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5 Novembre 2025NITELITE e “The Bench”: la panchina di Massimo Filippi tra luce e notte
C’è una panchina, in fondo, in quasi ogni storia.
Una panchina dove si passa, si aspetta, si pensa. Per Massimo Filippi, musicista mestrino classe ’56, quella panchina è anche un luogo dell’anima. “Può essere un punto d’attesa, ma anche un viaggio — dice —. Ti siedi al tramonto, e poco dopo è già giorno. È il tempo che passa, che trasforma.” Da questa immagine nasce The Bench, il nuovo lavoro firmato NITELITE, una delle sigle più riconoscibili della scena musicale mestrina degli anni Ottanta, oggi tornata in una veste nuova, matura, intimamente coerente.
Dagli anni Ottanta a oggi: una storia che torna a suonare
Negli anni Ottanta NITELITE era un gruppo in piena attività, nato dall’incontro tra Massimo Filippi e David Mora. Il nome evocava già allora una tensione tra luce e buio, tra chiarore e ombra: “È un qualcosa che sta nel mezzo — racconta Filippi —, un momento intermedio, tra notte e luce.”
Oggi, di quella formazione originaria resta lui, ma lo spirito è lo stesso: la ricerca di un equilibrio tra emozione e forma, tra introspezione e immediatezza.
Dopo molti anni lontano dalle scene, Filippi è tornato con un progetto che parla di maturità e autenticità. “La scena musicale oggi è decisamente cambiata, credo per certi aspetti rispecchi la società attuale. Comunque, la musica resta un atto di libertà.”
La libertà come forma di fedeltà
Proprio la libertà creativa è la cifra di The Bench. “Negli anni Ottanta con i NITELITE facevamo cose più commerciali, ma non era la mia strada,” confessa Filippi. Oggi la sua musica segue un ritmo interiore, senza ansia di adesione o di mercato: un suono intimo e curato, che lascia spazio alle sfumature e al silenzio.
Determinante in questa rinascita è stato l’incontro con Simone Chivilò, chitarrista e arrangiatore di grande sensibilità, che ha dato impulso e profondità al progetto con una visione sonora raffinata.
Una squadra d’eccezione
Attorno a Filippi si è raccolta una formazione di grande esperienza e sensibilità: Flavio Scopaz (basso), Marco Ponchiroli (pianoforte) e Virginio Bellingardo (batteria).
Si aggiunge Daniele Moretto (tromba), noto per le collaborazioni con Enzo Jannacci e per aver militato negli 883.
Una citazione dovuta va anche a due giovani ma già conosciuti musicisti: Assuera De Vido (violino) e Federico Motta (violoncello), che portano un tocco lirico e contemporaneo.
“Le parole e la musica per me si incastrano in modo naturale,” racconta Filippi. “Tutto nasce da una necessità di comunicare, non da un calcolo.”
La musica e l’immagine: due linguaggi che si incontrano
Nel progetto The Bench la dimensione visiva è parte integrante della narrazione. Il videoclip porta la firma del videomaker Furio Ganz, che ha saputo tradurre in immagini la sospensione e la malinconia dei brani, costruendo un racconto visivo di grande suggestione.
Nel video, la panchina diventa simbolo e soglia: un punto di passaggio tra un giorno e l’altro, tra il ricordo e ciò che ancora deve accadere.
Mestre, la musica, la comunità
Nelle parole di Massimo Filippi c’è anche un forte legame con Mestre, città che ha visto nascere e crescere generazioni di musicisti, spesso lontano dai riflettori ma con grande passione. “Essere individuali nella musica è sempre stato uno status — dice —, ma mi sento partecipe delle dinamiche musicali mestrine.”
Il tempo che passa e la panchina che resta
The Bench è, in fondo, anche una metafora del tempo: un tempo che scorre e trasforma, lasciando tracce di incontri, suoni ed emozioni. Su quella panchina immaginaria Massimo Filippi oggi si siede con serenità.
“Se dovessi parlare al Massimo di quarant’anni fa — confessa — gli direi di credere sempre ai suoi sogni, al suo cuore e di non mollare mai.”



