’isolamento antieuropeista, l’insicurezza concreta, non quella indotta dai proclami, dalle dirette Facebook, dai post aggressivi, dai proclami autoconsolatori e auto-avveranti, la recrudescenza etico-morale, l’impoverimento materiale, la mancanza di prospettive e di idee progressiste e garantiste, induce ad una involuzione dalla quale il Paese non ci metterà solo qualche mese a risollevarsi.
Vivendo dentro ad una contingenza economica che giocoforza fa i conti con un sistema globale, una mancanza di prospettive e di idee di sviluppo, un appiattimento alla logica della decrescita “felice?” dove potrà portare l’Italia che sconta tra l’altro fra le sue numerose storture endemiche una debolezza di fondo che si lega alla caduta verticale dello sviluppo demografico.
Dove può andare un Paese con questo quadro di riferimento?
Quale ruolo può avere nel consesso internazionale, quali garanzie reali e concrete è in grado di fornire ai suoi cittadini per i quali proclama, un giorno sì e l’altro anche, “prima gli italiani”?
Come può pensare di risollevarsi, di generare crescita, di fornire maggiori opportunità per i suoi cittadini, per i suoi figli senza poter contare su una dimensione in cui la politica non sia solo agitazione, minaccia, aggressione, tifoseria, oltranzismo, ignoranza, supponenza, pressapochismo, impreparazione?
Viene facile essere leggermente pessimisti e pensare che un lungo inverno sociale e politico è davanti a noi.
E allora perché dovremmo stupirci dello smarrimento e del disorientamento?