COSTUME E MALCOSTUME Un borgo come nell’Ottocento, nell’immediato dopoguerra
14 Luglio 2022Liberali?
18 Luglio 2022Dal coordinamento comunale di Venezia di Italia Viva riceviamo e pubblichiamo.
L’approvazione dell’Art. 37-bis (Misure per favorire l’incremento dell’offerta di alloggi in locazione per uso residenziale di lunga durata nella città storica di Venezia) merita da parte di Italia Viva comunale un commento di riflessione, in virtù anche del fatto che noi stessi a livello locale siamo portatori di una proposta.
Cosa dice l’articolo? Dice che per “favorire l’offerta di alloggi in locazione per uso residenziale di lunga durata … nel centro storico e tutelare il suo patrimonio storico-artistico-ambientale, la cui salvaguardia è affidata alla “Legge Speciale” n. 171/1973, viene dato al Comune di Venezia la possibilità:
- di inserire nei propri strumenti urbanistici con specifiche disposizioni regolamentari, e per zone omogenee, il numero massimo di alloggi da destinare a locazioni brevi (così come vengono definite nella DL 50/2017, inferiori ai 30gg) che nella prassi si traduce in locazioni turistiche, tenendo conto che questo tipo di affitto può costituire una integrazione al reddito (o in taluni casi, aggiungiamo noi, l’unica fonte di reddito per alcune famiglie). Nel definire i limiti il Comune deve anche rispettare alcuni principi come la proporzionalità, si presume in relazione ai residenti, la trasparenza, la non discriminazione e la rotazione;
- di definire con specifiche disposizioni che l’attività di locazione breve (quindi turistica) praticata per oltre 120 giorni, anche non consecutivi, di ogni anno solare sia subordinato al cambio di destinazione d’uso e di categoria funzionale dell’immobile.
Posto che la materia è delicata e complessa, non crediamo né che l’articolo 37-bis sia lo strumento risolutivo della regolamentazione degli alloggi turistici e né che sia da stimolo a favorire la locazione per uso residenziale a lungo termine, per il semplice motivo che soprattutto per quanto riguarda quest’ultima occorrerebbe riformare le locazioni ordinarie, regolamentate da una legge che ha oltre 40 anni (L. n. 392/78), per renderle più attrattive e non vincolanti da parte dei proprietari.
Tornando al nostro specifico caso, le locazioni turistiche non sono la causa dello spopolamento di Venezia, che ha origine da ben prima.
L’exploit degli affitti turistici inizia dal 2010 in poi, con la comparsa delle piattaforme on-line, che hanno offerto la possibilità ai proprietari di immobili di praticare un utilizzo più redditizio (di livello medio alto), con un rischio morosità azzerato e una flessibilità in termini di vendibilità elevata.
A Venezia, come nella maggior parte dei centri storici, le locazioni turistiche, in un certo senso, contribuiscono al reinvestimento di una parte delle risorse guadagnate nella manutenzione del bene, al contrario di quanto avviene con le locazioni ordinarie.
Detto questo però, le locazioni turistiche vanno regolamentate comunque, per evitare che saturino il mercato immobiliare, differenziando tra quelle che costituiscono un reddito per un nucleo familiare (integrativo o sostanziale non fa differenza) e quelle in cui si realizza una vera e propria attività imprenditoriale, che non possono sottostare alle stesse norme delle prime. Va anche definito un limite oltre il quale confliggerebbero con la realizzazione di una politica dell’alloggio residenziale (che tuttavia non vediamo ancora).
Regolamentare questa materia non è anticostituzionale, come alcuni sostengono appellandosi all’art. 42 della Costituzione, primo perché tutta l’urbanistica, ad esempio, è una limitazione alla proprietà privata, necessaria per garantire lo sviluppo armonico delle città, e poi secondo l’art. 44 per stabilire equi rapporti sociali la legge può imporre obblighi e vincoli alla proprietà privata.
Più volte abbiamo detto che “una città di residenti attira i turisti, ma una città di turisti non attira i residenti”. Il superamento della monocultura turistica passa attraverso lo stimolo del tessuto economico produttivo verso direzioni diverse ed alternative.
L’economia turistica rappresenta uno degli asset strategici, assieme alla produzione culturale ed ambientale tecnologica, e quindi va valorizzata mitigando o eliminando gli impatti negativi sulla città. La regolamentazione degli alloggi turistici si colloca in questo contesto.
L’attuale sistema regionale, di rilascio dei numeri identificativi degli alloggi ad uso turistico, è un automatismo che non sottostà ad alcuna valutazione o autorizzazione, non pone limiti e definisce criteri generici e standardizzati, uguali per tutte le tipologie di realtà che sia montagna, litorale o città d’arte, che sia centro storico, periferia o campagna.
