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Si è celebrato, ormai quasi del tutto e con una sconcertante bassa numerosità di partecipanti, il congresso del partito democratico per condurre alla scelta del prossimo segretario con una nuova modalità: iscritti e prossimi iscritti hanno dato la loro preferenza ad una delle quattro persone candidatisi; le due più votate andranno poi al voto della platea più larga degli iscritti e dei sostenitori attraverso lo strumento delle primarie, aventi qui tuttavia valore ultimativo: chi vince, vince. I risultati sono chiari anche se per ora mancanti delle scelte degli elettori lombardi e laziali per i quali – troppo impegnati a perdere le elezioni regionali – la scelta è stata posticipata di una settimana. Vediamo se è possibile esercitarsi con qualche analisi su questi numeri, che vedono la maggioranza assoluta conquistata da Bonaccini (54%), per ipotizzare – con le pinze, s’intende – quale sarebbe stato il risultato con un sistema elettorale diverso, cioè con preferenze graduate. Poniamo cioè che ogni elettore dovesse dare un punteggio diverso a ciascuno dei quattro candidati: 4 punti al più gradito, 3 al secondo e così via fino a dare un solo punto al candidato più sgradito.
Per semplificare, dei “cento votanti”, i 54 sostenitori di Bonaccini gli avrebbero dato 4 punti e probabilmente – ci basiamo evidentemente sulla maliziosità media del militante democratico – avrebbero dato il punteggio più basso al candidato alternativo più temibile (Schlein) e riservato il secondo punteggio più alto a quello più rassicurante (Cuperlo), e infine l’ultima preferenza (la terza scelta) alla innocua De Micheli. Analogamente si sarebbero comportati i sostenitori di Schlein, mentre qualche nostra incognita sui comportamenti selettivi dei sostenitori di Cuperlo e De Micheli dobbiamo ammetterla, tuttavia i loro pochi voti non sarebbero poi così influenti e quindi ci sentiamo di azzardare la seguente ipotesi che vede nelle righe in tabella i punteggi preferenziali attribuiti dai sostenitori dei quattro candidati.

In questa ipotesi, di conteggio delle preferenze graduate, vincerebbe – cumulando 302 punti – il tenero Cuperlo, per evocare un vecchio personaggio della Settimana Enigmistica, il quale a sorpresa farebbe meglio dei suoi più agguerriti competitors, incarnando la figura del candidato “mediamente più gradito” (ovvero meno sgradito). E, tutto sommato, ai sostenitori di Bonaccini e Schlein forse dispiacerebbe meno perdere con lui piuttosto che nel confronto con il rispettivo più diretto avversario…
Resta tuttavia a margine un elemento essenziale che compromette sia la logica del risultato reale Bonaccini vincitore a preferenza secca) che quella della nostra ipotesi di studio (Cuperlo vincitore a preferenze graduate): che diavolo rappresentano così pochi iscritti ad un partito, se non loro stessi? E se poi con le prossime cosiddette primarie del 26 febbraio nelle quali il popolo dei sostenitori e votanti del partito è chiamato a scegliere tra i primi due candidati (una variante del metodo Pilato) il risultato di oggi venisse ribaltato, con il vincitore a maggioranza assoluta dei congressi nelle unità di base del partito battuto poi dal voto popolare? Quali rapporti ci sarebbero tra segretario nazionale ed assemblea nazionale, espressioni di due scelte diverse? E, infine quale il significato politico delle due candidature scontatamente “minori” in un sistema di voto a preferenza secca? Quale valore, e quali risultati, avrebbero potuto realmente avere con un sistema di voto a preferenza graduata? Mah!