Violenza di genere
19 Giugno 2016Benessere e scuola
26 Giugno 2016Una prima premessa è d’obbligo: “scrivi di getto” mi dice il direttore. Ed io uso obbedir tacendo. Dunque non aspettatevi raffinate analisi del dopo ballottaggio. Speriamo almeno non siano sciocche.
Seconda premessa: le esperienze di vita sono formative. Mira 2012, maggio. Elezioni amministrative. Dopo il primo turno il sindaco uscente (centrosinistra) è saldamente in testa con svariate decine di punti percentuali di vantaggio dall’avversario. Che è giovane e grillino. Il candidato del centrodestra rimane fuori. Risultato finale? Vince il secondo. Spiaccicate Mira su Torino ed ecco spiegato perché fossi quasi certo della sconfitta benché abbia stima incondizionata verso Fassino. Insomma: il nuovo vince (Mira è stata governata per sessant’anni dalla sinistra sinistra prima e dal centrosinistra poi). Che sappia anche governare è un altro discorso.
E se una prima cosa insegnano questi ballottaggi è che nello scontro diretto PD vs. 5 Stelle i secondi vincono. Hanno stravinto anche a Roma dove, diciamolo suvvia, Giachetti – arrivando al ballottaggio – ha compiuto un mezzo miracolo. Ma davvero (davvero!) si pensava di vincere con metà dei circoli commissariati o chiusi? con l’azzeramento di moltissime tessere? con i cassonetti (ancora) pieni di spazzatura e dove persino uno sciopero viene posposto per farlo stranamente coincidere con la partita di calcio e dove, soprattutto, Mafia capitale non è il titolo di una fiction? Nello scontro diretto PD vs. centrodestra, invece, vince (quasi sempre) il PD di Matteo Renzi.
E questo cosa significa? Per tentarne una prima spiegazione non dimentichiamo che al secondo turno proprio Fassino ha preso solo 6000 voti in più. E che a Roma in quindici giorni la Raggi ne ha preso 300.000 piu di quelli racimolati quindici giorni fa. Ergo: al ballottaggio gli elettori del centrodestra votano in massa il candidato grillino probabilmente (anche) per una sorta di rivincita dopo la sconfitta del primo turno. Ma non avviene il contrario: l’elettorato grillino al ballottaggio rimane a casa se non riguarda il proprio candidato. Ciò che conta è mandare a casa tutto ciò che sa, anche se lontanamente, di vecchio e di stantio. Non interessa una emerita cippa, ad esempio, se vi sia un sindaco uscente che ha governato bene come Fassino. Inoltre mi pare che si possa dire che il nostro non è un paese tripolare ma continua ad essere bipolare: da una parte il PD, dall’altra o il M5S o il centrodestra più o meno allargato (al PD ovviamente converrebbe avere sempre quest’ultimo come avversario).
Il PD e Renzi vincono a Milano, però, e scusate se è poco. Perché a Milano Sala è stato imposto (sì, imposto) da Renzi mentre Parisi da Berlusconi con un centrodestra unito. A Milano vince un candidato forte che rappresenta quella efficienza, quel pragmatismo, quella capacità di dialogare con mondi anche distanti dal proprio che in fondo caratterizza il renzismo. Che vince anche a Bologna. Basta questo per consolare? Certo che no ( Il PD ha perso anche Napoli e Trieste in fondo).
Ma basta disfattismo please. Oggi tutti a parlare della sconfitta di Renzi ( è normale, persino giusto e comunque del tutto prevedibile). Ma siete davvero sicuri che Renzi abbia perso così di brutto? La storia qualcosa insegna sempre. Nella fattispecie insegna che da sempre (sempre!) il voto amministrativo colpisce più chi, a livello nazionale, sta governando. Salvo poi (spesso) premiarlo alle elezioni politiche. Fosse vero il contrario al governo del Paese ci sarebbe stato per vent’anni il centrosinistra mica Berlusconi! Ve lo ricordate vero? Il centrosinistra vinceva sempre le prime e puntualmente perdeva le seconde.
Detto questo occorre però essere realisti. Ed intanto riconoscere che non esiste più, e da tempo, un elettorato stabilmente ancorato ad un soggetto politico. L’elettorato oramai è mobile e fluttuante. Poi che è un elettorato aideologico ma, nello stesso tempo (e sembra una contraddizione) a-partitico e dunque per certi aspetti apolitico. Per questo si riconosce facilmente in un non-movimento (difficile considerare movimento un soggetto governato da un direttorio) che dell’antipolitica ha fatto la sua professione di fede. Per questo, prima o poi, l’elettorato si stancherà pure di questo movimento se non cambia radicalmente. Perché quando stai alla opposizione ti vien facile bestemmiare contro politica e politici. Ma quando cominci a governare, fai – ti piaccia o meno – politica anche tu (e partitica, cioè di parte, per di più). Ancora. Poiché l’astensionismo cresce delle due l’una: o il consenso grillino viene da un elettorato che fino a qualche tempo fa apparteneva ad altri schieramenti oppure viene da persone che ritornano, magari dopo molto tempo, alle urne quando nel contempo altre si mostrano ormai disilluse. Sono di sinistra questi ultimi come sostiene la minoranza del PD secondo la quale costoro si sentirebbero esclusi dalle politiche renziane? No perché altrimenti non si capirebbe l’insuccesso di Fassina, ad esempio. E’ un elettorato (ancora) stanco, sfiduciato, introflesso. Ed è su questo dato che Renzi deve riflettere. Ma se mescola queste considerazioni non può che giungere ad una sola conclusione: occorre rottamare meglio e di più. Occorre farlo ma nello stesso tempo occorre non solo distruggere ma anche ricostruire. Che cosa? Nuove classi dirigenti. Specialmente a livello locale dove maggiore è l’asfissia che si vede nei confronti del nuovo. Occorre ripensare l’idea stessa di partito. Voglio essere brutale: dobbiamo smetterla di considerare il PD un partito inclusivo anche di quanti, pur essendo minoranza, pur avendo perduto il congresso, continuano ad ergersi sulle barricate e sparare ad alzo zero contro chi il congresso lo ha vinto. E legittimamente. Se l’abolizione di alcune tasse locali, se le unioni civili, se le riforme le avessero fatte la minoranza sai quante manifestazioni a sostegno? Ed invece siccome le ha fatte Renzi, zitti e muti. Ecco perché diventano sempre più fondamentali i gruppi a sostegno del SI referendario. Perché è qui che si potrà selezionare la nuova classe dirigente del partito. Per questo, soprattutto, è ovviamente importante che vinca il SI. Perché, mettetevi il cuore in pace, solo ad ottobre Renzi potrà davvero vincere. O perdere.