
ANIMALS Da Radio Base Venezia a “Domani”: quando a lasciarci sono “loro”
26 Febbraio 2025
Conversazione con Chiara Romanelli, presidente dell’Associazione “La casa delle parole”
4 Marzo 2025Le città sono tra le principali responsabili del cambiamento climatico, generando circa il 70% delle emissioni globali di gas serra. Al tempo stesso, sono anche tra i territori più vulnerabili alle conseguenze di questo fenomeno. Tuttavia, questa vulnerabilità può trasformarsi in un’opportunità: le strategie di mitigazione e adattamento delle città ai cambiamenti climatici possono rappresentare oggi il vero terreno di gioco in cui poter affrontare alcune delle battaglie che, su scala globale, sembrano essere perse.
In uno scenario internazionale segnato dai sostanziali fallimenti delle recenti COP e dall’uscita degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul clima, la vera alternativa è ripartire dalle città.
Le città quindi come luogo capace di trasformarsi per dare risposte concrete e pragmatiche ai cambiamenti ambientali e sociali in un determinato orizzonte temporale.
È questo il presupposto da cui è nato C40.
C40 è un network che riunisce oltre 100 sindaci delle principali città del mondo, impegnati a dimezzare le emissioni urbane entro il 2030, con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C. C40 supporta i sindaci per raggiungere questo obiettivo attraverso: piani d’azione per il clima; creazione di un movimento globale basato su una solida attività di advocacy e diplomazia internazionale; condivisione delle migliori pratiche nei settori ad alto impatto; facilitazione dell’accesso ai finanziamenti per investimenti in green economy e in progetti di rigenerazione urbana.
Alcune buone pratiche internazionali
Proprio quest’ultimo punto si traduce in uno dei concorsi di urbanistica più ambiziosi, Reinventing Cities, una competizione internazionale promossa da C40 per stimolare la realizzazione di progetti innovativi a impatto zero in tutto il mondo. L’obiettivo è trasformare aree sottoutilizzate in esempi concreti di mitigazione e adattamento, attraverso una collaborazione tra il settore pubblico e quello privato.
L’iniziativa mira a incentivare la rigenerazione urbana a basse emissioni promuovendo soluzioni replicabili su scala globale. Inoltre, punta a influenzare lo sviluppo di politiche pubbliche orientate a città più sostenibili e decarbonizzate e a favorire l’innovazione nel settore edilizio, che oggi è responsabile di circa il 40% delle emissioni globali. Per questo motivo, ogni progetto che partecipa a Reinventing Cities deve essere un modello di sviluppo a impatto zero, capace di dimostrare l’efficacia di strategie climatiche all’avanguardia e offrire benefici tangibili alla comunità locale. Per rispondere a questa complessità e molteplicità di temi, i bandi Reinventing Cities sono strutturati sulla base 10 sfide a cui i progetti sono chiamati a dare risposta: 1 – Efficienza energetica ed energia a basse emissioni, 2 – Valutazione del ciclo di vita e gestione sostenibile dei materiali da costruzione, 3 – Mobilità a bassa emissione, 4 – Resilienza e adattamento climatico, 5 – Servizi ecologici per il territorio e lavori green, 6 – Gestione sostenibile delle risorse idriche, 7 – Gestione sostenibile dei rifiuti, 8 – Biodiversità, riforestazione urbana ed agricoltura, 9 – Azioni inclusive, benefici sociali e impegno della comunità, 10 – Architettura e design urbano innovativi.
Le città e i proprietari di terreni, pubblici o privati, mettono a disposizione aree sottoutilizzate che possono essere trasformate e valorizzate. Reinventing Cities consente loro di individuare e selezionare i migliori progetti per la riqualificazione di questi spazi.
Ma l’aspetto forse più innovativo di questi bandi è quello legato alla governance.
I team partecipanti, oltre ad essere multidisciplinari, composti da urbanisti, architetti, consulenti ambientali, esperti di valutazione di impatto sociale, etc…, devono prevedere obbligatoriamente la presenza di uno sviluppatore o investitore, con le risorse finanziarie necessarie per portare a termine l’iniziativa. I team competono infatti per acquisire e rigenerare i siti con progetti che devono considerare ogni fase del processo: dall’ideazione alla realizzazione, fino alla gestione a lungo termine dell’area. Oltre all’aspetto progettuale, è essenziale quindi che ciascuna proposta sia accompagnata da un piano finanziario solido, in grado di garantirne la concreta realizzazione e il trasferimento dell’area secondo diverse modalità che possono includere vendita, locazione, concessione, lease-back o joint venture.
Oltre a questi ruoli principali, i team possono coinvolgere anche start-up, accademici, associazioni di quartiere e promotori di progetti creativi, contribuendo così a rendere le proposte innovative anche dal punto di vista sociale e attente alle esigenze delle comunità locali.
