Da Rawls il lungo cammino della “società giusta”
30 Agosto 2022Periferie – 2. Un disallineamento
3 Settembre 2022Il responso elettorale che emerge dalle periferie negli ultimi anni ha premiato in Italia i partiti di destra, o le formazioni populiste e sovraniste. La geografia del voto si è in certi casi ribaltata; per esempio nella metropoli milanese un tempo era l’interland, le zone periferiche della metropoli a esprimere il voto per la sinistra, mentre attualmente è il contrario; e la sinistra ha acquisito consensi nelle zone centrali degli agglomerati urbani.
Proviamo ad individuare alcune delle motivazioni di questo esito elettorale, delineando – sommariamente, nell’ambito di un articolo – le più rilevanti problematiche delle periferie italiane.
Solitamente il centro storico è un’area cittadina definita, oggetto di cura e attenzione per la sua rappresentatività e il suo richiamo turistico. E’ nella periferia che più frequentemente si trovano situazioni di abbandono ed incuria. Ma anche un centro storico ha spesso zone prede di incuria: sono zone interstiziali in città che mostrano degrado edilizio e degrado sociale, per esempio le zone prospicienti le stazioni ferroviarie, spesso spazi deputati ad attività di spaccio.
La periferia è una realtà eterogenea, nella sua estensione e nella sua qualità, in quanto molte periferie sono accoglienti e gradevoli, con zone di verde che si alternano alle abitazioni, e disagio sociale pressochè inesistente.
Renzo Piano è un difensore convinto delle periferie: “Difendo le periferie anche perché sono la città del futuro, che noi abbiamo creato e lasceremo in eredità ai figli. Dobbiamo rimediare allo scempio fatto e ricordarci che il 90 per cento della popolazione urbana vive nelle zone marginali. Le periferie, che bisognerebbe chiamare città metropolitana, sono la grande scommessa del secolo: diventeranno o no urbane? Se non diventeranno città saranno guai grossi.” Perchè difendo le periferie. IlSole24Ore, 2016
Fino ad ora in Italia non c’è stata la massiccia concentrazione metropolitana verificatasi in altri paesi: esiste un tessuto urbano formato da tante medie città, un buon numero delle quali conosciute per il loro livello di qualità della vita.
Nei territori densamente urbanizzati del nostro paese, al di fuori dei centri storici e delle aree centrali, vivono oltre 17,4 milioni di residenti. E nelle aree metropolitane di recente istituzione, il 35% circa degli italiani vive nei 1260 comuni di queste aree. Alla proliferazione insediativa, si aggiungono i flussi migratori.
Da qui l’ importanza delle periferie: gli abitanti degli agglomerati metropolitani sono in continua crescita, e le prospettive di rafforzamento delle realtà metropolitane rappresentano un fenomeno mondiale, stimato in aumento nei prossimi decenni.
Per una fotografia aggiornata, si può fare riferimento al rapporto della COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE CONDIZIONI DI SICUREZZA E SULLO STATO DI DEGRADO DELLE CITTÀ E DELLE LORO PERIFERIE, del 2018. https://www.labparlamento.it//2018/02/Documento-finale_Inchiesta-periferie.pdf
Una corposa relazione – 534 pagine: va dato merito ai curatori del lavoro svolto – con particolare attenzione alle periferie piuttosto estese della città metropolitane, basata su sopralluoghi, colloqui, audizioni, statistiche e saggi di studiosi, di responsabili dell’ordine pubblico, di amministratori. Composta da contributi diversi, si va dalle descrizioni puntuali alle raffigurazioni di ispirazione ideologica, a seconda degli esperti interpellati.
Quali le problematiche diffuse nelle periferie metropolitane? Innanzi tutto le problematiche edili e urbanistiche. Nella relazione si fa presente come spesso lo spazio nelle periferie sia residuale, non progettato: uno spazio derivante da lottizzazione, abusivismo edilizio, irregolarità amministrative, lentezze burocratiche, fallimenti delle imprese costruttrici.
Gli aspetti negativi delle periferie sono estremamente differenziati nella loro gradualità e gravità: si va dall’incuria, dai disservizi dei trasporti e della nettezza urbana, dall’assenza di pubblici uffici, alla presenza di organizzazioni criminali, a seconda delle città e delle zone regionali prese in esame.
La categoria di degrado racchiude diverse situazioni, dall’incuria verso l’ambiente fisico al disordine sociale (rifiuti, risse, deturpazioni, vandalismi). Altrove, è presente una criminalità organizzata che dirige la minore criminalità comune, in cui i gruppi giovanili rappresentano la manovalanza.
Il fenomeno dell’abusivismo edilizio è un fattore di criticità: nuove costruzioni e ristrutturazioni senza permesso, un fenomeno massiccio e allarmante che secondo l’ISTAT non risponde a necessità abitativa, ma è considerabile come una forma di evasione fiscale. Una edilizia senza controllo che contribuisce al degrado del paesaggio ed al rischio ambientale.
