Quando l’Italia pensa in grande. Un caso di successo
13 Febbraio 2023Primarie come – 2 a puntata
16 Febbraio 2023“Mi chiamo Matteo Messina Denaro” rispose Messina Denaro il 18 gennaio 2023, con sicumera e arroganza, ai carabinieri che lo stavano per arrestare.
E così dopo trent’anni, si scopre che l’uomo più ricercato d’Italia conduceva una vita agiata -tra feste, vacanze, visite mediche e altro- come un “normale” borghese siciliano, non lontano dai luoghi della sua nascita. Com’è possibile? Come si spiega? Più vicino a noi, a Eraclea, pochi giorni or sono, l’8 febbraio 2023, si festeggia con fuochi d’artificio il ritorno a casa, perché scaduti i termini di carcerazione preventiva di 4 anni, del presunto boss mafioso Luciano Donadio, anche se il processo continua. Che c’é da festeggiare?
Sembra evidente che il fenomeno criminale mafioso sia ben radicato nel territorio, creando una rete di omertà, se non di esplicita connivenza.
L’ultimo numero della rivista “Esodo”, Mafia a Nord Est, il caso Veneto (n.4 ottobre-dicembre 2022-Anno XXXXIV) vuole indagare il fenomeno criminale mafioso nel nostro territorio. “Segui i soldi, troverai la mafia” diceva Giovanni Falcone, e, nel ricco Nord Est, di soldi ce ne sono tanti. Nell’introduzione del numero, curato da Carlo Beraldo, sociologo, e Vittorio Borraccetti, magistrato, ambedue redattori della rivista, si precisano gli obiettivi della stessa: capire un fenomeno descritto come una forma di male che contraddice la libertà e la dignità degli esseri umani, proclamate sia nel messaggio cristiano che nella Costituzione. Innanzi tutto, per contrastare questo male, occorre conoscerlo. Bisogna distinguere il fenomeno mafioso da altri crimini perché si tratta di una forma specifica di organizzazione criminale determinata da tre parole chiave: omertà, intimidazione, assoggettamento. Infatti il fenomeno criminale mafioso si fonda su un vincolo di omertà, esercita una forte intimidazione, e un conseguente assoggettamento attraverso la declinazione di un violento potere criminale generatore di paura, che mira al dominio sulla società nelle sue molteplici articolazioni, anche politiche e istituzionali. Viene definito nel Codice penale articolo 416 bis.
Il problema viene affrontato da tre sezioni (ognuna delle quali raccogli tre interventi) che esprimono tre diversi punti di vista: in primo luogo, attraverso l’analisi di inchieste e processi, si indaga sulla conoscenza del fenomeno mafioso e sulla sua trasformazione fino ad assumere la forma attuale, meno cruenta, meno legata alla prostituzione e al traffico di droga (queste ultime “attività” lasciate nelle mani di mafie straniere) e più attenta a infiltrarsi nei gangli del potere economico lecito utilizzando mezzi illeciti. Ma non basta conoscerlo, e nelle successive sezioni si cerca di capire come esercitare qualche forma di contrasto sia nell’impegno civico che nella coscienza cristiana.
Magistrati di provata esperienza, come Roberto Terzo, Sostituto Procuratore della Repubblica di Venezia, impegnato da oltre vent’anni in indagini riguardanti reati mafiosi, Francesco Caruso Presidente del Tribunale di Reggio Emilia nel processo Aemilia “il più grande processo italiano alla ‘Ndrangheta nel Nord Italia”, Paola Mossa, Procuratrice Aggiunta presso il Tribunale di Venezia, che ha condotto i processi contro i componenti della cosiddetta mala/mafia del Brenta capeggiata da Felice Maniero, intervengono con tutta la loro autorevole competenza sia per raccontare, attraverso i fatti processuali, la struttura della criminalità organizzata di stampo mafioso, sia per indagare il contesto culturale su cui si articola il consenso omertoso della popolazione. In riferimento a quest’ultimo si rileva come la violenza criminogena si insinui in imprese fragili o malate, fornendo spesso un supporto rapido a situazioni critiche, consolidando una pratica dell’illegalità più o meno strisciante, che mette in luce, d’altra parte, la debolezza dell’apparato burocratico di controllo.
Anche la stampa e l’informazione in genere contribuiscono a svelare il fenomeno criminoso che certamente preferirebbe rimanere in latenza. Il giornalista Maurizio Dianese, che, di questo, da tempo si occupa nel Veneto, discute, con realismo disincantato, del ruolo della carta stampata e dei social. Attraverso le testimonianze di Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico e Marco Lombardo, referente di Libera Veneto emerge il ruolo civico di cittadini attenti che rivendicano una presenza attiva di contrasto alle mafie e ad ogni forma di illegalità diffusa. Anche dalla Chiesa sorgono voci di aperta e chiara condanna, anche là dove una certa cultura mafiosa sembrava invocare nella pratica dei simboli e riti religiosi una sua identità. Padre Giorgio Pisano, della parrocchia del Sacro Cuore a Portici- Napoli, Nino Fasullo, direttore della rivista Segno di Palermo e, nel Veneto, Giorgio Scatto, priore della comunità monastica di Marango di Caorle, denunciano il silenzio intorno al fenomeno mafioso, richiamando l’intera comunità dei credenti alla responsabilità per una pratica della legalità, che si identifica con la giustizia e la protezione dei più deboli contro i potenti criminali.