
CONO DI LUCE Le Storie di Trieste con Federica Manzon e Cristina Gregorin
11 Aprile 2025
ANIMALS Pasqua
14 Aprile 2025Recentemente è stata messa in rete dalla rivista plurale online Ytali una lettera aperta “Contro il riarmo europeo”, documento che intende essere, sostengono i promotori, uno stimolo alla discussione pubblica: https://ytali.com/2025/04/08/contro-il-riarmo-europeo-lettera-aperta/
Discutiamone.
L’assunto di fondo si basa sulla contrapposizione fra riarmo degli stati nazionali, quando sarebbe necessario un riarmo su base europea, e l’azione diplomatica.
Ora viene semplice riprendere le basi della discussione in sede di Commissione Europea e poi nella sede del Parlamento Europeo che ha approvato, fra le mille contraddizioni e i mille distinguo in salsa tipicamente italiana il piano “ReArm EU” rinominato più diplomaticamente “Readiness 2030” che è un libro bianco per la difesa europea che definisce una visione per riarmare l’Europa attraverso:
- la garanzia che l’industria europea della difesa possa produrre alla velocità e al volume richiesti
- la facilitazione del rapido dispiegamento di truppe e mezzi militari in tutta l’UE
L’aumento della spesa per la difesa sarà “made in Europe”: garantirà sia la nostra sicurezza a lungo termine che benefici economici per tutti i paesi dell’UE. Aiuterà inoltre l’UE a rispondere all’urgenza a breve termine di sostenere l’Ucraina e a mettere le basi per un esercito europeo.
Investire nella difesa europea significa investire in una pace duratura e in una stabilità a lungo termine per le generazioni presenti e future. Ma non solo. Significa anche promuovere l’innovazione tecnologica, sostenere la competitività europea, promuovere lo sviluppo regionale e alimentare la crescita economica.
Tuttavia, spendere di più non è sufficiente. Gli Stati membri devono spendere meglio, collaborare e dare priorità alle aziende europee. L’UE può contribuire a questo obiettivo aiutando gli Stati membri a coordinare i loro investimenti e a sviluppare equipaggiamenti per la difesa in Europa.
Sul tavolo dei ministri delle Finanze europei si sta lavorando per creare nuovi strumenti finanziari, da affiancare ed integrare con gli 800Mld già deliberati, che non impattino sui bilanci dei singoli Stati, ma che, creando una sorta di MES della difesa (l’acronimo sarebbe MED), generino risorse a fondo perduto, senza quindi l’obbligo di restituire i prestiti.
Con il che si dà risposta al più tipico dei benaltrismi segnatamente di “sinistra”: “non si può pensare che il finanziamento avvenga in deroga al patto di stabilità, mentre gli investimenti in welfare, sanità, scuola e ricerca continuerebbero a sottostare ai vincoli di bilancio”
L’azione diplomatica non può essere interpretata in contrapposizione a questo piano per le ragioni che sono state introdotte, in maniera persino traumatica, da un cambio della visione geopolitica degli USA trascinati nel bel mezzo del più becero sovranismo di stampo imperiale dal suo neopresidente Trump.
Lo sganciamento dell’Amministrazione americana dal sistema di difesa atlantica NATO non è solo una questione di richiesta di un adeguamento al concorso delle spese di mantenimento dell’organismo da parte dei singoli stati appartenenti, ma è determinato dal desiderio di non dover più far parte di organismi multilaterali: OMS, WTO gli esempi più eclatanti e più recenti.
Aver eletto l’Europa come controparte, popolata solo di “parassiti e scrocconi”, non rappresenta oltretutto una posizione di collaborazione e di mutuo aiuto.
La difesa dell’Europa, esercitata nel modo più autonomo possibile, è un obbligo oltre che una necessità politica anche per poter traguardare con un minimo di concretezza la costruzione di un’Europa federata che abbia un’unica politica estera a cui faccia capo un unico sistema di difesa.