Inoltre il fenomeno delle occupazioni abusive, (a Roma interessava nel 2017 il 12% del patrimonio Ater, ammontante a 48.000 abitazioni circa) che attualmente comincia in varie città ad essere combattuto.
Da qui la necessità di ricostruzione della legalità territoriale, sia ai fini della salvaguardia del paesaggio, sia ai fini dell’osservanza delle regole, in quanto la loro inosservanza provoca l’avversione dei cittadini che le osservano e si aspettano gli interventi regolativi dell’amministrazione.
La morosità di parte degli inquilini sottrae risorse per la manutenzione; spesso la morosità non deriva da costrizione economica, e innesca una situazione conflittuale con chi paga o si sforza di pagare l’affitto regolarmente. Una ragionevole e corretta gestione da parte delle Agenzie Casa non può trascurare il controllo e la verifica periodica dei requisiti degli assegnatari.
Dei 29 Ater nazionali, le Agenzie casa, alla data della relazione parlamentare solo 13 possedevano attività di mediazione sociale permanente (sportelli, operatori, monitoraggio del servizio, collaborazione con la rete di soggetti sociali).
Negli ultimi anni si è passati ad una riduzione di investimenti in nuove costruzioni e ad una crescita degli investimenti in manutenzione. Ma secondo un’altra fonte, (dati Nomisma e Federcasa in OFCS.Report , 7.2.2018 Case popolari: in Italia ne hanno bisogno 1.708.000 famiglie ) permane la necessità di incrementare, in un modo o in un altro, la disponibilità di abitazioni: la disponibilità di case popolari era nel 2018 di 850.000 unità, a fronte di una necessità di 1.708.000 famiglie).
Ma l’incuria e la latitanza amministrativa è dovuta anche al fatto che le risorse riscosse annualmente per servizi ed opere sono state dirottate ad altri usi. Dal 2007 al 2016 gli oneri di urbanizzazione sono stati svincolati dall’uso stabilito dal Testo unico per l’edilizia, e utilizzati dai Comuni per la spesa corrente e per altre finalità; nel 2017 è stato reintrodotto l’obbligo di utilizzo per le opere di urbanizzazione, risanamento e riqualificazione dell’ambiente, ma non sappiamo se e quanto questa norma sia seguita, e comunque è presto per vederne i risultati.
La direzione da percorrere, indicata da vari esperti nella relazione parlamentare, è quella di azzerare il consumo di suolo, e procedere al recupero degli insediamenti non utilizzati. L’obiettivo è la rigenerazione delle periferie, una rigenerazione edilizia e ambientale. Quindi recupero edilizio, valorizzazione delle aree dismesse, cioè le aree ex produttive, le ex zone artigianali, le ex infrastrutture ferroviarie non più operative.
Il degrado urbanistico, edilizio, fisico si intreccia con il degrado sociale, in un circolo negativo che si autoalimenta. Il degrado comprende diverse situazioni, dal disordine fisico (rifiuti, deturpazioni, vandalismi, incuria e deperimento abitativo) al disordine sociale (comportamenti molesti, bullismo, risse).
Da qui la necessità di rigenerazione sociale: assistenza nei confronti degli indigenti, dei clochards, nei confronti delle vittime della droga, nei confronti delle prostitute; tuttavia l’attività di assistenza non dovrebbe escludere l’attività di repressione delle situazioni di illegalità o di sopraffazione (occupazioni abusive, racket dell’assegnazione di abitazioni esercitato dalla malavita): non dovrebbero essere considerati interventi alternativi.
La legalità come bene comune. La criminalità, in varie forme e articolazioni, ha un peso diverso a seconda delle città e delle zone geografiche, e anche a seconda dei quartieri. La criminalità è legata per lo più al controllo del mercato degli stupefacenti: una delinquenza tradizionale autoctona, e una delinquenza praticata da bande giovanili, spesso di origine extracomunitaria, con diverse caratterizzazioni etniche (latinos, nigeriani, senegalesi, albanesi, etc) che esercitano anche il racket della prostituzione. Nelle zone del Sud domina la criminalità organizzata che supervisiona la criminalità comune, di cui i gruppi giovanili rappresentano la manovalanza.
Il degrado urbano è aumentato, diventando una importante categoria per comprendere la percezione di insicurezza dei cittadini.
La periferia, ai fini politici ed elettorali, è percepita come un insediamento non adeguatamente presidiato da parte delle amministrazioni, comunali o statali. Si richiede dai cittadini una presenza di Stato, una presenza di servizi e una attività di protezione. In conclusione, una caratterizzazione delle periferie come spazio lontano dai centri decisionali, uno spazio politico più che uno spazio geografico.