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6 Maggio 2025Non deve sembrare irrispettoso nei momenti in cui la Chiesa Cattolica ha appena celebrato i funerali di Francesco e si appresta ad aprire il Conclave per la prossima elezione, ma se si fa un excursus della storia dei più recenti pontificati, o almeno di quelli che più di tutti hanno inciso nell’immaginario collettivo, non si può non partite da quell’aforisma per dimostrare come le diverse personalità che hanno interpretato la più straordinaria carica religioso-temporale negli ultimi decenni, ciascuna di loro con le sue specificità, le sue caratteristiche dottrinali e “visioni del mondo”, abbiano saputo incidere profondamente sulle coscienze e persino sugli equilibri socio-politici universali.
Con il che, senza voler minimamente sminuire la portata storica del pontificato di Francesco, qui si vuole evidenziare come, in particolar modo qui in Italia, la stampa, i media, i commentatori, la politica, tutta la classe dirigente del nostro Paese soffra di mancanza di memoria storica e cerchi, ogni volta, di utilizzare eventi come la morte e soprattutto il suo funerale, per offrirci una lettura del tutto parziale, molto targata e soprattutto molto sensazionalistica.
Con una interpretazione del tutto provinciale, quasi che fosse l’Italia e non il Vaticano e il suo Pontefice il protagonista della storia: certo che il cattolicesimo e la sua Chiesa hanno sede sul territorio nazionale, certo che la religione cattolica ha ispirato da sempre anche la visione “laica” della Nazione, certo che molti dei suoi interpreti sono usciti dalle scuole cattoliche, dalle parrocchie, dalle associazioni di vario stampo cattolico, ma la riduzione ad una visione italocentrica è la cosa che fa sorridere prima ancora che creare sconcerto.
E serve a dire come ognuno di questi Papi sia stato un protagonista e un interprete dei suoi tempi e di come le critiche o le resistenze abbiano contraddistinto le azioni, le iniziative, i pontificati di tutti loro, non solo quello di Francesco.
Qui provo a dare, per sommi capi, la rappresentazione dell’azione e delle reazioni prodotte dai cinque pontificati dei sei – il Papato del Patriarca di Venezia Albino Luciani è durato troppo poco per lasciare un segno se non quello che ispira gli amanti dei segreti e delle congiure – che hanno contraddistinto i tempi che ci accomunano un po’ tutti.
Angelo Giuseppe Roncalli, salì al soglio pontificio nel 1958 prendendo il nome di Giovanni XXIII. La sua elezione, avvenuta in un’età avanzata, fu inizialmente considerata da molti come un pontificato di transizione. Tuttavia, gli eventi successivi dimostrarono che il suo breve regno avrebbe segnato una svolta significativa nella storia della Chiesa Cattolica e nel suo rapporto con il mondo moderno. L’elezione di Giovanni XXIII avvenne in un periodo storico complesso, caratterizzato dalla Guerra Fredda e da profondi cambiamenti sociali e politici seguiti alla Seconda Guerra Mondiale.
Il pontificato di Papa Giovanni XXIII, sebbene breve, fu di importanza trasformativa per la Chiesa Cattolica e per il mondo. La sua principale realizzazione fu l’indizione del Concilio Vaticano II, un evento che aprì la Chiesa a un periodo di rinnovamento e di dialogo con la modernità.
L’obiettivo primario del Concilio era l’aggiornamento, un “portare al giorno” la Chiesa. Ciò implicava la revisione di pratiche e strutture che potevano apparire obsolete e la presentazione degli insegnamenti della Chiesa in un modo più accessibile all’uomo contemporaneo. Un altro scopo fondamentale era promuovere l’unità tra i cristiani (ecumenismo), favorendo il dialogo e la riconciliazione con le altre denominazioni cristiane e migliorando le relazioni con le religioni non cristiane. Infine, il Concilio mirava a rafforzare la missione pastorale della Chiesa e il suo impegno nel mondo, affrontando i problemi sociali ed economici e promuovendo la pace e la giustizia. La visione di Giovanni XXIII era olistica, volta non solo a una riforma interna, ma anche al ruolo della Chiesa nel mondo e al suo rapporto con le altre fedi.
