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27 Gennaio 2023Una parte consistente di cittadini che si trovano in difficoltà da anni non si sente più rappresentata dalla sinistra e si è rivolta elettoralmente alle forze del centrodestra. Ma perché questo cambiamento? Perché questo deficit di rappresentanza, a sinistra, di fasce di cittadini “deboli”?
Luca Ricolfi, nel suo ultimo libro “La Mutazione”, del novembre 2022, indaga su questo scambio per cui idee che un tempo costituivano il patrimonio della sinistra sono migrate a destra.
Non è una riflessione nuova. Nel saggio “Le due società”, del 1977, Alberto Asor Rosa, esponente del PCI, denunciava una spaccatura profonda tra due tipi di realtà sociale. Il libro fu scritto dopo le violente contestazioni a Luciano Lama, alla Sapienza di Roma, da parte della sinistra extraparlamentare.
Asor Rosa delineava una dicotomia tra due società, una vertente sulla classe operaia organizzata, e l’altra composta da individui in stato di emarginazione o disoccupazione; denunciava il pericolo che quanto non rientrasse nel primo tipo di società le si scaricasse addosso “come un turbine distruttivo”, che il complesso di questi secondi settori si staccasse dal resto della società e gli si contrapponesse. Il PCI diffondeva in quel periodo appelli all’austerità, una parola d’ordine che difficilmente poteva essere fatta propria dai precari o disoccupati. In una ottica partito centrica, Asor Rosa dispiegava una lettura che poggiava su una teoria dei bisogni.
Ricolfi nel suo saggio suddivide schematicamente la società italiana in tre settori, molto diversi tra loro. La prima società è formata dagli occupati dipendenti protetti da leggi o tutele sindacali, e che quindi beneficia di un sistema di garanzie; è una società la cui marca distintiva è la sicurezza. La seconda società è costituita da lavoratori autonomi e dipendenti soggetti a regime di precarietà, per le fasi di instabilità del mercato: è dominata dal rischio, quindi una società vulnerabile. La terza società comprende gli esclusi, cioè i disoccupati, gli irregolari in nero, chi il lavoro non lo cerca perché scoraggiato oppure perché può permettersi di non cercarlo, e l’esercito dei super sfruttati dell’”infrastruttura para schiavistica”: una società definita periferica.
E’ essenziale la distinzione tra società delle garanzie e società del rischio. Quest’ultima è sensibilmente aumentata in questi ultimi dieci anni. Il rischio, reale e percepito, è diventato pervasivo, e la domanda di protezione dal rischio consequenziale. I gruppi sociali più soggetti al rischio – scrive Ricolfi – si trovano concentrati nella seconda e nella terza società, quella vulnerabile e quella periferica. Sono categorie dove il rischio è maggiore e pericoloso in quanto a conseguenze.
I più deboli della nostra società, rileva l’autore attraverso l’analisi delle corrispondenze, attualmente si orientano con il voto verso il M5S e le forze di destra e centro-destra. Da questa collocazione elettorale sono in gran parte esclusi i migranti, in quanto non cittadini italiani oppure in quanto irregolari.
Dopo le ultime elezioni, da sinistra ci si è affrettati a celebrare il voto favorevole acquisito nei quartieri centrali delle città come voto derivante da maggiore consapevolezza culturale, in relazione ai più alti titoli di studio dei votanti; non considerando però – afferma ancora Ricolfi – che il maggiore titolo di studio è connesso a qualificazioni più elevate e a maggiore stabilità del posto di lavoro: nei fatti, si tratta di un voto espresso dalla società dei garantiti. Fin qui Ricolfi con la sua prima parte del libro, “Il grande swap”.
Sono riflessioni utili alla dialettica interna al PD: di quali bisogni il PD vuole farsi carico? Quale società vuole rappresentare per definire la propria identità, piuttosto confusa?
L’identità è fondamentale per la forza attrattiva di un partito.
Dopo la nascita del PD non c’è stato un lavoro di amalgama delle diverse culture politiche di fondazione, come rilevato nei suoi saggi da Antonio Floridia (si rimanda all’articolo Un partito sbagliato? PD-1 in LG).
L’ampliarsi della società del rischio, complice la globalizzazione, ha suscitato una domanda generalizzata di protezione e sicurezza: protezione dal degrado ambientale fisico e sociale, diffuso in tante periferie metropolitane; protezione dal lavoro senza tutele; protezione dalla delinquenza.
Perché quest’ultimo bisogno è stato lasciato alla rappresentanza della destra? La tutela della sicurezza non appartiene né alla destra né alla sinistra, la sicurezza è un diritto sociale.
Verso la categoria dei migranti, l’atteggiamento favorevole sempre e comunque all’accoglienza, già in sé discutibilmente categorico, avrebbe dovuto essere accompagnato da una apposita politica fatta di provvedimenti concreti. E’ strano che la sinistra, soprattutto quella di tradizione marxista, non abbia elaborato interventi per la fase dell’inserimento dei migranti nell’attività produttiva, attività base delle sue analisi.
Una buona parte dei militanti della sinistra ha trasformato quella che un tempo era una contrapposizione basata sulla lotta di classe in una contrapposizione antropologica, individuando continuamente esempi negativi nella vita sociale o politica come per forza appartenenti al campo avversario, ed esaltando esempi virtuosi ovviamente appartenenti al proprio; ma è un’attribuzione pretenziosa, velleitaria. Si pensi anche alle varie “battaglie di civiltà”. Così facendo, questa militanza per prima ha indebolito la contrapposizione basata sui bisogni.
La base sociale di rappresentanza è un elemento chiave che riguarda la fisionomia di qualsiasi partito che partecipi alla competizione elettorale; non è una prassi utile ignorarla, sbandierando magari la contrapposizione ideologica. Se nella dialettica politica domina la logica di schieramento – con diffuso ricorso alla domanda “Ma tu da che parte stai?” – questa conduce a rifiutare argomentazioni e richieste degli avversari, anche quando condivisibili.
E’ l’analisi accurata delle trasformazioni sociali che un partito dovrebbe privilegiare, per decidere il proprio raggio di rappresentanza, di quali problemi farsi carico e quali politiche concrete costruire: anche se ciò dovesse portare a cambiamenti di rotta.