Per Venezia, soprattutto per la città storica, questo sistema è altamente deleterio.
Noi per primi proponevamo per il Comune uno strumento di pianificazione speciale, che abbiamo definito per l’accoglienza turistica,che trovasse una sua legittimità a livello nazionale e regionale, e che fosse il documento in osservanza del quale la Regione rilasciava il numero identificativo, trasformando così quello che era un meccanismo automatico in una sorta di autorizzazione. Il controllo e la gestione del territorio spetta al Comune, mentre rilascio di autorizzazione alla locazione turistica spetta alla Regione, nel rispetto delle reciproche competenze, da attuare con modifiche all’attuale legislazione regionale.
All’interno di questo strumento il Comune, oltre che esplicitare la sua strategia generale di allocazione delle strutture ricettive in tutte le varie forme, di cui gli alloggi turistici sono solo una parte, dei servizi connessi e della mobilità, definirebbe una serie di criteri di regolamentazione degli alloggi per locazioni turistiche:
- per zona, definendo un numero contingentato di alloggi turistici in relazione al numero dei residenti, con percentuali differenti tra zone del centro storico e della terraferma;
- per tipologie, favorendo unità dotate di accesso autonomo, fuori da contesti condominiali;
- per proprietà, solo alle persone fisiche, concedendo una autorizzazione per un solo immobile in proprietà da almeno 5 anni (a meno che non sia stato ereditato) oltre la propria casa di residenza. Dando priorità ai residenti nel Comune, per contenerne l’esodo.
- per fiscalità, classificando come prime case gli alloggi precedentemente affittati ad uso turistico e reimmessi nel mercato residenziale con contratti di durata uguale e/o superiore a quattro anni;
Criteri che possono cambiare nel tempo, perché le politiche necessitano di essere implementate, monitorate e riaggiustate per poter al meglio raggiungere gli obiettivi prefissati.
L’Art. 37-bis del Decreto Aiuti, dà questa legittimità al Comune, con particolare riguardo al centro storico e isole, forse peraltro sottostimando le possibili ripercussioni nel contesto di terraferma.
L’amministrazione comunale potrà definire all’interno della strumentazione urbanistica, limiti e criteri, ma non viene definita la procedura entro cui attualizzarli. All’interno di quale procedura viene applicata l’osservanza dei limiti e dei criteri definiti? Forse nella SCIA commerciale, per coloro che affittano a turisti in regime di partita IVA? Ma per quelli che affittano senza partita IVA, come funzionerebbe? In quale iter si collocherebbe il rispetto della conformità urbanistico-edilizia?
Da qui la nostra perplessità per il modo in cui la materia, che è norma ma che dovrebbe essere anche procedura, viene trattata, in questo modo così abbozzato e monco.
Esprimiamo il timore che questo articolo di
legge, sia una concessione fittizia che non porterà ad alcun efficace risultato.
Una bandierina politica per dire qualcosa abbiamo fatto, adesso
l’amministrazione lavori, senza però fornire strumenti attuativi.
Il criterio, poi, dei 120 giorni, oltre i quali può scattare il cambio d’uso e di classe dell’immobile, ci sembra una limitazione molto forte, espressione di un atteggiamento punitivo fine a sé stesso. In altre realtà dove viene applicato questo limite, si dice che oltre occorre avere una autorizzazione speciale, non viene preteso il cambio d’uso, e quindi l’uscita definitiva dell’immobile da un potenziale mercato degli alloggi residenziali.
Allo stesso modo esprimiamo dubbi anche sul principio di rotazione, primo perché gli investimenti hanno bisogno di un tempo di rientro e poi perché preferiamo che il passaggio dall’affitto turistico a quello residenziale venga realizzato con incentivi premianti più che coercitivi, perché non è detto che quell’immobile ritorni automaticamente nel mercato degli affitti ordinari, con le regole attualmente vigenti, se gli viene negato l’accesso al mercato turistico.
In conclusione, se da una parte siamo favorevoli a dare all’Amministrazione Comunale strumenti di governance per la politica turistica, dall’altro vorremmo che lo Stato fornisse la cornice entro cui applicare gli strumenti, indicando procedure per la loro applicazione, in relazione a quelle in essere di altri enti, come la Regione, che in materia turistica hanno competenza.
Il nostro timore è che un regolamento, in queste condizioni, sia di difficile applicazione.
Donatella Schiuma
Franco Vianello Moro
Coordinatori comunali Italia Viva