Le reazioni iniziali all’annuncio del Concilio furono variegate. Se da un lato vi fu sorpresa e un certo grado di apprensione all’interno della gerarchia ecclesiastica, dall’altro vi fu un’accoglienza positiva da parte di coloro che riconoscevano la necessità di un cambiamento.
La promulgazione dell’enciclica Pacem in Terris rappresentò una pietra miliare nella dottrina sociale cattolica, con la sua enfasi sulla pace, i diritti umani e la cooperazione internazionale. Il suo approccio pastorale, la sua apertura ecumenica e il suo desiderio di impegnarsi con il mondo contemporaneo segnarono un cambiamento significativo nella storia del papato. Ricordato affettuosamente come “il Papa buono”, Giovanni XXIII lasciò un’eredità duratura di compassione, inclusività e coraggio, che continua a ispirare la Chiesa e il mondo ancora oggi.
Il pontificato di Papa Paolo VI, durato dal 1963 al 1978, rappresentò un periodo di profonda trasformazione per la Chiesa Cattolica. Succedendo a Papa Giovanni XXIII, egli continuò l’opera del Concilio Vaticano II, guidando la Chiesa attraverso riforme significative in un’epoca di rapidi cambiamenti sociali e politici. Il suo regno fu segnato da eventi cruciali come la promulgazione dell’enciclica Humanae Vitae, che suscitò ampi dibattiti, e da sfide poste da un mondo in evoluzione. La sua morte, avvenuta il 6 agosto 1978, si verificò in un contesto storico italiano e globale caratterizzato da notevoli sconvolgimenti politici e sociali, come evidenziato dagli eventi contemporanei in Italia, inclusa la tragica vicenda del sequestro di Aldo Moro.
Nel complesso, l’eredità di Papa Paolo VI, appare segnata sia da riforme significative che da notevoli controversie. Diversi aspetti del suo pontificato enfatizzarono la complessità della sua figura in un periodo di grandi cambiamenti per la Chiesa Cattolica e per il mondo. La copertura mediatica immediata alla sua morte offre una preziosa testimonianza di come la sua figura fu percepita all’epoca, un’istantanea di un momento storico cruciale prima delle successive rivalutazioni.
Il pontificato di Papa Giovanni Paolo II, nato Karol Józef Wojtyła, ha rappresentato un periodo di profonda trasformazione per la Chiesa Cattolica e per il mondo intero. Dal suo insediamento nel 1978 fino alla sua morte nell’aprile del 2005, ha guidato la Chiesa come il 263° successore di San Pietro, distinguendosi come il primo papa non italiano in oltre quattro secoli e mezzo. La sua elezione, all’età di 58 anni, segnò un punto di svolta, e il suo papato divenne il secondo più lungo della storia. La sua eredità è indissolubilmente legata al suo ruolo cruciale nel crollo del comunismo nell’Europa orientale, un evento che ha ridefinito il panorama politico del tardo XX secolo.
La nomina di un papa non italiano dopo secoli, unita al suo ruolo attivo nel determinare la fine del comunismo, probabilmente intensificò l’interesse e la reazione globale alla sua morte. La sua provenienza polacca e le sue esperienze dirette sotto il regime comunista gli conferirono una particolare autorevolezza in questo contesto. Di conseguenza, la sua scomparsa fu percepita come una perdita su molteplici livelli: religioso, politico e storico. Questo suggerisce che un’ampia gamma di persone e istituzioni si sentì in dovere di esprimere un commento sulla sua morte. Inoltre, la coincidenza della sua morte con il periodo immediatamente successivo alla Pasqua e alla vigilia della Domenica della Divina Misericordia, una festività da lui istituita, conferì un significato religioso particolare all’evento per molti cattolici e influenzò probabilmente la narrazione iniziale della sua scomparsa.
La costante enfasi da parte dei leader mondiali sul ruolo di Papa Giovanni Paolo II nella caduta del comunismo evidenzia la significativa intersezione della sua leadership religiosa con gli eventi politici globali. La sua ferma opposizione ai regimi totalitari e il suo sostegno a movimenti come Solidarność in Polonia ebbero un impatto tangibile sul panorama geopolitico. Questa dimensione politica del suo papato contribuì in modo significativo al diffuso riconoscimento e rispetto che ricevette dai leader mondiali. Ciò suggerisce anche che i leader religiosi possono svolgere un ruolo potente nel plasmare gli esiti politici. La partecipazione ai funerali di leader di paesi con relazioni tese suggerisce che Papa Giovanni Paolo II comandava un livello di rispetto che trascendeva le tipiche barriere diplomatiche. I funerali servirono come un’insolita opportunità di dialogo e persino di gesti simbolici tra leader che spesso erano in conflitto.
