NIVES GARGAGLIANO: la mia città dei prossimi 5 anni
3 Settembre 2020PAOLO ROMOR: la mia città dei prossimi 5 anni
5 Settembre 2020Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.
A tutti appare evidente come la crisi COVID-19, ancora in atto, avrà conseguenze rilevanti nella nostra città di Venezia ancora più che altrove. Ciò è determinato dalla minore resilienza del tessuto produttivo veneziano, causato dalla sostanziale resa sociale alla cosiddetta “monocultura turistica”, nonostante i proclami e gli intenti anche sinceri di molti. La pervasività della straordinaria convenienza economica, rispetto ad ogni altra attività non direttamente collegata al turismo, ha saputo convincere la quasi totalità delle persone che avevano una rendita immobiliare o una attività di servizi ed ha influenzato ogni scelta gestoria di ogni tipo di Ente in contatto con il pubblico. Anche le Pubbliche Istituzioni e le strutture religiose, come altre istituzioni private di pubblico interesse, hanno ampiamente beneficiato dell’overtourism, o convertendo in parte le proprie strutture in senso ricettivo (per persone o per eventi), o semplicemente alienandole a prezzi prima insperabili, oppure ancora grazie all’introduzione di balzelli di vario tipo. In tutti i casi il cash-flow generato era grande ed in costante, inarrestabile aumento, anno dopo anno.
Lascio agli economisti, con mezzi tecnici appropriati, considerazioni di maggior dettaglio. Consapevole della incertezza correlata ad una situazione completamente nuova rispetto a quelle sinora verificatasi, esprimo l’opinione che per Venezia non sarà possibile tornare alla situazione pre-crisi, nemmeno lo volesse (e forse sarebbe bene non volerlo). Infatti, sono stati interrotti bruscamente processi che hanno bisogno di periodi lunghi per riprendersi, e semplicemente non è possibile provvedere con sussidi o attingendo a personali risparmi nell’attesa che tutto rientri. L’apnea può durare un tempo finito, poi o respiri o muori.
Peraltro, un tempo finito durerà anche la possibilità, offerta dalle regole europee, di attingere a ingenti finanziamenti a fondo perduto o a tassi ridicoli, per investimenti che possano risultare produttivi nel medio-lungo termine. Di essi, Venezia ha bisogno come dell’aria per respirare. Le svolte epocali si realizzano grazie a visioni lungimiranti e capitali pronti all’uso. Fu così per la svolta di Giuseppe Volpi, che ai tempi della prima Guerra Mondiale con la realizzazione di Porto Marghera ed il rilancio dell’Hotel Excelsior, chiuse definitivamente l’800, secolo della decadenza di Venezia.
Diciamo che un secolo dopo, per motivi indipendenti da fattori locali e straordinari, ora: a) La vecchia struttura produttiva cresciuta sotto gli effetti della droga dell’overtourism è in ritirata, lasciando aperti spazi inaspettati; b) i capitali sono in linea di principio disponibili. Servono “solo” visione, buone idee e soprattutto capacità di realizzarle.
La vera domanda è se la città di Venezia dispone del “capitale umano” atto allo scopo. La risposta sincera è no, se ci limitiamo a coloro che hanno la carta d’identità emessa dal nostro Comune. In primis, perché siamo troppo pochi. Per parafrasare Cipolla, che riteneva il numero degli stupidi una percentuale costante, anche il numero degli “intelligenti”, o dei “capaci” lo è. Venezia, dodicesima città italiana per popolazione, ha oggi un terzo degli abitanti di Torino, meno metà di quelli di Genova, non parliamo di Roma o Milano. Al tempo delle “glorie del nostro Leon”, nel 1500, Venezia aveva il doppio degli abitanti di Roma, una volta e mezzo quelli di Firenze, tanti quanti Milano, Londra, Parigi.
I limiti della forma urbis evidentemente impediscono una rincorsa quantitativa, ma sono convinto che possiamo recuperare con la qualità. Recenti evidenze, il cui racconto esula dagli scopi di questo scritto, mi hanno dimostrato che sussiste una numerosa potenziale “classe dirigente” formata da veneziani altrove residenti, che ha mantenuto affetto ed attenzione per le sorti della propria città di origine: accanto a loro, una ancora più numerosa schiera di “competenti appassionati” che condivide gli stessi sentimenti. Essi hanno esperienza e capacità già formate e pronte: si tratta di offrire loro un quadro di opportunità. Acconto a questi senior, si può attingere alle risorse fresche degli studenti appena laureati o dottorati nelle nostre ottime università, che a Venezia hanno già vissuto da residenti, anche se non iscritti all’anagrafe.
È poco discutibile come la qualità della vita a Venezia, per dei professional che possono permettersi l’acquisto di certi servizi, sia tra le più alte che si possa immaginare, con elementi di assoluta unicità a livello mondiale.
Anche la questione dei cambiamenti climatici rappresenta, per questo ragionamento, un’opportunità. Si moltiplicano, anche in questi giorni, i riconoscimenti mondiali per i quali Venezia non è solo l’icona, ma anche il posto giusto per sperimentare nuove strategie di adattamento, innovative e sostenibili ambientalmente. Nuove istituzioni, anche di ricerca, possono trovare casa qui, perché questo è il laboratorio del mondo, dove solo i profeti di sventura non troveranno casa.
Dobbiamo dire ad alta voce che lo ius soli, in questo caso, non sussiste. Nella Venezia del prossimo futuro che immagino si diventerà veneziani per scelta e non per nascita. Nei prossimi cinque anni, perché non sarà più ampia la finestra temporale concessa dall’Europa, più che porci il problema di “trattenere” i residenti, con metodi che hanno dato solo prova di fallimento, dovremo essere capaci, con metodi innovativi, di attrarre energie nuove e permettere loro di lavorare in città, per la città. Il saldo sarà positivo e innescheremo un nuovo futuro.
Chi è Pierpaolo Campostrini: classe ’60, ingegnere elettrotecnico, scout di formazione, già ricercatore CNR, da vent’anni è Direttore di CORILA, il Consorzio di coordinamento delle ricerche sulla Laguna, nel corso dei quali ha maturato una vasta esperienza internazionale nel campo delle ricerche sugli ambienti marini e nell’interfaccia tra scienza e politica. Rappresenta il nostro Paese in alcuni tavoli europei della ricerca. Per 5 anni è stato Procuratore della Basilica di S. Marco e si è prodigato per mettere in sicurezza la Basilica e l’area marciana dalle acque alte sotto la soglia di intervento del MOSE