La “diplomazia” è di casa nelle stanze di Bruxelles, e molti dei Capi di Stato o di Governo europei hanno intrapreso tutte le azioni possibili nei confronti della Russia di Putin.
Solo qualche settimana prima dell’invasione dell’Ucraina Emmanuel Macron ha incontrato Putin, senza ricevere nessuna indicazione chiara e nessuna disponibilità ad aprire un confronto con la UE.
Ursula von der Leyen ha fatto arrivare ogni possibile richiesta di incontro dal 24 febbraio 2022 ad oggi: ignorata e snobbata.
Il problema non è appunto che manchi la “diplomazia” ma che all’interlocutore non interessi e che il suo obiettivo sia uno e uno soltanto: riappropriarsi, passo passo, dei territori ad ovest dei suoi confini persi dopo che l’Unione Sovietica venne sciolta formalmente dal Soviet delle Repubbliche del Soviet Supremo il 26 dicembre 1991.
Uno dopo l’altro: prima di tutte la Cecenia con la seconda guerra cecena che fu un conflitto armato combattuto tra il 1999 e il 2009 in territorio ceceno dall’esercito della Federazione Russa, per riottenere il controllo dei territori conquistati dai separatisti.
Poi l’annessione della Crimea che fu il primo evento della crisi russo-ucraina iniziata nel 2014.
Nello specifico la Russia inviò in Crimea, senza dichiararlo pubblicamente e anzi negandolo, proprie truppe prive di insegne a prendere il controllo del governo locale; in seguito a ciò un nuovo governo di Crimea, filorusso, stabilì di dichiarare indipendenza dall’Ucraina e richiesta di annessione alla Russia in caso di vittoria di consenso al riguardo nell’imminente referendum popolare appositamente indetto.
Il 16 marzo di quell’anno fu tenuto il referendum sull’autodeterminazione della penisola, criticato e non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale, che con un’affluenza dichiarata dell’84,2% avrebbe visto la vittoria dell’opzione che proponeva l’annessione alla Russia con il 95,32% dei voti; le nuove autorità della Crimea il 18 marzo firmarono così l’adesione formale alla Russia.
Da ultimo “l’operazione speciale” iniziata il 24 febbraio 2022 con l’invasione dei territori ucraini di confine, in violazione unilaterale degli accordi di Minsk (5 settembre 2014) con tutto il suo portato di morti civili, di deportazioni infantili e distruzioni.
Tutto questo fa parte di un disegno strategico per ristabilire quell’unità politica, culturale, religiosa appartenuta all’Impero Russo, secondo la teoria di Aleksandr Gelʹevič Dugin, per contrastare le democrazie europee e rigettarne i suoi valori, contribuendo a un nuovo “tradizionalismo russo”, ideologicamente antioccidentale, di estrema destra, considerata simile a quella fascista, avendo come obiettivo una Russia radicalmente nuova, ultranazionalistica in espansione su tutta l’Europa orientale.
Allora parlare di “diplomazia” in opposizione al riarmo europeo, seppure step by step, è come cercare alibi benaltristi, riscoprendo, dietro un pacifismo inerme, tutte le tendenze neutraliste che sono state parte importante della nostra storia nazionale e lo sono ancora con i sondaggi che dicono che il 28% si dichiara favorevole, il 39% contrario, mentre un terzo degli intervistati non si esprime.
In democrazia non si fa niente se le opinioni pubbliche non sono d’accordo. Il pacifismo integrale sbandierato da molti (Lega e M5S su tutti – n.d.r.) è in sintonia con l’orientamento dei tanti italiani che credono che sia sufficiente volere essere lasciati in pace perché ciò avvenga. Forse, nel giro di qualche anno, e al prezzo di molti sforzi, nascerà la difesa europea. Si spera che gli italiani, in quel momento, non siano impegnati altrove. (cit. A. Panebianco)