Milioni di persone si radunarono a Roma nei giorni precedenti e successivi alla sua morte, indicando un enorme effluvio di cordoglio e rispetto pubblico. Le stime variano da due a quattro milioni di persone. La veglia in Piazza San Pietro nella notte della sua morte vide decine di migliaia, poi centinaia di migliaia, di persone radunarsi per pregare e cantare. Questo atto collettivo di ricordo dimostra il potere del dolore e della fede condivisi. Molte persone fecero lunghe code (10-12 ore) per vedere la sua salma esposta nella Basilica di San Pietro. Questo atto di pellegrinaggio significa una profonda riverenza personale. Il grido “Santo Subito!” si levò dalla folla durante i funerali, riflettendo un forte desiderio tra i fedeli per la sua immediata canonizzazione. L’emozione dominante espressa dal pubblico fu di profondo dolore e perdita per una figura considerata una guida morale e spirituale.
I funerali di Papa Giovanni Paolo II, celebrati l’8 aprile 2005, furono uno dei più grandi raduni di statisti e leader mondiali della storia, con rappresentanti di oltre 100 paesi. Il gran numero di dignitari presenti sottolineò la sua influenza globale. Si stima che quattro milioni di persone si siano radunate a Roma per l’evento
Le analisi retrospettive enfatizzano il ruolo di Papa Giovanni Paolo II come grande difensore della vita, della dignità umana e della libertà religiosa. Questi sono presentati come principi fondamentali dei suoi insegnamenti e delle sue azioni. La sua opposizione al comunismo è frequentemente ricordata come un aspetto distintivo del suo pontificato. Ciò è spesso inquadrato come un importante contributo storico. Alcune riflessioni evidenziano i suoi avvertimenti profetici contro la guerra e i pericoli del potere tecnologico incontrollato.
L’elezione di Joseph Ratzinger al soglio pontificio avvenne il 19 aprile 2005, in seguito alla morte di Papa Giovanni Paolo II. L’esito del conclave fu relativamente rapido, con Ratzinger eletto al secondo giorno, suggerendo un certo grado di convergenza tra i cardinali sul suo nome. La Messa di inaugurazione del pontificato fu celebrata il 24 aprile 2005, segnando l’inizio ufficiale del suo ministero petrino. Successivamente, il 7 maggio 2005, prese possesso della sua chiesa cattedrale, l’Arcibasilica di San Giovanni in Laterano. La velocità con cui si svolse il conclave, dopo il lungo e significativo pontificato di Giovanni Paolo II, indica che i cardinali probabilmente avevano una visione chiara della direzione che desideravano per la Chiesa.
Il pontificato di Benedetto XVI fu caratterizzato da una serie di eventi e decisioni importanti, che riflettono la sua visione teologica e le sfide del tempo. Nel dicembre 2005, durante un incontro con i suoi più stretti collaboratori, Papa Benedetto XVI sottolineò la necessità di interpretare gli insegnamenti del Concilio Vaticano II in continuità con la tradizione della Chiesa. Questa enfasi sulla “ermeneutica della continuità” divenne un tratto distintivo del suo approccio teologico come Pontefice, cercando di collegare le interpretazioni tradizionali e moderne degli insegnamenti della Chiesa.
Per comprendere appieno il pontificato di Benedetto XVI, è utile confrontarlo con quello del suo predecessore, Giovanni Paolo II. Giovanni Paolo II, eletto nel 1978, fu una figura carismatica e di grande popolarità, con una forte presenza mediatica e un’intensa attività di viaggi apostolici. Benedetto XVI, pur essendo profondamente rispettato per la sua intelligenza e la sua preparazione teologica, era una figura più riservata e meno incline alla spettacolarità. Il suo approccio era più teologico e incentrato sulla dottrina, con un’attenzione particolare alla continuità della tradizione della Chiesa. Mentre Giovanni Paolo II fu il primo papa dell’era mediatica, capace di utilizzare i mezzi di comunicazione per raggiungere un pubblico globale, Benedetto XVI si concentrò maggiormente sulla profondità del messaggio e sulla chiarezza dottrinale. Un’importante differenza riguarda anche la gestione dello scandalo degli abusi sessuali: Giovanni Paolo II inizialmente non affrontò il problema con la stessa determinazione mostrata da Benedetto XVI, arrivando persino a promuovere figure in seguito coinvolte negli scandali.