L’iniziativa è ispirata al successo del progetto Reinventing Paris, lanciato nel 2015 dalla sindaca di Parigi e presidente di C40, Anne Hidalgo. Oggi, 22 spazi pubblici, per un totale di 250.000 metri quadrati, stanno subendo una trasformazione nella capitale francese.
Un caso studio italiano
E in Italia? In Italia i bandi Reinventing Cities hanno toccato alcune città, tra cui Milano, Roma e Bologna.
Di recente, per il sito dello Scalo Ravone-Prati, è stato annunciato il progetto vincitore, Green Soul, un nuovo quartiere residenziale ad uso misto, sviluppato da Nhood Services Italy in collaborazione con Arup Italia Srl, il Politecnico di Milano, Emil Banca e un team multidisciplinare di esperti.
Il progetto si inserisce nel più ampio progetto di rigenerazione legato alla Città della Conoscenza, e avrà un ruolo strategico per la ricucitura urbana della città, grazie anche alla nuova stazione-ponte del Servizio Ferroviario Metropolitano (SFM) di Prati di Caprara.
L’obiettivo di Green Soul è offrire un’alta qualità abitativa a costi accessibili, rispondendo ai bisogni della città e promuovendo uno stile di vita sostenibile. Il progetto prevede circa 31.000 mq di superficie residenziale, con 270 appartamenti destinati a giovani, nuove famiglie, nomadi digitali e studenti universitari, e 110 alloggi di edilizia residenziale sociale (ERS). Inoltre, verranno realizzati 43.000 mq di verde pubblico, con un paesaggio collinare e oltre 600 alberi. Il 70% della superficie del quartiere sarà permeabile, contribuendo alla resilienza ambientale e al miglioramento del microclima urbano.
Il nuovo quartiere ambisce a diventare un distretto car-free ed energy positive, ovvero autosufficiente dal punto di vista energetico grazie a sistemi impiantistici diversificati come il fotovoltaico con una potenza di picco di 1,9 MWp, ma anche dal punto di vista idrico attraverso il meccanismo di raccolta delle acque piovane. Questi elementi si prevede che permetteranno al quartiere di abbattere il 64% di emissioni di CO2 (dato comparato con il BAU – Business As Usual) e di rendere negative fin da subito le emissioni generate dalla fase di esercizio del nuovo quartiere (-2.100 tCO2eq/anno), giungendo in 50 anni alla completa decarbonizzazione dell’area.
Questo processo di progettazione integrata multidisciplinare permette di stimare il valore sociale del progetto attraverso l’indicatore dello SROI (“Social Return On Investments”), con un risultato pari a 2,91 (ovvero, per ogni euro investito nell’intervento si prevede un ritorno economico di 2,91 euro per società, comunità e persone).
La situazione veneziana
Venezia ha aderito alla rete C40 Cities nel 2012 in qualità di Innovator City, ma dal 2021 non risulta più parte del network. Attualmente sono in corso due bandi Reinventing cities nel territorio comunale che però, sia per dimensione sia per localizzazione, non sembrano essere particolarmente determinanti in una prospettiva di ripensamento generale della città.
Cosa si può trarre invece da queste esperienze per ripensare il modo di fare rigenerazione urbana nel territorio veneziano?
Dal punto di vista delle strategie di mitigazione e adattamento, questi esempi dimostrano l’importanza e l’urgenza di integrare strumenti di valutazione del rischio climatico nei piani urbanistici, in modo da individuare le aree più esposte agli effetti del cambiamento climatico e intervenire con soluzioni mirate. Su questo punto Venezia è in ritardo rispetto all’impegno preso nel 2020 dal Consiglio Comunale che sanciva l’adesione del Comune di Venezia al nuovo Patto Europeo dei Sindaci per il Clima e l’Energia e che, soprattutto, impegnava l’Amministrazione a redigere un nuovo PAESC (Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima) per la riduzione del 40% (minimo) delle emissioni di CO2 entro il 2030.
Un altro aspetto che emerge dagli esempi di Reinventing Cities, non solo nel citato caso bolognese, ma anche in altri in particolare quelli di Milano, è di come questi progetti possono dare risposta efficace alla domanda di nuova residenza, sia in termini di affordable housing da destinare alla vendita e all’affitto, sia per l’housing sociale ERS. Questo è dovuto a precise prescrizioni urbanistiche. Nel caso di Bologna, ad esempio, il PUG prevede che negli interventi di addensamento o sostituzione urbana di Volume totale (Vt) superiore a 20.000 mc, venga riservata una quota non inferiore al 30% del volume per funzioni residenziali ad interventi di ERS.
Un ulteriore passo avanti sarebbe l’applicazione di bandi internazionali come Reinventing Cities per trasformare aree strategiche della città. In questo modo, Venezia potrebbe diventare un modello di rigenerazione urbana sostenibile, attirando investimenti e progetti innovativi. Infine, il coinvolgimento attivo della comunità locale risulta essenziale: attraverso processi partecipativi, i cittadini possono contribuire in modo significativo alla definizione delle strategie urbane, garantendo una crescita armoniosa e rispettosa delle esigenze del territori