La decisione di Papa Benedetto XVI di rinunciare al ministero petrino nel febbraio 2013 fu un evento storico che suscitò sorpresa e numerose interpretazioni. La ragione ufficiale addotta dal Pontefice fu l’età avanzata e il declino delle forze fisiche, che non gli permettevano più di esercitare adeguatamente il ministero.
Oltre alle ragioni di salute, è plausibile che anche altre sfide del suo pontificato abbiano contribuito alla sua decisione. La pressione e lo stress legati alla crisi degli abusi sessuali e le tensioni interne e la mancanza di trasparenza emerse con lo scandalo “Vatileaks” potrebbero aver pesato sulla sua scelta. Condurre la Chiesa attraverso queste crisi richiedeva notevoli energie fisiche e mentali, che Benedetto potrebbe aver sentito di non possedere più pienamente.
La rinuncia di Benedetto XVI ha avuto una portata storica, rompendo una tradizione secolare e stabilendo un precedente per il futuro del papato. Questo gesto ha sollevato interrogativi sulla natura e sulla durata del servizio papale nell’era contemporanea, suggerendo un approccio più pragmatico alla leadership ecclesiale, basato sulla reale capacità di esercitare il ministero. Papa Francesco stesso ha elogiato l’umiltà e il coraggio di Benedetto per questa decisione.
Rimane il fatto che Papa Benedetto XVI non è riuscito ad entrare nel cuore dei fedeli ed ancor meno a colpire le coscienze del mondo laico, il suo è stato un papato che ha dialogato con le alte sfere della Cristianità e con quelle della Santa Sede più che con il suo popolo.
L’elezione di Papa Francesco il 13 marzo 2013 rivela nel mondo mediatico un mix di sorpresa, riconoscimento del significato storico dell’evento e un’iniziale enfasi sulle aspettative per il suo pontificato. I temi dominanti includevano la storica elezione del primo Papa latino-americano, la scelta del nome Francesco e la sua associazione con la povertà e la semplicità, e l’anticipazione per un nuovo approccio pastorale e potenziali riforme all’interno della Chiesa.
Le diverse prospettive emerse riflettevano i vari contesti culturali, gli interessi nazionali dimostrando l’interesse globale e le interpretazioni variegate di questo evento cruciale.
Nel complesso, il tono e il sentimento immediati della copertura mediatica furono caratterizzati da un senso di ottimismo e anticipazione riguardo all’inizio del pontificato di Papa Francesco. Tuttavia, le analisi riconobbero anche le complessità e le sfide che il nuovo Papa e la Chiesa Cattolica si sarebbero trovati ad affrontare negli anni a venire, preparando il terreno per lo svolgimento del suo pontificato e del suo impatto sulla Chiesa e sul mondo.
Sul valore del suo Pontificato sarà opportuno aspettare che il tempo decanti l’emotività e faccia emergere le costanti del suo agire e del suo pensiero, anche se i tratti salienti sono sotto gli occhi di tutti: il suo pontificato ha criticato sia le derive del capitalismo occidentale sia i temi cari alla sinistra, incarnando un anti-occidentalismo che oggi interroga profondamente l’identità stessa dell’Occidente. Tutto il mondo, con il più classico dei provincialismi, è lì a chiedersi se il prossimo Papa sarà di destra o di sinistra.
Che Francesco fosse un papa di sinistra, nell’accezione politica del termine, è un grande equivoco. Lo era per la destra conservatrice, non lo era per la sinistra radicale. È sempre una questione di prospettiva, dipende da dove guardi. Dispiacere a tutti è sempre una garanzia di libertà, oltre che una condizione sicura di solitudine. Le categorie teologiche e quelle politiche non coincidono. Solo il linguaggio sciatto di questo tempo può parlare di destra e di sinistra a proposito di un gesuita, di un prete, di un Papa.
E adesso tocca al Conclave: morto un Papa se ne fa un altro.